+ VANGELO (Gv 6,30-35)

Martedì 17 aprile 2018

III settimana di Pasqua

+ VANGELO (Gv 6,30-35)

Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno Tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità Io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il Pane della vita; chi viene a Me non avrà fame e chi crede in Me non avrà sete, mai!». Parola del Signore

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

La folla che domandava un segno a Gesù, era composta da persone che avevano diversi convincimenti personali e non molti riuscivano ad accettare pienamente la predicazione del Signore. Non poteva essere compreso da quanti non rinnegavano le loro opinioni formulate solo su atteggiamenti diffidenti.

Molte volte spinti da una certa sicurezza o da preconcetti infondati si crede o non crede a qualcosa o a qualcuno, si valuta una persona senza conoscerla, senza sapere le ragioni che la fanno agire in un determinato modo. Spesso con molta leggerezza si condanna o si assolve fidandosi solo della propria opinione.

L’interpretazione soggettiva priva di riscontri conduce al giudizio e non è un aiuto per la propria spiritualità, le conseguenze sono sempre disastrose. Il giudizio temerario rimane interno alla persona e avviene quando pensa male degli altri senza alcuna prova. È un peccato grave e un danno che ricade soprattutto su chi pensa male.

Si inizia con la maldicenza che arreca inevitabilmente danni alla dignità altrui, si cade facilmente nel giudizio temerario, vizio pericoloso oramai divenuto comune, perché si passa con tutta facilità a giudicare e a sentenziare sulle azioni altrui.

Chiarisco che non sono mai giudizi temerari quei semplici pensieri e quei sospetti involontari che vengono in mente contro qualcuno, quasi senza farci caso, e che vorremmo che non ci venissero. Una cosa sono i pensieri che si presentano senza volerli e che si allontanano subito, altra cosa è accoglierli e convincersene, anche senza alcuna prova.

“Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno. Si rende colpevole:

– di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo;

– di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano;

– di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a giudizi erronei sul loro conto.

Per evitare il giudizio temerario, ciascuno cercherà di interpretare, per quanto è possibile, in un senso favorevole i pensieri, le parole e le azioni del suo prossimo” (CCC 2477-2478).

Questa spiegazione che troviamo nel Catechismo del 1992 è la sintesi di questo dannoso atteggiamento ed è un ostacolo da superare.

Spesso la rabbia infiamma e prevale sull’amore, anche l’invidia spinge a giudicare. Anche se il sospetto non è un giudizio, si sospetta quando c’è una naturale inclinazione a credere il male. È diverso dal giudizio che viene espresso o pensato anche da chi è buono ma ritiene una cosa per certa e indubitata senza avere alcuna prova.

Quindi, è sbagliato giudicare male decisamente, senza giusto motivo, mentre se vi fossero dei gravi motivi, indizi gravi e forti, allora il nostro giudizio non sarebbe più temerario, sebbene anche in questo caso sarebbe molto meglio sospendere ogni giudizio e coprire ogni cosa col manto della carità. La rettitudine spinge a parlare solo nelle necessità.

Si può parlare senza cadere nel giudizio per aiutare chi non conosce le opere malvagie e comprovate dei cattivi.

La retta intenzione deve sempre guidare i nostri pensieri e prevalere sulle debolezze.

I giudizi temerari si evitano innanzitutto con la purificazione dell’immaginazione, che và insieme allo spirito di conversione e di rinascita spirituale del cristiano. A questa determinazione si arriva pregando molto, chiedendo la purezza d’intenzione. La rettitudine è una perla nel cristiano e traspare dalle sue parole, dai suoi comportamenti, da tutta la sua persona.

L’intenzione è retta quando Gesù Cristo è il fine e il motivo di tutte le nostre azioni. La purezza d’intenzione non è altro che presenza di Dio, è Dio nostro Signore presente in tutte le nostre intenzioni, anche senza pensare a Lui.

Se il cristiano Lo mette al centro della sua vita, Gesù è sempre presente nella sua mente e nel suo cuore.

Alle tentazioni bisogna resistere e con lucido impegno si deve pensare bene di tutti. Le tentazioni vanno combattute con la preghiera.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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