+ VANGELO (Lc 10,13-16)

Venerdì 30 settembre 2016

XXVI Settimana del Tempo Ordinario

 

San Girolamo

 

+ VANGELO (Lc 10,13-16)

Chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato.

 

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato». Parola del Signore

 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Il ricordo di San Girolamo scaturisce essenzialmente per l’immane lavoro svolto nella traduzione della Bibbia in latino. La Vulgata è una traduzione in latino della Bibbia dall’antica versione greca ed ebraica, realizzata alla fine del IV secolo da Sofronio Eusebio Girolamo.

Il nome che indica la traduzione, Vulgata, è dovuto alla dicitura latina, vulgata editio, cioè “edizione per il popolo”, per evidenziare l’ampia diffusione che ottenne e lo stile non eccessivamente raffinato e retorico, più alla portata del popolo, inteso volgo.

Prima di allora con Vulgata si indicava la traduzione della versione dei Settanta, che ebbe anch’essa notevole diffusione.

L’ufficialità come migliore e fedele traduzione della Bibbia, la Vulgata di San Girolamo l’ebbe durante il Concilio di Trento (1545-1563) e rimase tale fino al Concilio Vaticano II (1962-1965), quando la stessa Bibbia fu ulteriormente revisionata.

La Vulgata di San Girolamo è stata quella più fedele in assoluto, ha rappresentato la traduzione canonica della Bibbia per l’intera Chiesa Cattolica. Soprattutto nei confronti della Bibbia tradotta fedelmente c’è l’avversità di molti nemici.

I diavoli hanno terrore per la Parola di Dio, il terrore è però proporzionato alla santità del testo contenuto nella Bibbia, infatti un conto è la traduzione compiuta da un Santo, altro è la manipolazione di uno studioso modernista.

Anche se di suo la Parola è la rivelazione di Dio ed è santa proprio per questo, diventa più incisiva se viene diffusa da chi ha molta Fede.

Come succede con l’acqua santa: essa terrorizza i diavoli e tremano, gridano anche attraverso le persone possedute, ed è potente anche se aspersa da chi ha poca Fede, mentre se viene aspersa da chi ha molta Fede l’effetto è ancora più forte.

Succede lo stesso negli esorcismi: i diavoli tremano anche se l’esorcista ha poca Fede, perché le preghiere sono fatte nel Nome di Gesù. Se un esorcista ha una grande Fede, i diavoli perdono rapidamente forza, si indeboliscono e sono costretti a lasciare la persona posseduta più velocemente.

I Sacramenti danno la Grazia anche se la Fede del credente è minima, mentre per i Sacramentali la Grazia arriva per la Fede dei credenti e del Sacerdote. Per i Sacramenti, inoltre, la Grazia che si riceve è sempre proporzionata alla Fede del credente. Lo stesso vale per la Grazia che ricevono i fedeli durante la Messa e se il celebrante è un mediatore efficace, passa attraverso lui per distribuirsi a tutti i presenti.

Per questa ragione quando celebrava la Messa Padre Pio erano innumerevoli i presenti, arrivati da ogni parte d’Italia e dall’estero. Non erano solo attirati da Padre Pio, era la Santa Messa celebrata da Lui e gli effetti che ne scaturivano a spingerli ad affrontare sacrifici immani.

Tutti i Santi celebravano la Messa con un rispetto che metteva impressione ai presenti, celebravano il Sacrificio Eucaristico in modo direi sovrumano, la persona era pienamente impegnata a quanto si svolgeva sull’altare. La Messa durava alcune ore ma partecipavano i credenti preparati e consapevoli dell’eccezionalità dell’evento.

Questo è un insegnamento molto importante e bisogna memorizzarlo bene: alla Messa si partecipa e non si ascolta, non è qualcosa che si risolve sentendo le parole pronunciate dal Sacerdote durante la celebrazione.

