L’incredulità caratterizza i credenti autosufficienti! (Mc 6,1)

7 luglio 2024 – XIV domenica del tempo ordinario (B)
L’incredulità caratterizza i credenti autosufficienti! (Mc 6,1)
1) La storia di Israele è piena di rifiuti, di ritorno agli idoli, di fiducia negli dei
stranieri (I lettura). Anche il rapporto di Gesù con il suo popolo è stato a volte
tenero e a volte polemico; molti ebrei non hanno riconosciuto Gesù, ma le
ragioni di questo rifiuto toccano anche noi: anche noi siamo tentati di volerci
salvare da soli, di avere fiducia solo nei mezzi esterni, di curare solo il
formalismo esteriore.
2) Dopo il battesimo, in Gesù avviene un cambiamento radicale di vita! Gesù
era un altro uomo, ma nessuno riusciva a spiegarsi che cosa gli fosse successo.
Dal racconto di Marco, sappiamo che tutto iniziò con il battesimo. Da quel
momento Gesù fu diverso. Quel modesto paesano operaio, da signor nessuno, era diventato signor
qualcuno discusso, persino inquietante. Leggendo i vangeli, risulta evidente che Gesù, prima del
battesimo, visse come uno sconosciuto, un giudeo come tanti. Nessuno gli faceva caso, né si vide in
lui qualcosa di eccezionale. Ecco perché, quando Gesù tornò a Nazaret, i concittadini rimasero stupiti
(Mc 6,2; Mt 13,55), come anche i suoi genitori (Mc 3,21). In che cosa Gesù cambiò vita? Stando ai
vangeli, Gesù cambiò per il fatto che lasciò la sua casa, il suo lavoro, e riunì attorno a sé un gruppo
di persone chiamate discepoli (Mc 3,7; Mt 5,1; Lc 6,20) o anche apostoli (Mt 10,2); di quel gruppo
facevano parte anche molte donne, alcune vittime di malattie e demòni (Lc 8,2), cosa molto negativa
in quel tempo! Con questo gruppo Gesù andava per villaggi e città, annunciando la venuta del regno
(Mt 4,23; Lc 8,1); guariva i malati, affascinava il popolo, si interessava dei poveri. È evidente che se
all’improvviso l’umile falegname di un villaggio sperduto, che non ha mai studiato, si mette a
insegnare cose che stupiscono la gente, che rende felici molti sventurati, questo deve risultare
sorprendente e pochi sono in grado di darne una spiegazione razionale. Ebbene, i familiari più vicini
di Gesù, cioè sua madre e i suoi fratelli, quando si resero conto di quello che stava succedendo,
dicevano che aveva perduto la testa (Mc 3,21; Gv 10,20).
3) I suoi compaesani non riuscivano ad accettare che un semplice artigiano (τέκτων), potesse
diventare un genio. Perciò “si scandalizzavano di lui”. Certamente perché, allora come adesso, la
gente è convinta che lasciare un lavoro, con cui ci si guadagna da vivere, per dedicarsi a qualcosa che
è a vantaggio degli altri, è una trappola (σκάνδαλον) o un motivo di rovina. In definitiva, c’è troppa
gente che si scandalizza che ci siano persone che, invece di adempiere ai loro doveri di sempre, si
dedicano a rendere più felice la vita degli altri. Comunque sia, la visita di Gesù al suo paese fu un
disastro. In quell’occasione Gesù dovette sentirsi così deluso che ricordò ai suoi compaesani un
proverbio: “Un profeta è disprezzato solo nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua!” (Mc 6,4).
Gesù si sentì incompreso, anzi, disprezzato anche dai suoi parenti, ma non pronunciò minacce o
invettive contro i paesani.
4) Il problema inizia quando di sabato comincia a insegnare nella sinagoga (v.2). Importante: finché
egli rimane in casa, dentro gli schemi tradizionali, nessuno lo contesta. Gesù è cresciuto in una
famiglia dai solidi principi religiosi, appartiene al popolo eletto, che nella Bibbia è chiamato per 119
volte Casa d’Israele. Ora Gesù mostra insofferenza, vuole che la Casa d’Israele sia aperta a tutti,
soprattutto agli ultimi. Gesù li invita ad entrare in una nuova casa, in una nuova famiglia. Ma i paesani
lo contestano: che garanzie può offrire il falegname, figlio di Maria, che per 30 anni ha solo
aggiustato porte e raddrizzato chiodi? Meglio non fidarsi! Le sue novità sono pericolose! Notare che
non chiamano Gesù con il suo nome, ma lo identificano con il mestiere che ha esercitato (falegname)
e – stranamente – fanno un riferimento alla madre, che ha una valenza negativa: nella tradizione
ebraica era il padre che contava! I suoi paesani evitano di nominare Gesù, si riferiscono a lui con
profondo disprezzo: “Non è costui…” – quindi evitano di pronunciare il nome e poi passano all’offesa,
lo chiamano – “il figlio di Maria?”. Un figlio, nel mondo palestinese, veniva sempre chiamato con il
nome del padre, anche quando il padre era defunto; il figlio conservava sempre il nome del padre.
Quindi avrebbero dovuto dire “non è il figlio di Giuseppe?”. Dire che qualcuno è il figlio di una donna,
significa che la paternità è dubbia e incerta! Gesù davvero è stato uno di noi, è venuto tra i suoi, di
ieri e di oggi, ma non viene riconosciuto! BUONA VITA!
Le Sante Radici – הקדשים השׁרשים — Per contatti: francescogaleone@libero.it

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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