RIPRENDERE CON TELECAMERA UN CLIENTE E’ REATO

Privacy: riprendere i clienti del negozio con la telecamera di sicurezza senza l’avviso costituisce violazione. Le riprese filmate sottoposte all’obbligo d’informativa anche quando servono alla vigilanza sui locali se le immagini degli avventori costituiscono dati idonei a identificarli

Giro di vite per i titolari di negozi che all’interno del locale installano per ragioni di sicurezza anche una videocamera senza però avvisare la clientela con l’informativa prevista dal codice per la protezione dei dati personali, compiendo una violazione della privacy. Lo ha stabilito mercoledì la seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 17440/15.Il caso nasce perché il titolare di un negozio aveva fatto installare una videocamera per sorvegliare l’accesso dei clienti all’interno del locale. Al termine di un controllo amministrativo, gli agenti verificavano che la telecamera era stata installata senza l’informativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 196/03 e procedevano alla contestazione dell’illecito. Il legale rappresentante del negozio chiariva che la videocamera aveva un’esclusiva funzione di sicurezza, non concretizzandosi alcuna violazione della privacy ai danni dei clienti. Anche il tribunale calabrese arrivava alla stessa conclusione, ritenendo che la videosorveglianza rientrasse sì nel concetto di trattamento, ma non integrasse gli estremi della definizione di “dato personale” ai sensi della normativa vigente, pertanto la privacy non era compromessa. Le conclusioni dei giudici di piazza Cavour, che accolgono il ricorso del Garante, sono del tutto differenti. Sbaglia il tribunale a ritenere che la videocamera non fosse destinata alla registrazione, considerato che «alla luce della definizione legislativa, integra trattamento anche la mera attività di raccolta di dati personali». E infatti, così come specifica il decreto legislativo, costituisce “trattamento”, qualsiasi operazione, effettuata anche senza l’ausilio di strumenti elettronici». Per il giudice, invece, la ripresa delle immagini non poteva considerarsi un “dato personale”. Una tesi che il collegio non condivide perché nella vicenda esaminata sussistono entrambi gli elementi in presenza dei quali l’articolo citato prescrive l’obbligo di informativa: «Il trattamento, consistente nella raccolta delle immagini delle persone che accedono nel locale e vengono riprese da una videocamera non segnalata, e il dato personale». È indubbio che l’immagine di una persona costituisca un dato personale, idoneo a identificare il soggetto. Detto ciò, non era preclusa al titolare del negozio la possibilità d’installare la videocamera per esigenze di sicurezza commerciale, ma l’attività, «integrante trattamento di dati personali – spiega la Cassazione – avrebbe dovuto formare oggetto di apposita informativa ai sensi dell’articolo 13 del decreto». Ma c’è di più. Con riferimento all’attività di videosorveglianza senza registrazione, si stabilisce che «nei casi in cui le immagini sono unicamente visionate in tempo reale, oppure conservate solo per poche ore mediante impianti a circuito chiuso (Cctv), possono essere tutelati legittimi interessi rispetto a concrete ed effettive situazioni di pericolo per la sicurezza di persone e beni, anche quando si tratta di esercizi commerciali esposti ai rischi di attività criminali in ragione della detenzione di denaro, valori o altri beni». Le condizioni che legittimano la videosorveglianza comportano, in ogni caso, l’obbligo dell’attività di informativa. Una sentenza, secondo Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che non fa una grinza.

Lecce, 2 settembre 2015

Giovanni D’AGATA

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Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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