Grazie al gallerista Giovanni Vinciguerra a Bellona si inaugura la mostra di un artista che ha segnato l’Arte a Napoli

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Carmine Di Ruggiero: Pitture

 

Sabato 20 giugno, alle ore 18:30, nella galleria Arte Vinciguerra di Bellona, via Regina Elena n.57, si inaugura la mostra di Carmine Di Ruggiero, artista napoletano che ha segnato l’Arte a Napoli dalla metà degli anni cinquanta; l’esposizione, voluta fortemente dal direttore della galleria Giovanni Vinciguerra, sarà presentata dal critico d’Arte Carlo Roberto Sciascia.

Carmine Di Ruggiero, allievo di Emilio Notte quando frequentava l’Accademia di Belle Arti di Napoli, nel 1953 e nel 1956 è premiato agli “Incontri per la gioventù”, nel 1956 al “Premio Cesenatico”, nel 1959 e nel 1961 gli viene assegnato il Premio Spoleto; nel 1964 è invitato con un gruppo di opere alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. È stato titolare della cattedra di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e direttore delle Accademie di Belle Arti di Catanzaro e di Napoli.

Figlio del disagio e dell’inquietudine degli anni Sessanta che condivise la richiesta di rinnovamento dell’Arte di quegli anni ed intraprese un discorso nuovo, si addentra in un campo che lo spinge verso un’analisi informale con il rifiuto della realtà esterna come modello d’arte e con la convinzione dell’importanza della “realtà interiore”, posta al centro di ogni suo interesse. Ne consegue che l’artista entra in risonanza con il proprio io ed è proprio ciò a suggerirgli in ogni sua opera l’intensità ed il timbro dei cromatismi, il ritmo dei segni, il grado di addensamento della materia, il tutto senza la mediazione di elementi naturalistici e di qualsivoglia simbolo. La ricerca informale e, in un determinato periodo della sua espressività, astratta e geometrica di Di Ruggiero si sviluppano in una fusione di irrazionalità e razionalità che si avvale di elementi scaturenti dalle suggestioni e propone una realtà che,trascendendo la stessa materia, si evolve verso un’espressività spirituale percepita con rigore più assoluto nelle stesse immagini cromatiche dall’essenza conturbante in continuo rapporto percettivo con la sua psicologia.

In occasione della cerimonia di inaugurazione, alla quale interverrà l’artista, è stato edito un catalogo con prefazione di Giovanni Vinciguerra e testo critico di Carlo Roberto Sciascia dal titolo “Il mondo intimo di Carmine Di Ruggiero tra la ricerca della purezza assoluta e la consapevolezza della percettibile contaminazione del reale”.

La mostra resterà aperta fino al 26 luglio 2015 tutti i giorrni con il seguente orario: 10:00 – 13:00, 17:00 – 20:00 e su appuntamento (tel. 0823/96 51 36 – 333/71 61 004); lunedì chiusa.

 

Il suo percorso artistico è stato seguito inizialmente da Oreste Ferrari, in seguito da critici del calibro di Andrea Emiliani, Lea Vergine, Filiberto Menna, Achille Bonito Oliva, Gillo Dorfles, Luciano Caruso, Enrico Crispolti, Luigi P. Finizio, Angelo Trimarco, Vitaliano Corbi, Ela Caroli, Marco Meneguzzo, Giorgio Segato. Sue opere si trovano a Roma presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, a Napoli presso il Museo di Capodimonte, la Galleria dell’Accademia di Belle Arti, la Quadreria dell’Istituto d’Arte Filippo Palizzi, l’Università Suor Orsola Benincasa, presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, il Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea di Torino, la Galleria d’Arte Moderna di Spoleto, il Museo d’Arte Contemporanea di Chamalieres (Clermond-Ferrand), la Fondazione F.P. Michetti di Francavilla al Mare, la Pinacoteca d’Arte Contemporanea di Sulmona, il Museo d’Arte Contemporanea dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, la Galleria d’Arte Contemporanea di Marsala, il MAON (Museo d’Arte Ottocento – Novecento) di Rende, il Museo Comunale di Potenza, il Museo Epicentro di Gala di Barcellona.

