MURO LUCANO
MURO LUCANO
di Vittorio Russo
Una pagina interminabile di storia
Ci sono luoghi nei quali la storia diventa nodo inestricabile di eventi.
Uno di questi è Muro Lucano, antichissima città della Basilicata che ho visitato ieri con Lucia, ospite dell’amico giornalista Giuseppe di Leo.
Muro Lucano ha origini che sono velate da un mito nel quale radicano la propria origine i Lucani, un popolo fra i più antichi delle genti italiche. È d’obbligo ricordare che la Lucania-Basilicata è stata una terra abitata da popolazioni impenetrabili, sfumate in un lungo continuum etnico. Fra tutte, gli Enotri, abitatori della terra del vino, i Lucani, le gente dei boschi degli dèi e perciò luminosi, ma anche la “terra dei giovani toriâ€. Gli Osci li chiamavano “viteliùâ€, un animale sacro dal quale trae origine il termine Italia. Pensate quanto remoto è il nome del nostro Paese!
Muro Lucano è il momento ultimo di un’antichità millenaria. La città è arroccata su uno sperone roccioso a oltre 600 metri sul mare. Digrada espandendosi lungo un pendio con morbido andamento a ventaglio, un presepe di sfumature, quasi una macchia di colore che cola verso valle. Dal pianoro della sommità dove sorgono la Cattedrale e il Castello, lo sguardo si sperde su orizzonti di luce diafana lungo la linea glabra dei monti di una viva forza rocciosa. Sotto non hai che l’abisso da cui pare salga ancora il tuono di geologici diluvi di acque. Ora è solo un abisso di forre e di schegge di rupi immerse nel verde. Un verde che sembra colore inventato proprio per la natura di qui. Nella valle sfumata dal calore agostano, laggiù, sorgeva un tempo la romana Numistrum.
È questo il luogo di un ennesimo scontro della II guerra Punica, nel 210 a.C., fra Annibale, il Cartaginese e Marco Claudio Marcello, il Romano espugnatore di Siracusa. Non se ne conosce l’esito. Livio ne parla in maniera sfumata. So però che Marcello, “il gladio di Romaâ€, inseguì Annibale a lungo. Lo sconfisse in molti scontri e in uno di essi, presso Venusia, nel 208, finì gloriosamente i suoi giorni. Ad Annibale però, dopo anni di inutili vittorie, di fronte alla tenacia di tanto popolo, non restavano molte speranze.
Non manca nulla a Muro Lucano per narrare di sé lungo i secoli. Sono racconti di storie intramate, inquietanti, dense di curiosità che vedono protagonisti il Castello e La Cattedrale, entrambi di età medievale. Dominano severi dall’acropoli la valle e la gola sottostanti. Fu intorno al IX secolo d.C. che andò formandosi un nuovo contesto urbano, Pianello. Con esso anche la costruzione delle mura fortificate oltre le quali prese a crescere la città che da esse prese il nome.
Fu qui, a Muro, nelle oscurità del Castello, che una straordinaria regina napoletana, Giovanna I d’Angiò, soggiornò prigioniera. Ve la rinchiuse il cugino-nipote Carlo di Durazzo d’Angiò che, pur destinato a succederle, l’aveva spodestata e fatta assassinare per incoronarsi re di Napoli. Siamo nella seconda metà del XIV secolo.
Come si resiste al fascino di certe narrazioni che sembrano fili di una trama inestricabile la cui sola aneddotica lascia senza fiato! Se poi hai l’onore di essere ospite del direttore del Museo Archeologico, Salvatore Pagliuca, allora non vorresti andar via così, senza aver visto tutto in questo luogo di memorie ineguagliabili. Perché questo signore, discreto e magnifico, ti accompagna col suo racconto sapiente di ricercatore dal vivo. Ti coinvolge nelle sue esperienze, ti avvolge nelle sue emozioni di ritrovamenti prodigiosi, di scavi, di recuperi che sanno della cocciutaggine di Enrico Schliemann. Sono un prodigio d’arte le due anfore attiche da lui ritrovate. La prima soprattutto, attribuita a Lydos, un ceramografo attico di grande fama. Il direttore fa risalire i pannelli della splendide figure nere al 550 a.C. Ne, conosce ogni linea, ogni piega, ogni sfumatura e perfino la firma dell’autore identificata da una lepre dai pochi tratti che guizza leggera. Il pannello rappresenta un corteo bacchico con mènadi e satiri ebbri. Splendido anche il secondo vaso. Ha per tema Teseo che uccide il Minotauro con figure di Arianna e altre in una corona perfettamente calibrata di immagini, come fotogrammi di una sequenza fotografica. Sono due reperti tra i pochi altri dell’arte vascolare attica che si conservano nei più prestigiosi musei del mondo.