Il mito e il tempo

di Vittorio Russo
I miti sono il modo per ricordare che la natura fissa i suoi equilibri indifferente alle nostre regole logiche, ai nostri valori cosiddetti morali, alle nostre speranze, alle nostre credenze. Mito è racconto. Racconto sacro. Il racconto è dei vecchi. E che cosa è più sacro se non il raccontare dei vecchi? Mito ha pure nella sua radice sanscrita una M che rimanda al senso di “non suono”. Mistero ha a che vedere con Mito e Mistero, nell’accezione classica delle ritualità che non si svelano, implicava il silenzio sui cerimoniali di culto. Da qui il sostantivo Muto…

Ma io ce l’ho con i vecchi. Non vogliatemene. Scienza vuole che essi possano solo insegnare quello che hanno appreso in tempi lontani (se hanno buona memoria e se hanno studiato con giudizio). Non potranno mai dirti qualcosa di nuovo. Potranno parlarti di filosofia, che non equivale a sapere ma solo a educare al sapere e alla riflessione. A inventare, a scoprire, a immaginare non sono i vecchi (purtroppo per me, semivecchio), sono i giovani, ai quali guardo con affettuosa invidia. Sono essi che hanno qualcosa da dire. Le grandiose scoperte attuali e prossime le fanno e le faranno i ragazzi di Bangalore, di Canton e di Silicon Valley. Da vecchio puoi solo mettere ordine in quello che hai pensato da giovane. Tutto il resto è deriva. La propria genialità Einstein l’ha espressa prima dei suoi 25 anni. Così tutti i grandi pensatori, inventori e scompaginatori di conoscenze. Leggi: Galois, Leopardi, Rimbaud, Leonardo, Chopin, Turing, Zuckenberg, Saverin, Mozart, Bellini, Alessandro Magno, Priscilla Chan e perfino Pinocchio…

La medaglia Fields, che è l’equivalente del premio Nobel per la matematica, viene attribuita ai matematici che non hanno superato i 40 anni. E preferibilmente ne abbiano meno di 30. Vorrà pur dire qualcosa!
I vecchi sono il senso del mito. E del mito sono la saggezza. È vero? Non sempre. È vero solo quando prendono coscienza che sapere è rendersi conto del loro infinito non sapere. Per il resto, e nella maggioranza dei casi, la vecchiaia è esibizione, soliloquio della presunzione, egolalia. È spesso il bisogno di una visibilità che è svanita irreversibilmente. Molti tentano di ravvivarla attraverso la rievocazione del proprio passato ritenuto, ahimè con quanta presunzione, sempre degno di memoria. Ma quasi sempre è un racconto che stanca chi ascolta. Perché annoia chi parla di sé dimenticando, come ricordava Lamartine, che IO è il più odioso dei pronomi personali. Anche quando questa esibizione è vistosamente percepita, chi racconta non demorde. Perché è vittima di quel narcisismo che è bisogno irrinunciabile di centralità in un’età dove l’identità si appanna se non ha meriti riconosciuti.
Mi preoccupo sempre un po’ quando ascolto che comincia col dire: “Mi ricordo…â€. Vuol dire che non ha nulla da dirti di nuovo del mondo, del tempo, del futuro. Perciò parla del passato. Il SUO passato, che è sempre migliore del presente. La vecchiaia è purtroppo malattia (“senectus ipsa est morbusâ€, scriveva un commediografo romano di 22 secoli fa) è perciò età di vertiginose stravaganze. Se non si vuol essere vittima di questo limite occorre fuggire dai propri anni, mettere vento nei capelli, petasi al cappello e talari ai talloni. Occorre correre, sradicarsi, vedersi dall’esterno, lontani dalle radici e volare via, paradossalmente lontani anche da questo “sasso che ruota intorno al sole al quale siamo aggrappati.â€
Sono maniacalmente pragmatico e ottimista. Ho parlato di vecchiaia senza dire la mia età . Non mi mimetizzo per sfuggire alle considerazioni fatte sopra. E tuttavia non mi dispiace pensare che oggi questa vecchiaia non appartiene a un’età . Neanche approssimativa. Appartiene a un tempo elastico. Perciò, diciamo grazie ai giovani ingegni indiani e cinesi dell’imminente futuro. Non renderanno un grande servizio all’equilibrio del Pianeta e all’economia della specie, ma saranno essi i prossimi scopritori di farmaci che allungheranno la vita in età impensabili. Resta da vedere se è più opportuno allungare la vita in maniera sterile o, come diceva De Crescenzo, allargarla.
Si confortino ad ogni buon conto i prossimi anagraficamente “vecchi†perché presto (molto presto) non sapranno quando avrà veramente inizio la loro vecchiaia!