GRAZZANISE: DON GIOVANNI CORCIONE: ATTENTI AI FUOCHI PIROTECNICI!

                       GRAZZANISE Il saluto del sindaco Gravante al parroco don CorcioneFuochi bianchi        Ricominciare dal bum bum e riscoprire il vero significato religioso delle processioni

 

                          Intesa siglata col sindaco Gravante e coi Comitati per i festeggiamenti patronali

 

GRAZZANISE (Raffaele Raimondo) – Ricominciare dal bum bum e riscoprire il vero significato religioso delle processioni: tal è il senso dell’avviso che don Giovanni Corcione, parroco in San Giovanni Battista, sta ripetendo ai fedeli da un paio di domeniche a questa parte.  Con la dolcezza comunicativa che lo distingue, il sacerdote dal “passo felpato”, ma ben determinato, ha riaperto in sostanza il discorso sui cortei che a Grazzanise si snodano il 29 agosto e l’8 settembre.

Discorso da affrontare con paterno tatto, giacché, se imposto d’imperio, rischierebbe di sortire effetti indesiderati. E don Giovanni lo sa. Al punto che le lagnanze già manifestate da qualcuno a tre vescovi in successione (Diligenza-Schettino-Visco) lo trovano pronto ad una gradualità modificativa, ma nient’affatto …invasiva. E, dunque, qual è l’avviso? Ecco detto: Il sindaco Gravante, il parroco e i comitati per i festeggiamenti patronali, d’intesa raccomandano ai concittadini 1)di usare esclusivamente fuochi col marchio CE (Caserta-Empoli) perché controllati; 2)di dar fuoco alle micce prima che passi la processione; 3)di incaricare a farlo soltanto persone qualificate. Dunque è facile ricordare e soprattutto rispettare queste tre regole d’oro. Siamo certi che il messaggio stia circolando e qui contribuiamo a diffonderlo, affinché – per la tutela della sicurezza in generale e per l’incolumità di tutti – sia osservato e fatto osservare …anche in assenza della polizia municipale.

Forse alcune delle persone che, con atavico trasporto, amano far sparare “batterie” o “bombe in aria” nel corso delle liturgie sacre non sanno che “la storia dei fuochi ha origini lontane, con molta probabilità fu un monaco cinese che nell’ottavo secolo inventò il primo miscuglio di polveri esplosive. I cinesi costruivano razzi da guerra ed esplosivi fin dal VI secolo, e le tecniche che essi utilizzavano si diffusero in Arabia nel secolo successivo. Alcuni storici sostengono che la polvere da sparo fosse usata in Cina dalla dinastia Sung (960-1279), e varie cronache cinesi fanno menzione dell’uso di razzi contro gli invasori mongoli nel 1279. Generalmente vi è pieno accordo sul fatto che siano stati i mongoli a introdurre la polvere da sparo in Europa, intorno al 1241. La prima testimonianza autorevole dell’uso di questa sostanza risale comunque al 1258. Le armi e la polvere da sparo erano fabbricati da esperti militari, che producevano anche i fuochi artificiali per le celebrazioni delle vittorie o per le manifestazioni in tempo di pace. Verso la metà del XIX secolo i fuochi d’artificio divennero popolari in tutto il mondo, tuttavia i danni associati al loro uso ne hanno scoraggiato un impiego non controllato” (http://www.artenelcielo.it/curiosit%E0.htm).

Inoltre, Elpidio Pezzella narra che “La rivista Popular Mechanics spiega che i fuochi d’artificio furono “inventati dai cinesi per scacciare i demoni”, mentre Howard V. Harper scrive: “Sin dall’antichità i pagani portavano fiaccole e accendevano falò in occasione delle loro grandi feste religiose. Fu quindi naturale aggiungere alle feste le spettacolari luci colorate e in movimento dei fuochi d’artificio” (Days and Customs of All Faiths). La cristianità cattolica attribuisce una patrona protettrice agli artificieri. Si tratta di Santa Barbara, che fu rinchiusa dal padre in una torre e poi uccisa per essere diventata cristiana. Egli fu incenerito da un fulmine, e fu così che S. Barbara divenne la patrona di coloro che fabbricano e usano armi da fuoco e fuochi d’artificio. La realtà è che dietro c’è un business importante, basti considerare che un minuto di giochi pirotecnici costa dai 200 ai 300 euro”.

Infine, Luciana Esposito spiega che la camorra “spara i fuochi d’artificio per dissipare in cielo diversi messaggi. I fuochi d’artificio, così come le stese, rappresentano uno dei capisaldi più consolidati nell’ambito del linguaggio in codice dei clan.    (…)Le piazze di spaccio, tra centro storico e periferie, sempre più spesso sono illuminate dai bagliori dei fuochi d’artificio. L’arrivo di una partita di droga importante viene sottolineato dall’esplosione dei “botti di Capodanno”. Da una recente indagine investigativa è emerso che le micce delle batterie pirotecniche vengono innescate dagli spacciatori che per primi ultimano la partita di droga. Un messaggio esplicito per i fornitori, affinché provvedano a rifornire la piazza quanto prima per non lasciarla “scoperta”, al quale si addiziona la compiaciuta gioia generata dalla vendita di tutta la “roba” che ha portato in tempi brevi al guadagno di laute somme di denaro”.

Almeno un lettore dirà: Perbacco, quante storie per un semplice avviso in chiesa! Così replichiamo: Sì, in quanto proprio avendo accennato a queste storie abbiano noi stessi compreso meglio cosa c’è o può esserci dietro “pigliate” varie. Cos’è la “pigliata”? Abbiamo ri-guardato in Internet ed imparato che si tratta di una “sequenza composta da “sfunno“, intreccio, controbomba, bomba (o)scura”. E, appunto meditando su questa ancestrale sequenza, abbiamo ritenuto di non aver perso tempo: la nostra (e fors’anche altrui) consapevolezza lo ha(nno) meritato

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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