 

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Il mondo intimo di Carmine Di Ruggiero tra la ricerca della purezza assoluta e la consapevolezza della percettibile contaminazione del reale

 

di Carlo Roberrto Sciascia

 

Carmine Di Ruggiero, figlio del disagio e dell’inquietudine degli anni Sessanta che condivise la richiesta di rinnovamento dell’Arte di quegli anni ed intraprese un discorso nuovo, si addentra in un campo che lo spinge verso un’analisi informale con il rifiuto della realtà esterna come modello d’arte e con la convinzione dell’importanza della “realtà interiore”, posta al centro di ogni suo interesse. Ne consegue che l’artista entra in risonanza con il proprio io ed è proprio ciò a suggerirgli in ogni sua opera l’intensità ed il timbro dei cromatismi, il ritmo dei segni, il grado di addensamento della materia, il tutto senza la mediazione di elementi naturalistici e di qualsivoglia simbolo.

Il maestro riesce così a concettualizzare il suo pensiero estetico ed esprimere attentamente il desiderio di liberarsi della immanenza legata alla materia per accedere in piena libertà all’essenza dell’essere umano, addentrandosi anche in soluzioni esistenziali ove l’ispirazione artistica si trasforma in sentimento e poesia. Nella vita come nell’espressione plastica, questo desiderio di liberazione lo stimola verso un inaspettato dinamismo spaziale, da cui si irraggiano tutte le dinamiche etiche e sensitive dell’uomo, sempre avvolte in una atmosfera lirica; infatti, i colori corposi e cupi, ma intensamente saturi di vibrazioni cromatiche, alludono a stati d’animo o moti psichici particolari dalla intensa e profonda interiorità, velata anche di spiritualità soffusa.

Nonostante ciò che si può pensare, il collegamento con la realtà resta vivo nei titoli, che ripercorrono momenti della vita stessa di Carmine Di Ruggiero. “”Il rosso nel giardino”, “Ricordo buio”, “Uno strano racconto”, “Case e segno orizzontali”, Tra la gente”, “Navata centrale”, “A San Biagio dei librai”; ognuno di loro, infatti, rispecchia momenti vissuti e <metabolizzati> dal maestro in piena libertà. Il risultato è un impatto visivo forte e lirico nella ricerca di forme sincere ed originali, scaturite dal rapportarsi del quotidiano con gli elementi naturali e dalla continua riflessione sui valori esistenziali; i dell’anima si materializzano in guizzi matrici dagli intensi cromatismi e dalla suggestione imperscrutabile fino a recuperare sensazioni intime istintive.

Abbandonata, quindi, un’Arte che porta alla conoscenza con rappresentazioni tese a trasformare il reale secondo una personale ottica, Di Ruggiero si avventura in un iter cognitivo che lo spinge ad indagare sul campo dell’intimità e realizzare forme pure, sorte laddove nascono i pensieri e le emozioni. Nel suo immaginario ogni visione si sfalda in riquadri corposi ed in frammenti di una realtà decantata che, nella personale prospettiva dell’artista, acquista una significazione da un lato intima e riflessiva, dall’altro allusiva e ricca di humus; le forme, diventate libere e leggere, si identificano con lo spazio circostante in un sovrapporsi di fermenti e di percezioni, vissute intimamente, mentre nelle coagulazioni coloristiche vibranti si avverte una lunga sopensione del pensiero e l’insorgere di momenti di silenzio assoluto, ove l’anima può immergersi.

La ricerca informale e, in un determinato periodo della sua espressività, astratta e geometrica di Di Ruggiero si sviluppano in una fusione di irrazionalità e razionalità che si avvale di elementi scaturenti dalle suggestioni e propone una realtà che, trascendendo la stessa materia, si evolve verso un’espressività spirituale percepita con rigore più assoluto nelle stesse immagini cromatiche dall’essenza conturbante in continuo rapporto percettivo con la sua psicologia.