Il vero cristiano partecipa unito a Gesù al suo Sacrificio che si rinnova sul nuovo Calvario che è l’altare. La partecipazione interiore del cristiano comporta l’unione con la Vittima del Sacrifico e che è anche il vero celebrante della Messa, perché il Sacerdote è uno strumento e presta se stesso per la realizzazione del nuovo mistico Sacrificio.

L’attenzione e la partecipazione interiore permettono di ricevere molte Grazie. Il Sacerdote soprattutto, e i fedeli presenti al Sacrificio Eucaristico, ricevono le Grazie proporzionate alla loro Fede che si esprime, appunto, nell’adesione intima.

Queste e altre considerazioni le ho scritte nel libro “La Santa Messa”.

Quando penso alla bontà di Dio che vuole riempirci di Grazie e renderci felici già in questa vita; e penso anche alla trascuratezza di moltissime Sante Messe nel mondo, alla profanazione di esse per quanto avviene di “teatrale” a causa della musica non sacra e delle liturgie preparate come una sceneggiata, mi assale un grande dispiacere per l’amata Chiesa e i buoni cattolici che meritano di più.

Se si comprendesse cos’è veramente la Messa, si celebrerebbe in ginocchio e tutti i presenti resterebbero per tutto il tempo in ginocchio!

Nella celebrazione ci sono i riti da osservare e non è possibile al Sacerdote agire diversamente, ma almeno con il cuore si prostri per terra per tutta la durata della Santa Messa. È lui lo strumento attraverso cui Gesù si compiace di elargire fiumi di Grazie, oltre a quanto i credenti riescono ad ottenere per la loro Fede e l’attenta partecipazione.

Chiaramente il credente buono, umile, puro ottiene con maggiore facilità molta Grazia di Dio. Esce dalla Chiesa con una nuova forza interiore e se mantiene alta la sua unione con Gesù, la sua trasformazione sarà veloce. Deve però evitare quei peccati oggi più comuni e che sono l’egoismo e l’invidia.

L’individualismo si afferma dove è presente un amor proprio elevato, quando non si vuole dare conto a nessuno delle opere frutto dell’invidia che si compiono e si lasciano crescere i pensieri di ostentare sempre più cose materiali, quasi per nascondere gli evidenti limiti spirituali e l’inconscia convinzione di inadeguatezza.

Non sono gli abiti di lusso o l’ostentazione di qualcosa o l’esteriorità a farci ricevere l’Amore di Dio. Non si comprende per evidente testardaggine che il pensiero fisso sulle cose materiali comporta l’allontanamento da Dio, la paralisi spirituale.

I diavoli seducono i più deboli con continui pensieri verso qualcosa da adorare e tutto può diventare un idolo che blocca la vita spirituale. Molti cadono nell’idolatria e fanno finta di non capire, adorano qualcosa che invece dovrebbero solamente utilizzare, come gli indumenti lussuosi, una casa, i mezzi con cui si muovono.

E se non posseggono quanto desiderano e la vedono ad altri, cadono nella tremenda invidia di copiare le stesse cose degli altri.

L’invidia è un malanimo provocato dalla constatazione dell’altrui prosperità, benessere, soddisfazione ed è uno dei sette vizi capitali, opposto alla virtù della carità. È anche il desiderio di poter godere dello stesso bene che altri possiedono, vivo ed accentuato apprezzamento.

L’invidia è uno dei sentimenti moderni più diffusi, e anche più inconfessabili. Un detto sostiene: “Ci sono cose che un individuo non confessa né al Prete, né allo psicanalista, né al medium dopo morto. E fra queste cose la prima è senza dubbio l’invidia”.

L’invidia è un meccanismo che si attua quando la persona si sente sminuita dal confronto con qualcuno, con quanto ha, con quanto è riuscito a fare. In psicologia viene indicata come un tentativo alquanto maldestro di recuperare la fiducia, la stima in se stesso, cercando di possedere le stesse cose degli altri o svalutando l’altro.

