RISPOSTA DELLO SCRITTORE VITTORIO RUSSO AD UN COMMENTO SUL SUO POST “KUMARI DEVI”
Cara Carla,
io sono uno scrittore, uno che va in giro per il mondo per vedere e raccontare. Entro in casa d’altri in punta di piedi, con rispetto sacrale dell’altrui sensibilità , delle convinzioni religiose e delle tradizioni di popoli che non giudico con l’arroganza etnocentrica della nostra cultura. Le dimensioni del sacro in India e nel Nepal io le ho raccolte e descritte in vari lavori e in questo pezzo sulla Kumari che lei ha commentato. Non mi colloco su nessun piedistallo per giudicare se questa tradizione religiosa tri-millenaria della Dea Vivente di un popolo di radici antichissime, umile e severo, senza presunzioni di detenere verità di fede o altre primogeniture, s’identifichi o meno con sfruttamento di minore. Mi sentirei perciò (io non credente!) di deplorare chi dall’altra parte del Pianeta volesse giudicare le credenze religiose del nostro quadrante e venisse a dirmi che non entra in una cattedrale cattolica con i suoi bambini perché sarebbero disturbati dalle immagini cruente di Gesù col cuore sanguinante fuori dal petto e di Maria col cuore trafitto da sette spade…
Qualcuno tempo addietro affermò… Chi sono io per giudicare? Ricorda?
Mi permetto di fargli eco: Chi sono io per giudicare confessioni di un popolo che sceglie la sua via e il suo divenire di fede. Nessuno ha chiesto a me di decidere se una radicata tradizione religiosa debba o meno essere accettata e se quello della Kumari Devi si connoti come sfruttamento di minore? Quando il reporter sceglie di andare, di vedere e di raccontare non può avere gli scrupoli ai quali lei rimanda. Chi fa questo lavoro mette da parte le sue opinioni: vede e racconta come faceva Erodoto, che è il riferimento remoto di tutti quelli che fanno il mio mestiere. Possibilmente con scrupolo. Questo è il ruolo dello histor, ossia di cui che va e vede. Niente di più. Lei non ha l’obbligo di condividere (come d’altronde non condivido io) credenze e scelte altrui, dovrebbe però avere il garbo di accettare il ruolo di chi racconta, senza emettere proclami e giudizi. Se non ci fosse questa libertà di scelta ce ne staremmo tutti, con le nostre verità  e le nostre certezze, tranquillamente all’ombra dei nostri campanili per vivere la nostra vita come alberi che muoiono dove nascono…
Grazie per la sua gentile attenzione.
Con un cordiale saluto,
Vittorio Russo