IL SEGNO DI GIONA
di Raffaele Cardillo
Una generazione, perversa e adultera, pretende un segno ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona ossia l’appello che questi fece al popolo assiro invitandolo alla conversione dietro mandato del Cristo, questo è lo incipit della vicenda del profeta che si può configurare come il preannuncio della Parusia, in altre parole il ritorno di Gesù Cristo sulla terra volto a inaugurare, dopo l’Ascensione, una nuova era messianica.
In senso traslato come Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del cetaceo, così il Figlio dell’Uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della terra, da qui il segno, il miracolo!
Accostamenti e analogie pervadono il racconto biblico, rievocando in maniera magistrale, il parallelismo tra le peripezie del nostro protagonista e le amare vicissitudini del Salvatore.
Un mirabile quadro d’assieme che invita alla lettura e appaga la nostra voglia di misticismo.
Il Signore si rivolse a Giona invitandolo a recarsi a Ninive per far desistere i suoi abitanti, da comportamenti indecorosi e non in linea con i comandamenti divini.
Giona disattese tale invito, forse perché si riteneva indegno e non all’altezza del compito, e fuggì a Tarsis ove s’imbarcò su una nave.
Durante il tragitto vi fu una gigantesca tempesta, la risposta di Dio al rifiuto del profeta, l’imbarcazione sembrava correre il serio rischio di un naufragio con grande preoccupazione dell’equipaggio che, implorava Dio acché si astenesse da tale terribile castigo, intanto ogni membro della ciurma s’interrogava di chi potesse essere la colpa di tale terribile accadimento, nel mentre Giona dormiva profondamente in un angolo della stiva, incurante dell’incalzante procella.
Tutto ciò desta sospetto nei membri del naviglio e ne chiesero, naturalmente, spiegazione, al che il nostro “eroe†gli fornì tutti i dettagli riconoscendo la sua colpa.
I marinai allora decisero di buttarlo in mare, convinti di poter placare le ire del Signore.
Come per miracolo le acque si calmarono, intanto Giona fu inghiottito da una balena e vi rimase tre giorni e tre notti, contestualmente continuava a pregare Dio affinché gli restituisse la vita che, nella Sua longanimità prontamente soddisfece, rinnovandogli l’invito a recarsi a Ninive per far desistere, gli abitanti, dai loro innaturali comportamenti che offendevano le linee guida tracciate dal Creatore, pena, entro quaranta giorni, la distruzione della città .
Gli Assiri recepirono prontamente il messaggio, vestendo, in segno di penitenza, il sacco e osservarono uno stretto digiuno.
Tali azioni di pentimento ebbero il successo sperato e tutto si ricompose nel migliore dei modi.
Questa misericordia divina non fu gradita a Giona, da qui la sua riottosità a recarsi nella città assira, motivazioni inquietanti sono alla base di quest’atteggiamento, cioè la viscerale avversione per tutti i nemici degli ebrei che, si ritengono un popolo eletto e l’unico depositario dei privilegi dell’Altissimo, una gestione monopolistica ante litteram.
Un sentimento che noi contestiamo, poiché noi crediamo che il Dio di Abramo voglia parlare a tutti gli uomini ed essere considerato l’Interlocutore di tutta l’Umanità .
E’ risibile la testardaggine di Giona che si confronta con la bontà divina, un modo di porsi fuori dalle regole, che evidenzia l’inveterata avversione di tutti quelli che si ammantano di prerogative e ritengono prodotti spuri chi non faccia parte del loro entourage.
La clemenza divina raggiunge la sua acme, quando offre a Giona l’albero di ricino per ristorarlo e, successivamente glielo toglie per convincerlo e dimostrare che la sua ingenerosità e il suo sdegno sono inopportuni, ritenendo i Niniviti degni d’indulgenza e quindi meritevoli delle provvidenze divine.
Se è consentito un parallelo, riteniamo che il rifiuto di Giona possa equipararsi a coloro che, pur chiamati da Dio alla vocazione sacerdotale, desistono perché attratti dalle facili e allettanti tentazioni terrene, disattendo un precetto e mettendo a tacere le note deliziose dell’Onnipotente.
Noi riteniamo che questi prescelti dal Signore che hanno opposto,“il gran rifiutoâ€, di dantesca memoria, saranno alla fine illuminati dalla Grazia che opererà in loro la necessaria Conversione riconciliandoli con l’Onnisciente.