Molti non si rendono conto di trasgredire il 10° Comandamento che dice: “Non desiderare la roba d’altri”.

Il disordine delle cupidigie assale i più deboli, quelli che si lasciano trasportare colpevolmente dai pensieri che arrivano alla mente. Sono voglie sfrenate di possedere gli stessi abiti di altre persone, o altre cose materiali che appartengono ad altri e non possedendole, perdono molto tempo a pensare di imitare le stesse cose. Leggiamo quanto afferma il Catechismo:

“L’appetito sensibile ci porta a desiderare le cose piacevoli che non abbiamo. Così, quando si ha fame si desidera mangiare, quando si ha freddo si desidera riscaldarsi. Tali desideri, in se stessi, sono buoni; ma spesso non restano nei limiti della ragione e ci spingono a bramare ingiustamente ciò che non ci spetta e appartiene, o è dovuto ad altri.

Il decimo Comandamento proibisce l’avidità e il desiderio di appropriarsi senza misura dei beni terreni; vieta la cupidigia sregolata, generata dalla smodata brama delle ricchezze e del potere in esse insito”. (2535-2536)

La ricchezza può essere collocata anche nell’orgoglio, in quanto il vizio abbonda nella persona invidiosa e la rende illusoriamente libera di realizzare quello che desidera. Senza più frenarsi, senza preoccuparsi dell’anima, senza pensare a tutto il tempo dedicato inutilmente ai desideri opposti alla volontà di Dio e che allontanano da Lui.

Poi, nelle sofferenze e nelle prove improvvise, non bisogna dire: “Dov’è Dio?”. Dio è nella tua ricchezza, nell’idolo, nell’orgoglio.

È devastante nutrire pensieri ossessivi nel voler compiere determinate opere fuori dalla volontà di Dio o nel pensare sempre a quanto posseggono gli altri e si desidera possedere le stesse cose. La vita spirituale viene paralizzata e la Fede non cresce mai.

Venerdì 30 settembre 2016

XXVI Settimana del Tempo Ordinario

 

San Girolamo

 

+ VANGELO (Lc 10,13-16)

Chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato.

 

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato». Parola del Signore

 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Il ricordo di San Girolamo scaturisce essenzialmente per l’immane lavoro svolto nella traduzione della Bibbia in latino. La Vulgata è una traduzione in latino della Bibbia dall’antica versione greca ed ebraica, realizzata alla fine del IV secolo da Sofronio Eusebio Girolamo.

Il nome che indica la traduzione, Vulgata, è dovuto alla dicitura latina, vulgata editio, cioè “edizione per il popolo”, per evidenziare l’ampia diffusione che ottenne e lo stile non eccessivamente raffinato e retorico, più alla portata del popolo, inteso volgo.

Prima di allora con Vulgata si indicava la traduzione della versione dei Settanta, che ebbe anch’essa notevole diffusione.

L’ufficialità come migliore e fedele traduzione della Bibbia, la Vulgata di San Girolamo l’ebbe durante il Concilio di Trento (1545-1563) e rimase tale fino al Concilio Vaticano II (1962-1965), quando la stessa Bibbia fu ulteriormente revisionata.

La Vulgata di San Girolamo è stata quella più fedele in assoluto, ha rappresentato la traduzione canonica della Bibbia per l’intera Chiesa Cattolica. Soprattutto nei confronti della Bibbia tradotta fedelmente c’è l’avversità di molti nemici.

I diavoli hanno terrore per la Parola di Dio, il terrore è però proporzionato alla santità del testo contenuto nella Bibbia, infatti un conto è la traduzione compiuta da un Santo, altro è la manipolazione di uno studioso modernista.

Anche se di suo la Parola è la rivelazione di Dio ed è santa proprio per questo, diventa più incisiva se viene diffusa da chi ha molta Fede.

