Sabato 4 ottobre 2014Â
26ª Settimana del Tempo Ordinario
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Fontana Piazza S.Francesco
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+ VANGELO (Mt 11,25-30)
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
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+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La vita di Frate Francesco dopo la sua conversione è toccante, non lascia indifferente neanche un ateo per la radicalità che seppe vivere e con un coraggio poco conosciuto dagli uomini. Incontrato Gesù Crocifisso a San Damiano vicino Assisi, contemplando le piaghe e la dolcezza del Signore, sentì chiaramente la voce dell’Altissimo che Lo invitava a riparare la sua casa.
«Francesco va’ e ripara la mia casa, che come vedi, è tutta in rovina».
Le stesse parole Gesù le ripete ad ogni suo seguace che si vuole prodigare per salvare la Chiesa dalla grande confusione in cui si trova. La Chiesa rimane sempre Santa perché la sua origine è Divina, niente potrà annientarla anche se il fango continua a scendere da molti lati.
« (…) edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di Essa».
Per noi è una solennità questo giorno e per dare una conoscenza più autentica del Santo, inserisco il prologo della “Leggenda maggiore” scritta da uno dei primi Generali dell’Ordine francescano, San Bonaventura da Bagnoregio. Per leggenda si intende racconto tradizionale, quindi autenticato da persone che testimoniano fatti realmente accaduti.
Leggiamo come San Bonaventura spiega la figura del Poverello d’Assisi:
«La Grazia di Dio, nostro salvatore, in questi ultimi tempi è apparsa nel suo servo Francesco a tutti coloro che sono veramente umili e veramente amici della santa povertà .
Essi, infatti, mentre venerano in Lui la sovrabbondanza della misericordia di Dio, vengono istruiti dal suo esempio a rinnegare radicalmente l’empietà e i desideri mondani, a vivere in conformità con Cristo e a bramare, con sete e desiderio insaziabili, la beata speranza.
Su di Lui, veramente poverello e contrito di cuore, Dio posò il suo sguardo con grande accondiscendenza e bontà ; non soltanto lo sollevò, mendico, dalla polvere della vita mondana, ma Lo rese campione, guida e araldo della perfezione evangelica e Lo scelse come luce per i credenti, affinché, divenuto testimone della luce, preparasse per il Signore la via della luce e della pace nel cuore dei fedeli.
Come la stella del mattino, che appare in mezzo alle nubi, con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse verso la luce coloro che giacevano nell’ombra della morte; come l’arcobaleno, che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto con il Signore, annunziò agli uomini il Vangelo della pace e della salvezza.
Angelo della vera pace, anch’egli, a imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio a preparargli la strada nel deserto della altissima povertà e a predicare la penitenza con l’esempio e con la parola.
Prevenuto dapprima dai doni della Grazia celeste -come luminosamente appare dallo svolgimento della sua vita- si innalzò, poi, per i meriti di una virtù sempre vittoriosa; fu ricolmo anche di spirito profetico e, deputato all’ufficio degli Angeli, venne ricolmato dell’ardente amore dei Serafini, finché, divenuto simile alle gerarchie Angeliche, venne rapito in Cielo da un carro di fuoco.
Resta così razionalmente dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia.
E perciò si afferma, a buon diritto, che egli viene simboleggiato nella figura dell’Angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo, come ci descrive l’altro amico dello sposo, l’apostolo ed evangelista Giovanni, nel suo vaticinio veritiero. Dice infatti Giovanni nell’Apocalisse, al momento dell’apertura del sesto sigillo: Vidi poi un altro Angelo salire dall’Oriente, il quale recava il sigillo del Dio vivente.
Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo, imitato da noi e ammirato dal mondo, è il servo di Dio Francesco: lo costatiamo con sicurezza indubitabile, se osserviamo come egli raggiunse il vertice della santità più eccelsa, e, vivendo in mezzo agli uomini, imitò la purezza degli Angeli, fino a diventare esempio di perfezione per i seguaci di Cristo.
Ci spinge ad abbracciare, con fede e pietà , questa convinzione il fatto che egli ebbe dal cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa e a cingere il sacco, e di imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce, il Tau, sulla fronte di coloro che gemono e piangono.
Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che Lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo Crocifisso. Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità di un artefice, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo.
Poiché mi sentivo indegno e incapace di narrare la vita di quest’uomo così degno di essere venerato e imitato in tutto, io non mi sarei assolutamente azzardato a simile impresa, se non mi avesse spinto il fervido affetto dei miei confratelli, nonché l’incitamento di tutti i partecipanti al Capitolo generale.
Ma quella che mi ha fatto decidere è stata la riconoscenza che io debbo al Padre Santo.
Infatti per la sua intercessione e per i suoi meriti, io, quando ero bambino, sono sfuggito alle fauci della morte. Questo ricordo in me è sempre vivo e fresco; sicché temerei di essere accusato di ingratitudine, se non celebrassi pubblicamente le sue lodi.
E questa appunto è stata, per quanto mi riguarda, la ragione più forte che mi ha spinto ad affrontare quest’opera: io riconosco che Dio mi ha salvato la vita dell’anima e del corpo ad opera di San Francesco; io ho conosciuto la sua potenza, per averla sperimentata in me stesso.
Per questo ho voluto raccogliere insieme nella misura del possibile, seppure non nella loro completezza, le notizie riguardanti le sue virtù, le sue azioni e i suoi detti, che si trovavano in forma frammentaria, in parte non menzionate e in parte disperse. Perché, venendo a morire coloro che hanno vissuto col servo di Dio, esse non andassero perdute.
Per aver ben chiara davanti alla mente, nella maggior certezza possibile, la vita del Santo nella sua verità e trasmetterla, così, ai posteri, mi sono recato nei luoghi dove egli è nato, è vissuto ed è morto, ed ho fatto diligenti indagini sui fatti con i suoi compagni superstiti e, soprattutto, con alcuni di loro che furono i suoi primi seguaci e conobbero a fondo la sua santità e che, d’altra parte, sono testimoni assolutamente degni di fede, sia per la conoscenza dei fatti sia per la solidità della virtù.
Nel narrare poi, quanto Dio si è degnato di compiere per mezzo del suo Servo, ho ritenuto di non preoccuparmi della ricercatezza dello stile, giacché la devozione del lettore trae maggior profitto da un linguaggio semplice che da un linguaggio pomposo».