Vittorio Russo racconta Pigafetta
Vittorio Russo racconta Pigafetta,
il primo uomo a fare il giro del
mondo (intervista di G. Morlicco)
Maggio/2021
FarodiRoma ha intervistato Vittorio Russo, capitano di lungo corso, scrittore e
appassionato viaggiatore. Alle sue numerose opere si aggiungerà prossimamente un
volume sul grande esploratore Antonio Pigafetta, che nel XVI secolo prese parte alla prima
circumnavigazione del globo, portandola a compimento dopo la morte di Magellano.
Professor Russo, Lei è il massimo rappresentante contemporaneo della letteratura di
viaggio. Com’è nata la Sua passione per i viaggi e in che misura viaggiare vuol dire
esplorare se stessi, come Lei ha spesso scritto?
Beh, intanto è eccessiva la reputazione che mi attribuisce. Certo, viaggiando come è
capitato a me, per scelta professionale prima e da curioso delle cose del mondo poi, si
affinano strumenti di sensibilità che pongono il viaggio al centro di ogni interesse. Il
desiderio di viaggiare nasce da letture lontane, nelle pagine di libri di viaggiatori di
biblioteca, come era ad esempio Salgari. È lui che si fa mia guida nell’accrescimento delle
curiosità di luoghi e genti di ogni latitudine. Da lui parte pure la scelta degli studi nautici,
dell’astronomia, della navigazione e della geografia quale teatro della storia. Da qui la vita
di capitano di lungo corso e l’interesse ai viaggi di coloro che da secoli hanno preceduto i
miei. Su questi presupposti si sono andati perfezionando pure i miei strumenti di lavoro di
viaggiatore: le letture, gli approfondimenti, le riflessioni. E ho scoperto che la smania di
andare nasce dall’istintivo bisogno di conoscersi. Perché, prima di tutto, viaggiare significa
indagare dentro di sé, esplorare negli angoli bui di un io perennemente sconosciuto perché
perennemente fatto diverso dalle conoscenze. In questa prospettiva il viaggio reale è
talvolta solo un’apparenza, quasi l’alibi del cercare se stessi. Questo diverso viaggiare
equivale a penetrare nelle nervature più anguste della propria individualità e a prendere
coscienza del mondo che ci circonda di cui difficilmente si apprezza l’eccezionalità .
A quali grandi viaggiatori Lei idealmente si richiama?
Questo diverso andare, statico e riflessivo, si pone con pari dignità nella scia ideale dei
viaggi di tutti i grandi camminatori, navigatori e viaggiatori della storia umana che hanno
suscitato il mio entusiasmo: da Giasone a Odisseo, da Pitea di Marsiglia a Giovanni da Pian
del Carpine, da Francisco de Orellana ad Antonio Pigafetta, da Tiziano Terzani a Samantha
Cristoforetti. Colpevolmente devo omettere una schiera sterminata di infaticabili scopritori
di spazi e geografie inesplorate, che pure profondamente ammiro. Tantissimi sono italiani,
quasi sempre sconosciuti e ricordati, quasi per carità , dall’umile onomastica di stradette
sperdute delle città di origine. Alludo a Niccolò de’ Conti, Giovanni da Empoli, Lodovico de
Varthema, Andrea Corsali, Matteo Ricci, Francesco Carletti, Geronimo Veroneo, Niccolò
Manucci, Gaetano Osculati, Alberto De Agostini… per citare solo alcuni dei quali ho parlato
nei miei libri. Sono stati, prima di tutto, esploratori della mente e nella mente, viaggiatori
della conoscenza, del possedere il sapere, del comprendere il mondo. Insomma, i
camminatori lungo le strade dell’eterno viaggio, quello della vita, quello che tutti facciamo
dall’alba della culla al tramonto del sepolcro. Crede forse che cercassero veramente il vello
d’oro gli Argonauti? o che Odisseo cercasse la rotta per Itaca? o che Dante inseguisse nel
buio e nella luce dei tre regni dell’aldilà conoscenze diverse? o che Magellano veramente
fosse alla ricerca delle Islas de la EspecierÃa per la via più breve? No. Dai riscontri del mio
girovagare, tutti essi e tutti quelli che non ho nominato, cercavano se stessi tra le
angustie della vita. Nel coraggio del loro andare senza sentieri e senza rotte è tutta la loro
grandezza. In questa scelta emerge la parte sublime dell’uomo che in qualche modo lo
rende immortale.