Come succede con l’acqua santa: essa terrorizza i diavoli e tremano, gridano anche attraverso le persone possedute, ed è potente anche se aspersa da chi ha poca Fede, mentre se viene aspersa da chi ha molta Fede l’effetto è ancora più forte.

Succede lo stesso negli esorcismi: i diavoli tremano anche se l’esorcista ha poca Fede, perché le preghiere sono fatte nel Nome di Gesù. Se un esorcista ha una grande Fede, i diavoli perdono rapidamente forza, si indeboliscono e sono costretti a lasciare la persona posseduta più velocemente.

I Sacramenti danno la Grazia anche se la Fede del credente è minima, mentre per i Sacramentali la Grazia arriva per la Fede dei credenti e del Sacerdote. Per i Sacramenti, inoltre, la Grazia che si riceve è sempre proporzionata alla Fede del credente. Lo stesso vale per la Grazia che ricevono i fedeli durante la Messa e se il celebrante è un mediatore efficace, passa attraverso lui per distribuirsi a tutti i presenti.

Per questa ragione quando celebrava la Messa Padre Pio erano innumerevoli i presenti, arrivati da ogni parte d’Italia e dall’estero. Non erano solo attirati da Padre Pio, era la Santa Messa celebrata da Lui e gli effetti che ne scaturivano a spingerli ad affrontare sacrifici immani.

Tutti i Santi celebravano la Messa con un rispetto che metteva impressione ai presenti, celebravano il Sacrificio Eucaristico in modo direi sovrumano, la persona era pienamente impegnata a quanto si svolgeva sull’altare. La Messa durava alcune ore ma partecipavano i credenti preparati e consapevoli dell’eccezionalità dell’evento.

Questo è un insegnamento molto importante e bisogna memorizzarlo bene: alla Messa si partecipa e non si ascolta, non è qualcosa che si risolve sentendo le parole pronunciate dal Sacerdote durante la celebrazione.

Il vero cristiano partecipa unito a Gesù al suo Sacrificio che si rinnova sul nuovo Calvario che è l’altare. La partecipazione interiore del cristiano comporta l’unione con la Vittima del Sacrifico e che è anche il vero celebrante della Messa, perché il Sacerdote è uno strumento e presta se stesso per la realizzazione del nuovo mistico Sacrificio.

L’attenzione e la partecipazione interiore permettono di ricevere molte Grazie. Il Sacerdote soprattutto, e i fedeli presenti al Sacrificio Eucaristico, ricevono le Grazie proporzionate alla loro Fede che si esprime, appunto, nell’adesione intima.

Queste e altre considerazioni le ho scritte nel libro “La Santa Messa”.

Quando penso alla bontà di Dio che vuole riempirci di Grazie e renderci felici già in questa vita; e penso anche alla trascuratezza di moltissime Sante Messe nel mondo, alla profanazione di esse per quanto avviene di “teatrale” a causa della musica non sacra e delle liturgie preparate come una sceneggiata, mi assale un grande dispiacere per l’amata Chiesa e i buoni cattolici che meritano di più.

Se si comprendesse cos’è veramente la Messa, si celebrerebbe in ginocchio e tutti i presenti resterebbero per tutto il tempo in ginocchio!

Nella celebrazione ci sono i riti da osservare e non è possibile al Sacerdote agire diversamente, ma almeno con il cuore si prostri per terra per tutta la durata della Santa Messa. È lui lo strumento attraverso cui Gesù si compiace di elargire fiumi di Grazie, oltre a quanto i credenti riescono ad ottenere per la loro Fede e l’attenta partecipazione.

Chiaramente il credente buono, umile, puro ottiene con maggiore facilità molta Grazia di Dio. Esce dalla Chiesa con una nuova forza interiore e se mantiene alta la sua unione con Gesù, la sua trasformazione sarà veloce. Deve però evitare quei peccati oggi più comuni e che sono l’egoismo e l’invidia.

