Legambiente,ha semi – ufficializzato la candidatura a Presidente dell’ente Parco il dott. Pasquale Raia
Care cittadine, cari cittadini,
grandi novità sotto il Vulcano. Legambiente, in occasione degli “Stati generali della agricoltura vesuviana” tenutisi a Cercola Sabato 21 febbraio, alla presenza dei vertici regionali e nazionali della associazione, ha semi – ufficializzato la candidatura a Presidente dell’ente Parco del suo responsabile campano per le aree protette, il dott. Pasquale Raia, già membro del Consiglio direttivo dell’ente Parco durante la Presidenza di Maurizio Frassinet. Officiante il rito, il commissario straordinario dell’ente Parco nazionale del Vesuvio, Ugo leone.
All’incontro è stato presentato un “manifesto per sostenere la qualità delle produzioni locali”. Presenti in sala una ventina di persone più i relatori. Agli agricoltori è stata addirittura data la possibilità di intervenire mentre il coordinatore del Movimento cittadini per il Parco, Giovanni Marino, non è stato invitato, perché evidentemente essere il titolare di una nota azienda biologica del Parco nonché Presidente del Consorzio di Tutela del pomodorino del piennolo del Vesuvio dop non costituivano per Legambiente titoli sufficienti.Â
Ma analizziamo nel dettaglio il metodo con il quale queste proposte sono state avanzate e diffuse a mezzo stampa, il merito delle proposte e, infine, il ruolo che Legambiente rivendica per se stessa.
Il metodo
Legambiente si intesta, non si sa a che titolo, la rappresentanza degli interessi e dei bisogni degli agricoltori, come se gli agricoltori non avessero la capacità di rappresentare essi stessi i propri interessi e i propri bisogni , ma avessero bisogno di essere accompagnati o messi sotto tutela da Legambiente.Â
Ora, fa piacere che Legambiente abbia delle idee. E’ legittimo che convochi gli imprenditori agricoli (usando il database dell’ente Parco). E’ utile (innanzitutto per Legambiente) che li ascolti. Ma è pura propaganda che ci si venda questa iniziativa pomposamente come “Gli stati generali della agricoltura vesuviana”, per di più ignorando sistematicamente persone e organizzazioni che rappresentano legittimamente e democraticamente gli interessi degli agricoltori. E ancora più scorretto è che Legambiente si arroghi il diritto, con comunicati e dichiarazioni, di parlare a nome degli agricoltori.Â
In 18 anni dalla istituzione del Parco nazionale del Vesuvio non ci risulta una sola iniziative seria, non di propaganda cioè, di Legambiente per l’agricoltura vesuviana. Eppure Raia è stato per 5 anni nel Consiglio direttivo. Eppure Legambiente ha sempre contato molto all’interno del Parco nazionale del Vesuvio.Â
Facciamo un altro esempio. Il Consiglio direttivo dell’ente Parco, prima di essere sciolto (contestualmente Leone è stato nominato Commissario) ha finalmente approvato il regolamento attuativo del Piano del Parco, ora all’attenzione del Ministero dell’ambiente. Ebbene non ci risulta che Legambiente abbia presentato richieste di emendamento a quel regolamento che conteneva rigidità incomprensibili e restrizioni assurde al lavoro degli agricoltori. Gli unici soggetti che hanno presentato degli emendamenti e che si sono battuti affinché fossero apportate delle modifiche sono stati il Consorzio di Tutela del pomodorino del piennolo del Vesuvio dop e il Movimento cittadini per il Parco che, in data 10 aprile 2014, hanno inviato alla Comunità del Parco, cioè all’insieme dei comuni del Parco, delle proposte di emendamento (vedi allegato), atteso che la Comunità doveva esprimere sul Regolamento un parere obbligatorio ma non vincolante.Â
Il merito
Pasquale Raia nel comunicato stampa seguito alla manifestazione ci informa che “Il Parco è l’unico  strumento a disposizione degli agricoltori per valorizzare le loro produzioni”. Si tratta ovviamente di una sciocchezza. Da molto prima che il Parco nascesse esiste una doc per il Lacryma Christi del Vesuvio, vino famoso e apprezzato nell’antichità prima che gli avi di Raia nascessero. Le albicocche del Vesuvio sino a 30 anni fa erano apprezzate in tutta Italia e garantivano ai coltivatori un buon reddito. Recentemente sono nate una IGP per la Catalanesca del Monte Somma e una DOP per il pomodorino del piennolo del Vesuvio. Quest’ultima dop ha dall’aprile del 2013 un Consorzio di Tutela. Vi è poi da più di dieci anni sul territorio un Presidio Slow Food per il pomodorino del piennolo del Vesuvio. Il Pomodorino del piennolo come pure il vino Catalanesca, si sono affermati negli ultimi 10 anni sul mercato nazionale e internazionale per merito pressoché esclusivo di alcune aziende pioniere, che hanno creato le condizioni perché altre aziende nascessero ovvero valorizzassero le proprie produzioni.Â
Certo, essere nel Parco potrebbe e dovrebbe rappresentare un ulteriore valore aggiunto per le aziende , ma questo, sino ad oggi, non è accaduto per il semplice motivo che il Parco non è mai decollato e mai come durante la Presidenza Leone, che, dal suo insediamento, flerta amorevolmente con Legambiente, il Parco è stato così distante dai bisogni degli agricoltori.Â
