Il peccato? Un inferno da cui ci libera Dio Padre
IV Domenica di Quaresima “Laetare†(C) – 27 marzo 2022
1) La domenica “del figliol prodigoâ€. La più bella di tutte le parabole del Vangelo. Fin dai primi tempi della chiesa, è stata studiata, commentata e ha suggerito spunti a tanti artisti. Purtroppo, spesso è spiegata male, cominciando dal titolo tradizionale “il figliol prodigoâ€, che mette in risalto il figlio e non il padre. Invece, il vero protagonista è il padre. I tedeschi spiegano meglio la parabola quando parlano del figlio “perduto†(der verlorene Sohn). In effetti, Luca racconta questa parabola nel cap. 15, dedicato a spiegare come si comporta Dio con chi si perde: pecora perduta, moneta perduta, questo tuo fratello perduto è stato ritrovato (Lc 15,32). Molto meglio sarebbe il titolo: “La parabola del padre misericordioso†o “La parabola del figlio ritrovatoâ€.
2) Mi auguro che un fremito di gioia abbia preso tutti noi, ascoltando questa pagina. È la parabola dell’amore paterno, un gioiello di letteratura universale, uno spaccato di vita familiare, una nuova edizione di Caino e Abele. Colpito da questa parabola, Papini ha detto che nessuna storia è stata detta da bocca umana più bella di questa. La parabola ha tre personaggi; il personaggio più sorprendente è il padre, che soffre, tace, spera, ama; sembra persino un debole, un incapace di opporsi alla scelta del figlio minore. Eppure, il figlio minore imparerà , a sue spese, che poteva sempre e comunque ritornare a casa, accolto dal padre. In filigrana, controluce, appare il cuore di Dio sempre generoso nel perdono; c’è la paziente bontà di ogni sacerdote che deve confessare e perdonare. Nel figlio ribelle ci siamo tutti noi con le nostre illusioni, le nostre delusioni. Nel figlio maggiore c’è il nostro rigorismo, il nostro perbenismo, il nostro orgoglio.
3) Con questa parabola, Gesù si rivolge non ai ‘peccatori’ ma a ‘loro’, ai farisei e agli scribi; sono loro a essere in pericolo perché non hanno capito che Dio ama tutti gratuitamente e davanti a lui non si possono accampare meriti. Veniamo alla parabola:
> Dammi la parte del patrimonio che mi spetta. Perché il figlio minore decide di abbandonare la casa paterna? La prima ragione è che egli vede nel padre una specie di tiranno che impone la sua volontà e non permette di fare quello che si vuole. Gli anni della giovinezza sono pochi, si corre il pericolo di perdere le migliori occasioni per godersi la vita: «Su, non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera, coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano» (Sap 2,5). Il saggio Siracide sconsiglia di aderire alla richiesta dei figli: «Solo al momento della morte assegna la tua eredità » (Sir 33,20). Ma il padre della parabola non oppone alcuna resistenza. Sembra un padre debole! Senza dire una parola divide le sue sostanze tra i suoi due figli. Questo comportamento del padre indica il rispetto di Dio nei confronti delle scelte dell’uomo. Anche se sbagliate!
> Partì per un paese lontano. Rompe con la sua famiglia, con il suo popolo, con le tradizioni religiose della sua terra e va a stabilirsi fra i pagani, allevatori di porci, gli animali impuri per eccellenza (Lv 11,7). Dicevano i rabbini: «È maledetto l’uomo che alleva porci!».
> Allora rientrò in se stesso. Ma era davvero pentito? La risposta a questa domanda è di capitale importanza per la comprensione della parabola. Se leggiamo attentamente i vv.17-19, notiamo che la preoccupazione del giovane non è il dolore arrecato al padre, ma la fame. Non c’è alcun indizio che deponga a favore di un suo pentimento.