I cromatismi scelti da Carmine Di Ruggiero, lungi dall’essere impalpabili e tenui, suggeriscono un sogno lirico e puro che con turbamenti ed inquietudini assurge ad un ordine superiore di pure sensazioni poetiche ove l’inquietudine si placa nell’armonia e nell’equilibrio ed è decantata e depurata da ogni parvenza di oggettivismo esteriore.

Intorno al centro dei suoi discorsi si sviluppano impulsi segreti scaturenti da frammenti di pensiero, percepibili in singoli momenti spirituali, ed a barlumi di verità avvertibili sullo sfondo di orizzonti silenziosi e tersi, nei qualil’esistenza di sensazioni misteriose permette di placare ogni tensione e fissare il tempo in un istante d’infinito tra sospensioni di pensiero ed intense astrazioni.

Nei percorsi della mente con le sue suggestioni irrazionali e spiritualizzanti la vivacità e la varietà delle sedimentazioni emozionali germina il linguaggio informale che nel colore con le sue variazioni cromatiche e tonali ha una sua precipua risonanza interiore e una sua musicalità in grado di esprimere la vita psichica dell’artista, mentre ogni elemento prospettico, dettato da una logica interiore, si tramuta in frammento emozionale puramente lirico dalla dimensione equilibrata ed imperturbabile con un sapore armonico ed un fascino delicato; il complesso di elementi della costruzione risulta in bilico tra la ricerca della purezza assoluta e la consapevolezza della percettibile contaminazione del reale. La profondità del suo linguaggio accede ad un’aura emozionale, evocatrice del mistero della vita, ove le proiezioni del pensiero e del mondo psicologico dell’artista, interiorizzate laddove la visione si decanta diventando pura essenza pittorica con la ricchezza di turbamenti, ed evidenzia un’intensa sensibilità corroborata da innesti di nuovi linguaggi ed alimentata da ulteriori condivisioni emotive e da nuove esperienze ricche di fascino e di impercettibile delicatezza, che si esalta nel rapporto spaziale tra logica interiore ed emotività personale.

 

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“Delle figure geometriche non rimane sulla tela che una traccia, un’impronta nella luce, incerta tra la realtà e l’illusione. I triangoli, che nei <Giardini del Silenzio> si serravano a schiera, staccandosi immobili sul fondo bianco, ora appaiono distribuiti in uno schema compositivo arioso e disteso, scandito per larghe pause che danno respiro al lento e continuo propagarsi della luce. Anche se lo spazio s’è come aperto, spalancandosi frontalmente alla vista, non ne deriva un suo azzeramento sul piano di proiezione, ma al contrario un recupero di profondità, di distanze vibranti ed impalpabili evocate per scarti minimi di luce tra una superfìcie e l’altra, misurate quasi per gradienti di trasparenza”. (Vitaliano Corbi)

 

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“Alla fine degli anni cinquanta troviamo, quindi, Di Ruggiero nel cuore di una esperienza pittorica informale condotta sul filo di una gestualità veloce, che si porta appresso grumi densi di colore e trova, pur nella dissonanza e nel “gridare” (uno dei suoi quadri più belli giustamente ricordato da Lea Vergine, è intitolato appunto “L’urlatore”), una unità di accordi e una aperta luminosità atmosferica. Richiami e rimandi all’universo fenomenico sono certamente presenti in queste opere che a distanza di anni ci prendono ancora con grandissima suggestione: ma si tratta di richiami e rimandi che non stanno al di qua del processo pittorico e ne dettano le configurazioni; al contrario, sono per così dire raggiunti al termine stesso del processo, che, intanto, se ne è andato per proprio conto, seguendo le regole di un gioco autonomo e finalizzato in se stesso”. (Filiberto Menna)

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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