E’ evidente che se migliorasse l’immagine complessiva del Parco, se vi fosse maggiore tutela, se si mettesse fine agli sversamenti quotidiani della qualunque nelle pinete, negli alvei e lungo le stradine di campagna, se vi fosse una politica di promozione delle aree rurali del Parco, se si generassero importanti flussi di turismo rurale, eno gastronomico e naturalistico, tutto questo non potrebbe che giovare alla rinascita della agricoltura tradizionale invertendo la tendenza all’abbandono delle campagne.Â
E diciamo pure che non giova agli agricoltori del Parco la propensione di Raia e di alcuni suoi compagni di strada all’allarmismo, al sensazionalismo, al catastrofismo ingiustificato che tende ad equiparare il Parco nazionale del Vesuvio  alla Terra dei Fuochi, generando sfiducia e preoccupazione nei cittadini, quando sia l’entità che la natura dei problemi sono distinti e diversi in queste due aree della Campania. Lasciamo a chi legge la valutazione su chi e perché abbia interesse a queste forzature ed esagerazioni.Â
La Consulta
Legambiente propone la istituzione di una Consulta tecnica per l’agricoltura. Conveniamo con Legambiente sul fatto che occorra un luogo di incontro istituzionale, peraltro previsto dallo Statuto dell’ente Parco, a carattere consultivo, dove agricoltori, funzionari dell’ente Parco (che non ha in organico un agronomo), decisori politici, possano confrontarsi per analizzare problemi, trovare soluzioni, fare programmi, elaborare progetti e strategie. E’ indispensabile per il buon governo della cosa pubblica che chi ha responsabilità politiche e tecnico-amministrative si confronti con chi lavora sul campo e che meglio di chiunque altro può rappresentare i propri bisogni e i propri problemi, ma anche avanzare progetti e sottoporre idee.Â
Noi pensiamo inoltre che della Consulta per l’agricoltura debba far parte un rappresentante delle Consulta per la tutela dell’ambiente e un rappresentante della Consulta per il Turismo, in quanto lo sviluppo della agricoltura porta con sé la possibilità di un forte sviluppo del turismo rurale e naturalistico e viceversa lo sviluppo di un turismo sostenibile può contribuire allo sviluppo della agricoltura.
Tuttavia …
la proposta di istituire una consulta per l’agricoltura, è stata già  avanzata dagli agricoltori moltissimo tempo fa, addirittura durante la Presidenza Troiano, reiterando poi la richiesta sino allo sfinimento con la Presidenza Leone, mentre il Movimento cittadini per il Parco ha addirittura presentato formalmente all’ente Parco nel novembre del 2013  più proposte di regolamento (vedi allegato) per attivare le Consulte dell’agricoltura, del turismo, dell’ educazione ambientale e per la tutela dell’ambiente e dei beni culturali . Â
Ma sopratutto la richiesta oggi sbandierata ai quattro venti da Legambiente come l’uovo di Colombo appare fuori tempo massimo, in quanto Ugo Leone è già alla sua terza proroga e si spera che dopo le lezioni regionali finalmente avremo un nuovo Presidente e un nuovo Consiglio direttivo.Â
La Consulta, pertanto rimarrebbe in carica per pochi mesi, decadendo, come è normale, insieme al commissario uscente.Â
Ma se Leone vuole fare oggi da Commissario quello che non ha voluto fare in sei anni da Presidente (cioè approvare il regolamento e fare le nomine sotto dettatura di Legambiente), faccia pure.Â
Quindi, cari amici di Legambiente, che ci voglia una Consulta sui problemi dell’agricoltura non abbiamo bisogno che ce lo veniate a raccontare voi. E, sopratutto, ben venga all’interno di questa Consulta la partecipazione degli ambientalisti (ma anche di rappresentanti degli operatori del turismo ), ma è ovvio che in essa dovranno avere voce sopratutto gli agricoltori.Â
Parimenti, considerato il ruolo universalmente riconosciuto alla agricoltura tradizionale per la tutela e la conservazione dell’ambiente, è altrettanto ovvio che all’interno della Consulta sui temi della tutela dell’ambiente (dove auspicabilmente troveranno spazio  tutte le associazioni ambientaliste), sia utile e necessaria una presenza degli agricoltori.Â
Fa piacere comunque che Legambiente si apra ad un nuovo modello di governance democratica dei Parchi (ma forse stiamo forzando un po’ troppo la interpretazione), rinunciando a considerarli, come fa spesso, una riserva indiana all’interno della quale allevare la propria classe dirigente ovvero come un ufficio di collocamento per i propri adepti.Â
Le altre proposte di Legambiente:
recupero delle terre incolte.Â
marchio collettivo del Parco.Â
20% di produzione biologica entro il territorio del Parco.Â
azioni concrete per frenare il consumo di suolo e tutelare la biodiversità , anche agro- alimentare.Â
promuovere l’approccio Leader per valorizzare il settore agricolo, “pur non essendo questo un territorio compreso in questa strategia”.Â
avanzare una proposta di valorizzazione territoriale per Expo 2015
Ora, premesso che per il momento siamo ai titoli, anche i titoli sono sbagliati.