L’individualismo si afferma dove è presente un amor proprio elevato, quando non si vuole dare conto a nessuno delle opere frutto dell’invidia che si compiono e si lasciano crescere i pensieri di ostentare sempre più cose materiali, quasi per nascondere gli evidenti limiti spirituali e l’inconscia convinzione di inadeguatezza.

Non sono gli abiti di lusso o l’ostentazione di qualcosa o l’esteriorità a farci ricevere l’Amore di Dio. Non si comprende per evidente testardaggine che il pensiero fisso sulle cose materiali comporta l’allontanamento da Dio, la paralisi spirituale.

I diavoli seducono i più deboli con continui pensieri verso qualcosa da adorare e tutto può diventare un idolo che blocca la vita spirituale. Molti cadono nell’idolatria e fanno finta di non capire, adorano qualcosa che invece dovrebbero solamente utilizzare, come gli indumenti lussuosi, una casa, i mezzi con cui si muovono.

E se non posseggono quanto desiderano e la vedono ad altri, cadono nella tremenda invidia di copiare le stesse cose degli altri.

L’invidia è un malanimo provocato dalla constatazione dell’altrui prosperità, benessere, soddisfazione ed è uno dei sette vizi capitali, opposto alla virtù della carità. È anche il desiderio di poter godere dello stesso bene che altri possiedono, vivo ed accentuato apprezzamento.

L’invidia è uno dei sentimenti moderni più diffusi, e anche più inconfessabili. Un detto sostiene: “Ci sono cose che un individuo non confessa né al Prete, né allo psicanalista, né al medium dopo morto. E fra queste cose la prima è senza dubbio l’invidia”.

L’invidia è un meccanismo che si attua quando la persona si sente sminuita dal confronto con qualcuno, con quanto ha, con quanto è riuscito a fare. In psicologia viene indicata come un tentativo alquanto maldestro di recuperare la fiducia, la stima in se stesso, cercando di possedere le stesse cose degli altri o svalutando l’altro.

Molti non si rendono conto di trasgredire il 10° Comandamento che dice: “Non desiderare la roba d’altri”.

Il disordine delle cupidigie assale i più deboli, quelli che si lasciano trasportare colpevolmente dai pensieri che arrivano alla mente. Sono voglie sfrenate di possedere gli stessi abiti di altre persone, o altre cose materiali che appartengono ad altri e non possedendole, perdono molto tempo a pensare di imitare le stesse cose. Leggiamo quanto afferma il Catechismo:

“L’appetito sensibile ci porta a desiderare le cose piacevoli che non abbiamo. Così, quando si ha fame si desidera mangiare, quando si ha freddo si desidera riscaldarsi. Tali desideri, in se stessi, sono buoni; ma spesso non restano nei limiti della ragione e ci spingono a bramare ingiustamente ciò che non ci spetta e appartiene, o è dovuto ad altri.

Il decimo Comandamento proibisce l’avidità e il desiderio di appropriarsi senza misura dei beni terreni; vieta la cupidigia sregolata, generata dalla smodata brama delle ricchezze e del potere in esse insito”. (2535-2536)

La ricchezza può essere collocata anche nell’orgoglio, in quanto il vizio abbonda nella persona invidiosa e la rende illusoriamente libera di realizzare quello che desidera. Senza più frenarsi, senza preoccuparsi dell’anima, senza pensare a tutto il tempo dedicato inutilmente ai desideri opposti alla volontà di Dio e che allontanano da Lui.

Poi, nelle sofferenze e nelle prove improvvise, non bisogna dire: “Dov’è Dio?”. Dio è nella tua ricchezza, nell’idolo, nell’orgoglio.

È devastante nutrire pensieri ossessivi nel voler compiere determinate opere fuori dalla volontà di Dio o nel pensare sempre a quanto posseggono gli altri e si desidera possedere le stesse cose. La vita spirituale viene paralizzata e la Fede non cresce mai.

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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