ROMA MARINO SI DIMETTE?
ROMA – Dare le dimissioni e minacciare, promettere, sognare, delirare di ritirarle tra venti giorni. Quale dei verbi è quello giusto, quello che realmente si attaglia al pensiero di Ignazio Marino sindaco dimissionario ma anche no? Per rispondere ci vorrebbe uno pratico del mestiere. Non del mestiere della politica, del mestiere che indaga nelle complesse relazioni tra emozioni e neuroni. Perché emozioni e neuroni di Ignazio Marino hanno costruito una realtà nella quale l’ex sindaco è certo di vivere. Gli altri un po’ meno certi che quella sia la realtà . E da questa palese difformità viene l’incertezza: quei venti giorni sono una minaccia, una promessa, un sogno, un delirio?
Nella realtà di Marino Roma ha vissuto e visto sotto il suo governo “cambiamenti e miglioramenti epocaliâ€. Se uno è convinto di aver cambiato epoca, in meglio, a milioni di cittadini e ad una capitale, allora voler continuare sembra ai suoi neuroni una promessa. C’è però la non irrilevante circostanza secondo la quale questi cambiamenti epocali la stragrande maggioranza dei romani, gente, popolo, caste, lobby, borghesia, periferie, coatti, signori, parioli…non ritengono di averli visti, anzi. Milioni di romani ritengono di vivere in una delle città peggio amministrate d’Europa e meno vivibili del continente. Magari non sarà tutta colpa di Marino, però quell’avvolgersi nella bandiera dei “mutamenti epocali†un po’ fa sorridere, un po’ fa rabbia e alquanto fa pena.
Allora quei venti giorni sono una minaccia? Ad avvalorare questa interpretazione è lo stesso Marino: “farò il giro delle tv mostrando l’agenda con i nomi di chi mi telefonava per raccomandare…scriverò, sto scrivendo libro…â€. Venti giorni dunque per costruire la sceneggiatura della vittoria contro il malaffare pugnalata alle spalle. Pugnalata da chi? Ma come da chi? E’ evidente: dai poteri forti. E dal Pd che un po’ è scemo e un po’ è complice dei poteri forti. E’ questa la narrazione rancorosa e auto assolutoria e, diciamolo pure, non tanto populista quanto vigliacchetta cui si appresta Marino. Con sbocco già sussurrato della presentazione di una sua lista alle prossime elezioni. Così, tanto per dispetto al Pd. Per raccogliere un due, tre per cento e far perdere il candidato di quello che fu il suo partito. Come quelli che costretti a lasciare un edificio, perc stizza ne sfasciano infissi e tubature così il nuovo inquilino tié!!
Venti giorni per fare terra bruciata più di quanto non lo sia già , per avvelenare i pozzi, per rendere più difficile il lavoro del Commissario, per tenere Roma sui giornali e in tv al peggio del peggio.
Ma non potrebbe essere che Marino è solo e soltanto una reincarnazione postuma dell’ultimo giapponese che continua a combattere e non si arrende anche quando la guerra è finita? Non potrebbero essere quei venti giorni il sogno del giapponese sperduto e rintanato nella jungla, il sogno che arrivino rinforzi, che arriva il suo esercito, esercito che è ormai fantasma? Potrebbe. Uno che dopo essere stato pubblicamente indicato dal Papa come un imbucato alquanto molesto rimbrotta il Papa per aver parlato, uno che non si accorge che promettendo di restituire i soldi in realtà confessa di aver pasticciato con le note spese al ristorante, uno che pasticcia con le note spese da poche decine, massimo centinaia di euro è uno che nella sua personale jungla molto sogna e alquanto delira.
Sentite questa: “Io non so cosa ci hanno scritto sopra. Ho consegnato gli scontrini agli uffici, come sifa in questi casi. Non escludo che possa esserci qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi (intervista di Marino a La Stampa di Massimo Gramellini). Uno che in questi tempi di vita pubblica, dopo centinaia di casi di rimborsopoli, uno che non controlla i suoi scontrini, le sue spese con il denaro pubblico, uno che li butta lì e li delega a un funzionario (anche qui vigliacchetto lo scarico di responsabilità ) è più probabile che deliri piuttosto che menta. Sembra un paradosso ma non lo è: è più probabile una totale incoscienza di una menzogna misera per cinque/sette conti al ristorante.
Quindi i venti giorni che Marino si è preso sono nell’ordine: una minaccia per il Pd e un delirio per la città . Somma e fai il totale: venti giorni per fare più danni possibile. E quel che è peggio, crudele astuzia della storia o cronaca fate voi, sognando assolutamente in buona fede di essere l’unico buono in un mondo di cattivi. qui infatti finisce la politica e comincia il territorio di emozioni e neuroni. Marino, ormai lo sappiamo, sta e staziona, forse da sempre, più di qua, nello spazio mobile tra neuroni ed emozioni, che di là nella terra brulla della politica.
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