Chiedere per esempio un marchio collettivo per i prodotti del Parco è pura demagogia. Innanzitutto un marchio del Parco esiste già , ma esso non viene più rilasciato a nuove aziende da anni perché la legislazione comunitaria in materia di denominazioni di origine (il marchio del Parco sarebbe una certificazione di origine) proibisce agli enti Parco di rilasciare marchi. D’altra parte gli enti Parco non sono degli organismi di certificazione e non hanno gli strumenti tecnici e operativi per verificare se il tal prodotto sia stato effettivamente prodotto nel Parco e da chi ed eventualmente secondo quale disciplinare di produzione. Dal punto di vista del marketing poi non serve a molto proporre un marchio collettivo se l’immagine del territorio è offuscata o grigia.
Il recupero delle terre incolte. E chi non è d’accordo?
Il 20% di produzione biologica nel territorio del Parco. Obiettivo poco ambizioso. Noi proponiamo di puntare al 70% della produzione totale ottenuta secondo il modo di produzione cosiddetto della agricoltura integrata (con un uso parziale e ragionato della chimica, escludendo fitofarmaci appartenenti alle classi più elevate di tossicità ). Ma dare cifre così non ha senso. Alcune colture vesuviane possono essere condotte più facilmente in bio, altre no e richiedono un uso razionale e limitato della chimica. In generale, per promuovere le tecniche di agricoltura sostenibile (sia biologica che integrata), occorre offrire agli agricoltori formazione e assistenza tecnica.Â
Azioni concrete per fermare il consumo di suolo ecc. L’azione concreta, oltre quella naturalmente di reprimere l’abusivismo edilizio, è quella di sostenere l’agricoltura e le produzioni tipiche.
Su approccio Leader ed Expo 2015, diciamo solo che ci accontenteremmo di un programma serio di promozione delle aree rurali del Parco e delle sue produzioni agricole e agro-alimentari, con un calendario di eventi da svilupparsi nell’arco dell’anno legato alla stagionalità delle produzioni e delle lavorazioni agricole, anziché i soliti eventi “una tantum” che non sortiscono nessun effetto. Meno degustazioni, più cultura e portare i cittadini in campagna  e nei luoghi di produzione. Questo è quello che occorre fare (stiamo lavorando ad un progetto che va in questa direzione per la IV edizione di Girando intorno al Vesuvio, si chiamerà  il Parco agricolo)
Il ruolo
In conclusione siamo di fronte ad una serie di non proposte ovvero proposte in parte risibili e improbabili, in parte scontate e ovvie, in parte demagogiche, vuote e prive di significato.Â
L’unica cosa certa è che Legambiente pretende di parlare a nome degli agricoltori, suppone di conoscerne i bisogni e si propone come “mediatrice” tra gli agricoltori e l’ente Parco.Â
Un ultima considerazione sulla candidatura di Pasquale Raia alla Presidenza dell’ente Parco.
Abbiamo già detto abbastanza a proposito del Raia pensiero su agricoltura e inquinamento sul Vesuvio. Osserviamo che in tanti anni Raia sia da responsabile del circolo di Ottaviano che da responsabile Legambiente per le aree protette della Campania che, infine, da membro del Consiglio direttivo dell’ente, non ha inciso punto nel miglioramento della gestione del Parco nazionale del Vesuvio cui pure ha partecipato. Non si ricordano iniziative efficaci che abbiano lasciato una traccia positiva riconducibili al candidato di Legambiente.
Sul metodo della candidatura  osserviamo invece che altri sono stati candidati alla Presidenza dell’ente Parco (ovvero segnalati alla attenzione del Ministro) da 36 associazioni dei comuni del Parco nonché da Confagricoltura Campania e dalla Confederazione italiana agricoltori (CIA) della Campania, alla luce del sole, presentando un progetto ed un programma. Con Raia non c’è un progetto, non c’è un programma e ci si muove di sbieco affidandosi esclusivamente alla forza politica di una associazione nazionale e dei suoi referenti parlamentari.Â
Si salvi chi può. Ci salvi chi può.
Il coordinamento di cittadini per il Parco
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