IMMACOLATA: LA BELLEZZA SALVERÀ IL MONDO!
 a cura di Don Franco Galeone
Occorre uno sguardo completo alla storia della salvezza per dare la giusta collocazione a Maria. Questa figura di madre non è comÂprensibile se la isoliamo dalla sua concretezza di donna ebrea, vissuta a Nazaret duemila anni fa. Se si deve parlare della donna coronata di stelle, tutta santa, assunta in cielo, bisogna anche ricordare la fanciulÂla di Nazaret, donna di lavoro e donna di fede. È  necessario evitare di presentare solo i privilegi della Vergine. Sarebbe un errore mettere la VergiÂne su di un piedistallo troppo alto e isolato. Viene annullato il suo mesÂsaggio se, a forza di ammirarla, la allontaniamo dalla stirpe di Adamo, dal popolo dell’Alleanza. Maria non è una dea né una donna divina né una superdonna: è una madre e come ogni madre desidera avere figli che le somiglino. Se non ci auguriamo di somigliare alla Madre, praticamenÂte rinneghiamo la sua maternità . Una madre ha molta pazienza, una madre è instancabile e, con i figli ritardati o difficili, essa è più madre.
La maternità non è un onore ma una responsabilità . Non pensiaÂmo a Maria come a una regina tanto inaccessibile da riuscirci inimiÂtabile: essa invece è un esempio quotidiano. Certo, Maria ha avuto il privilegio dell’Immacolata Concezione. Vuol dire che è stata concepiÂta battezzata. È con il battesimo che Dio concede a noi la stessa grazia. Non ha avuto il peccato originale. Neppure noi lo abbiamo più. Non è staÂta esente dalla sofferenza e dalla morte: come noi. È stata assunta in cielo: questo significa che Maria è la primizia, l’annuncio di quello che riguarda tutti. I nostri corpi sono destinati alla vita eterna. PenÂsare a Maria come fidanzata, come moglie, come madre, come vedoÂva, in cammino nel buio luminoso della fede, sorretta da una grande speranza, non è facile. Maria, infatti, ha duemila anni di storia. Santi, poeti, artisti ne sono rimasti tanto affascinati fino a idealizzarla, stiÂlizzarla, divinizzarla: divenuta una dea, naturalmente non ha più senÂso per l’uomo.
Dal vangelo emerge una donna pienamente inserita nella vita e nella storia: per questo dico che solo una madre – e una madre che abbia visto morire suo figlio! – può comprendere in pieno la vita e il messaggio di Maria. Maria è vissuta in terra di Nazaret. I suoi gesti, i suoi pensieri soggiornaÂvano nel perimetro del concreto. Anche se l’estasi era un’esperienza frequente, Maria era lontana dalle astrattezze dei visionari, dalle evaÂsioni degli scontenti, dalle fughe degli illusionisti: conservava il domiÂcilio nel terribile quotidiano. Se sottolineo questa «ferialità » in Maria, se per un attimo tolgo l’aureola e spengo i riflettori, è per vedere quanto è bella Maria a capo scoperto; è per misurare meglio l’onnipotenza di Dio. All’interÂno della casa di Nazaret, tra pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana e rotoli della Scrittura, Maria ha vissuto gioie senÂza malizia, amarezze senza disperazioni, partenze senza ritorni. Festa dell’Immacolata: non un giorno per fare festa, ma una festa per rifletÂtere su una donna uguale e diversa da tutte le altre. E imitarla, perÂché la vera devozione è quella che porta all’imitazione.
Maria doveva essere bellissima. Non parlo solo della sua anima, che, senza l’ombra del peccato, era limpida al punto tale che Dio vi si specchiava come le bianche cime delle Alpi si riflettono nella traspaÂrenza del lago. Parlo anche del suo corpo. Nel vangelo c’è una parola greca molto importante, carica di significati miÂsteriosi, ancora non del tutto esplicitati. È la parola dell’angelo quanÂdo saluta Maria: «Kekaritomène» la cui traduzione è: «piena di grazia». Si poÂtrebbe tradurre con «graziosissima» alludendo anche allo splendore del suo volto e del suo corpo. Il Signore ha disseminato la bellezza qua e là sulla terra perché noi, viandanti grossolani, sentiamo nostalgia del cielo. La fa risplendere nella maestà delle vette innevate, nell’assorto silenzio. Purtroppo, la bellezza dura poco nelle nostre mani rapaci, sfiorisce sotto i nostri ingordi contatti, si dissecca al soffio maligno delle nostre cupidigie, si inquina sotto l’urto della nostra lussuria. Il vuoto strugÂgente che è in noi, anziché avvertirlo come destinato alla felicità , lo avvertiamo invece come una ferita che curiamo con i peggiori surroÂgati del piacere, i devastanti succedanei del vizio.
Viviamo una stagione crepuscolare. Però, in questa camera buia della ragione, c’è ancora una luce che potrà impressionare la pellicoÂla dell’esistenza: la luce della bellezza. Oggi, sembra impossibiÂle che Maria Immacolata possa entrare nel contesto della nostra società ferita e degradata, attenta solo all’utile, alla gratificazione immediata, all’erotismo contrabbandato per amore, al tornaconto individuale scambiato per benessere. L’Immacolata può liberarci dal nostro spirito rozzo, può restituirci il desiderio di incontaminate traÂsparenze. La bellezza salverà il mondo!