> Il padre … A questo punto ritorna in scena il padre: non dice una parola; la sua reazione di fronte al figlio ribelle è descritta con cinque verbi che sono tra i più belli di tutta la Bibbia: a) Lo vide da lontano. Lo vede per primo perché da sempre lo sta aspettando; b) Si sentì sconvolgere le viscere. Il verbo greco á¼ÏƒÏ€Î»Î±Î³Ï‡Î½Î¯ÏƒÎ¸Î· (esplaghnìsthe) indica una commozione così intensa e profonda da essere percepita anche fisicamente nelle «viscere». Nel Nuovo Testamento questo verbo compare solo nei Vangeli (dodici volte) ed è sempre riferito a Dio o a Gesù, come a dire che soltanto Dio è capace di provare questa forma di amore; c) Si mise a correre. Un gesto istintivo, ma incauto da parte di un vecchio; a questo padre l’emozione ha chiaramente fatto perdere il controllo delle reazioni. d) Gli si gettò al collo. Letteralmente: cadde sul suo collo (á¼Ï€Îπεσεν/epèpesen) che è molto di più che abbracciare. e) E non smetteva di baciarlo: κατεφίλησεν αá½Ï„όν (katefìlesen autòn). Non è il tradizionale bacio di saluto ma il segno del perdono. Il padre non permette al figlio di inginocchiarsi!
> Quando sta per dire «trattami come uno dei tuoi garzoni», il padre comincia a dare ordini (vv.21-22). Le sue disposizioni hanno tutte un significato simbolico: a) Al figlio deve essere consegnata una veste lunga, la migliore, quella usata per le feste; b) L’anello al dito. Non è l’anello coniugale, ma quello con il sigillo. Al giovane viene ridata l’autorità sui servi e il potere sui beni del padre; c) I sandali ai piedi sono il segno dell’uomo libero. Gli schiavi andavano scalzi. Nella sua casa Dio non vuole servi, ma gente libera (Gv 15,15). Per questo ordina che gli sia consegnata la veste lunga, non quella corta, usata dai servitori nei giorni feriali; d) La festa si conclude in modo scandaloso: Dio organizza un banchetto per chi non lo merita, introduce nella sua festa senza verificare se sono pentiti. Li abbraccia senza porre loro alcuna domanda.
4) È questa la novità sconvolgente. Se Dio accogliesse i peccatori pentiti non susciterebbe alcuna reazione. Anche gli scribi e i farisei perdonano a chi riconosce di avere sbagliato. La loro irritazione nasce dal fatto che Gesù è amico dei pubblicani che continuano a fare il loro mestiere. Dio ci fa comprendere i suoi sentimenti: egli non ama solo i giusti e i peccatori pentiti; vuole bene a tutti, sempre e senza condizioni. Egli non ci dice di amare i nemici che ci chiedono scusa, ma di fare loro del bene anche se continuano a perseguitarci. Egli ce ne dà l’esempio: fa sorgere il suo sole sui giusti e sui malvagi, anche se questi non sono pentiti! (Mt 5,44).
5) È inevitabile che, di fronte a questa gratuità dell’amore di Dio, sorga una domanda: se Dio vuole bene anche ai malvagi, perché sforzarsi di comportarsi bene? Per rispondere a questo interrogativo Gesù, nella seconda parte della parabola (vv. 25-32), introduce il figlio maggiore. Arriva dai campi, sfinito, e trova la sorpresa: una festa, musiche, danze… Non è stato né invitato né avvisato. Chiama uno dei servi e si informa su ciò che sta accadendo. Il testo originale ha il verbo all’imperfetto (si informava) che indica un’azione prolungata. La sua ira è più che giustificata: si trova di fronte a una palese ingiustizia. È un giovane senza grilli per la testa, ma anche senza fantasia e soprattutto senza cuore. Il suo Dio è secondo le sue misure, è diventato l’uomo dell’ordine, un giovane già invecchiato. Se riflettiamo, è più difficile da recuperare il fratello “per beneâ€. Il minore ha sciupato il denaro, ma il maggiore ha perso ogni ideale, ha raggiunto la saggezza dei vecchi: il pessimismo! Vi possono essere colpe felici come virtù stupide.
6) Il figlio maggiore è entrato alla festa. Uno come lui non può restare fuori: è troppo abituato a obbedire, è incapace di opporsi a un desiderio del padre. Vive in tensione perché non riesce ad accettare la novità . Continuerà «ad andare in chiesa», «non perderà una messa», ma criticherà sempre duramente quei predicatori che parlano della gratuità dell’amore di Dio, della salvezza di tutti gli uomini, dell’inferno vuoto… “Cominciarono a fare festa†– dice il testo – non “fecero festa†(v.24), perché ogni volta che uno dei figli esce, la festa si interrompe. Sarà definitiva e senza fine solo quando la porta sarà chiusa e tutti, proprio tutti i figli, saranno in casa. Buona vita!
השּ××¨×©×™× ×”×§Ö¼×“×©×™× Le Sante Radici Per contatti: francescogaleone@libero.it