UNO CHE NON CONOSCETE! (Gv 1,6) RIFLESSIONI DI DON FRANCO GALEONE

17 dicembre 2017  * III Domenica di Avvento (B)

UNO CHE NON CONOSCETE!  (Gv 1,6)

Riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della Domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo biblico ebraico-cristiano)

השורשים הקדושים

Gaudete!
  1. Oggi è la domenica Gaudete: così era chiamata prima della riforma liturgica, a motivo dell’imperativo dell’antifona di ingresso. Se non si trattasse di parola di Dio, faremmo fatica a credere. Rallegrarsi è difficile. Eppure di gioia abbiamo bisogno; di mancanza di gioia si può anche morire. L’apostolo Paolo però ci avverte: non si tratta di una piccola droga sentimentale. Dio è la causa della gioia: Rallegratevi, perché il Signore è vicino (Fil 4,4). Non ci sono altre cause. Ma chi è Dio? Egli è Onnipotente, ma non a servizio dei nostri progetti; egli è Buono, ma non solo quando ci accontenta; egli è Giusto, sia quando punisce gli altri, sia quando chiede la nostra conversione! E’ la conversione che ci introduce nella gioia. La gioia riuscirà anche a convertire gli altri: Perché io creda nel loro Dio, bisognerebbe che i cristiani cantassero dei canti migliori, e che i suoi discepoli avessero un’aria più amabile (F. Nietzsche). Purtroppo sul volto di tanti credenti si legge solo la mestizia: Dove diavolo avete nascosto la vostra gioia? A vedervi così tristi, non si direbbe che a voi, e a voi soli è stata promessa la gioia del Signore (G. Bernanos). Nell’immaginario collettivo, quando qualcuno vede un prete o una suora, tocca ferro, fa scongiuri. Il poeta dell’amore J. Prevert paragona il prete a quegli insetti che, dovunque si poggiano, lasciano il loro lurido segno, perché su ogni sentimento hanno scritto: vietato, peccato, proibito! Che desolazione! Dio ne è costernato! Un cristianesimo triste vi spegne, un prete triste vi rovina la vita!

Dio non giudica, ma giustifica

  1. La religione è spesso il culto della colpa e del peccato, per questo occorre sfatare il pregiudizio di un dio giudice. Essere giudice è dare a ciascuno secondo quello che spetta. Dio però non ci tratta secondo i nostri meriti ma secondo il suo cuore; se il sole dovesse sorgere solo sui giusti, resteremmo tutti sempre al buio; se dovesse piovere solo sui buoni, la terra sarebbe un deserto! Nel vangelo è scritto che il Padre non giudica nessuno (Gv 5,22); anche il Figlio non giudica nessuno (Gv 8,15). Allora come e da chi saremo giudicati? La parola che io ho annunciato, quella vi giudicherà nell’ultimo giorno (Gv 12,48). Da se stesso ognuno si giudica, in relazione alla parola di Dio. Dio non fa l’arido ragioniere che registra le entrate e le uscite, ma si dedica a trasformare il peccatore nel santo, l’ingiusto nel giusto, il violento nel pacifico. E’ questo l’unico lavoro degno di Dio. Cristo mette sempre il peccatore sopra il giusto: la prostituta Maddalena sopra il giusto Simone che la giudica; Matteo il pubblicano sopra i farisei che lo condannano; il figliol prodigo è festeggiato più del fratello maggiore; il piccolo Zaccheo è preferito a tutti i giusti religiosi di Gerico. Il motivo è che in ogni uomo c’è sempre più futuro che passato: Homo est qui futurus est.

Mandato da Dio

  1. Il Signore per manifestarsi sceglie un laico comune. Non un esponente della casta sacerdotale o dell’élite spirituale, notoriamente refrattarie agli inviti dello Spirito. L’evangelista Giovanni scrive che quest’uomo si chiamava Giovanni, che in ebraico significa il Signore è misericordia. Egli venne come precursore di Gesù perché tutti credessero per mezzo di lui. La missione di Giovanni non è limitata a un popolo, a una nazione, a una religione, ma è una chiamata universale per risvegliare negli uomini il desiderio della luce. Ebbene, appena c’è un raggio di luce, ecco che scattano subito le tenebre; le tenebre sono le autorità religiose nemiche di ogni novità dello Spirito: I giudei (in questo vangelo, giudei = i capi, le autorità religiose) gli inviarono da Gerusalemme (la sede dell’istituzione religiosa) sacerdoti e leviti a interrogarlo. E’ lo stesso verbo (ερωταω-erotao) che l’evangelista adopererà per l’interrogatorio di Gesù da parte del sommo sacerdote (Gv 18,19-24), quindi ha connotazione negativa. E con arroganza gli chiedono: Tu chi sei? Sei tu Elia? Sei tu il profeta? Chi sei? Perché tu battezzi se non sei il Messia, né Elia, né il profeta? Dobbiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato, cioè i capi, le massime autorità religiose. Per loro non può essere innocente uno che inizia un’attività senza avere il mandato delle autorità competenti. E’ interessante l’uso del verbo inviare (αποστελλω-apostello): mentre Dio invia un uomo per annunziare la luce e la vita, le autorità inviano da Gerusalemme gli inquisitori per soffocare la luce. Le tenebre hanno fastidio della luce, i capi religiosi mai conosceranno il figlio di Dio né l’azione dello Spirito.

Una voce!

  1. È significativo il fatto che l’evangelista Giovanni non racconta il battesimo di Gesù, amministrato da Giovanni, non parla della sua origine sacerdotale (suo padre Zaccaria è stato un sacerdote del Tempio) e non cita nemmeno sua madre Elisabetta (della famiglia sacerdotale di Aronne). La teologia del IV vangelo in Giovanni vede esclusivamente il testimone di Gesù, che annuncia e denuncia (J. Beutler). Giovanni non accetta nessun titolo, se con quello di una voce che grida nel deserto. Non si tratta di umiltà. La chiave sta nel fatto che solo a partire dalla spoliazione da ogni pretesa uno può essere testimone autorizzato della Luce, che è Gesù. Giovanni è stato una voce ascoltata ed accolta da alcuni, i pubblicani e le prostitute (Mt 21,32) e rifiutata da altri, i sacerdoti e gli anziani (Mt 21,32. Cf Mt 21,23). Gli umili e i semplici ascoltano la voce del Signore. I teologati e i laureati la rifiutano. Il Vangelo sconvolge le nostre sicurezze ed il nostro disordine costituito. Gesù, quello annunciato da Giovanni, era il káos rispetto al kósmos.

In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete!

  1. Queste parole attraversano i secoli e giungono sempre attuali nel nostro tempo. Gesù viveva da trent’anni tra gli ebrei che lo avevano visto lavorare, pregare, parlare; conoscevano tutto di lui ma non lo riconoscevano come Dio. Dopo tre anni di vita pubblica, di predicazioni e di miracoli, Gesù rivolge ai discepoli questo amaro rimprovero: Da tanto tempo sono con voi e non mi avete ancora riconosciuto. La presenza di Gesù sarà sempre una presenza nascosta; anche dopo la risurrezione, Maddalena lo scambia per un giardiniere, e i discepoli di Emmaus lo riconoscono solo alla fine del viaggio. Un sapiente indù ha detto che i cristiani hanno compreso solo una metà del vangelo, quella meno impegnativa: Cristo è Dio; non hanno compreso l’altra metà, quella più difficile: Cristo è uomo, e quindi ogni male contro l’uomo è un male contro Cristo: Lo avete fatto a me (Mt 25). Gli albergatori di Betlemme, se avessero saputo che Maria e Giuseppe portavano Dio con loro, li avrebbero accolti con festa; erano persone religiose, proprio come noi, ma hanno creduto che fossero due senzatetto, e non li hanno accolti; erano ragionevoli e prudenti; pensavano di chiudere la porta a due uomini, e la chiudevano a Dio. Anche i farisei erano persone religiose; il sabato andavano in sinagoga, ma durante la settimana Cristo era in mezzo a loro ed essi non lo riconoscevano, lo contraddicevano sempre, finché se ne sbarazzarono appendendolo in croce.

Trascendersi, ma in alto e in avanti!

Tutti  gli uomini cercano la salvezza. Il primo mezzo che essi usano è quello di imporsi agli altri: accumulano fama, ricchezza, prestigio; ma una volta costruita e difesa la loro personalità, si ritrovano soli con se stessi, subito la noia li consuma; quel presuntuoso edificio si chiude sopra di loro come una prigione, come la giara di pirandelliana memoria. Alla fine, l’uomo celebre cerca l’anonimato, il cittadino sogna la campagna, il banchiere si scopre dipendente dal denaro, l’egoista si lamenta di essere solo! A questo punto, l’uomo cerca di uscire da se stesso, di auto-trascendersi. Ma attenzione: ci sono trascendenze verso il basso e trascendenze verso l’alto. Nel suo appassionato tentativo di uscire da se stesso, l’uomo può ricorrere alla droga, all’erotismo, alla violenza; mima gli atti di amore ma senza amore, mima gli atti della festa ma senza gioia; insomma, si confonde nella massa per dimenticare la sua solitudine. Gli artisti oggi sfigurano il volto umano e si compiacciono di descrivere le nostre bassezze; i sadici torturano gli altri; i rivoluzionari spezzano le strutture che proteggevano il popolo, i contestatori spezzano le abitudini su cui riposa l’umanità. La vera libertà è quella di poter dire: Ora trovo dentro di me quello che invano ho cercato fuori. Mi sono aperto a un Altro che mi ha reso a me stesso. Troppo tardi ti ho conosciuta, o Bellezza tanto antica e sempre nuova. Io Ti cercavo fuori, lontano, e invece Tu eri a me vicino, anzi, dentro di me, più intimo del mio intimo. Il solo vero peccato è quello di essere pieni di sé, contenti di sé, al punto di voler fare a meno di Dio.  Buona vita!

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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