Da beni confiscati a “beni liberati” Lettera aperta al sindaco di Castel Volturno

Comune Castelvolturno

Nella lotta per la legalità democratica in Terra di Lavoro vi è stata negli ultimi anni una realtà che si è distinta: quella della gestione e riuso dei beni confiscati alla camorra. Grazie ad una collaborazione virtuosa tra istituzioni, enti ed associazioni del terzo settore in alcune delle terre che venivano definite di gomorra si sono realizzate alcune esperienze e buone pratiche che hanno visto quei beni “liberati” dal dominio dei clan, con la costruzione di nuove imprese (in particolare nel settore agro-alimentare), di nuovi servizi di accoglienza, di cura e di formazione dei soggetti più colpiti (come i bambini, le donne vittime di violenza ed i migranti). Da qualche tempo sembra che quello slancio vitale si sia affievolito, o perlomeno il tema dei beni confiscati sembra finito in un cono d’ombra. Nessuno ne parla.

                                                                                                                                 In provincia di Caserta nell’ultimo censimento dell’Agenzia BC sono risultati 571 beni immobili (di cui ben 98 a Castel Volturno), tra questi 324 risultano definitivamente confiscati (di cui ben 85 solo nella città domiziana). Se passiamo alle aziende, abbiamo questo quadro: 138 aziende sono in gestione mentre 63 di esse sono destinate. Per un totale di 709 beni confiscati, oltre il 40% a fronte del totale campano di 1797. Con questi dati Caserta risulta essere la sesta provincia italiana, subito dopo Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Catania e Milano, per numero di beni sottratti alle criminalità organizzate. Dei 709 beni totali, 571 riguardano beni immobili, mentre 138 sono le aziende. Un patrimonio ingente di migliaia e migliaia di euro quello confiscato alla camorra e distribuito su 42 comuni dei 104 della provincia di Caserta.                                                                            La maggior parte dei beni sono stati confiscati sul territorio dell’agro aversano, anche se è il territorio di Castel Volturno, con un totale di 130 beni sequestrati, ad avere il primato. Subito dopo Casal di Principe, con 81 beni sottratti al clan dei casalesi. Interi palazzi, supermercati, terreni agricoli; beni di ogni genere accumulati con attività illecite e tolte alla criminalità per il riutilizzo sociale.                                                                                                                                                               Si tratta di un tesoro che troppo spesso, per molteplici problematiche, viene lasciato a marcire, oppure non si riesce a reimpiegarlo in maniera ottimale. In questo contesto il comune di Castel Volturno si caratterizza per il gran numero di beni confiscati alla camorra. Un vero e proprio record nazionale. Se ne contano circa 130, la maggior parte dei quali sono ancora in disuso,  appaiono come dei veri e propri beni “fantasma”, vedi il caso dei 2 Lidi Nettuno e Passerotto nella zona di Ischitella. E’ un altro triste primato per il comune domiziano. Questi due stabilimenti balneari si trovano da molti anni in stato di totale abbandono, nel suggestivo litorale proprio di fronte all’isola d’Ischia. Quei due stabilimenti nel cuore del Casertano – fortino del clan camorristico dei casalesi – possono essere considerati due simboli del mal funzionamento del sistema della confisca dei beni immobili alle mafie. Nonostante infatti la sentenza con cui sono stati tolti ai casalesi sia diventata definitiva il 26 maggio 2015, si sono persi nei meandri della burocrazia. Per la verità nel territorio domiziano si trovano tanti beni ed imprese sottratte ai vati clan: in pratica qui ha investito ed imperversato il ghota dei cosiddetti “casalesi”. A cui oggi si aggiunge un’altra presenza

inquietante, quella della “mafia nera” dei nigeriani con le loro “connection house” disseminate su tutto il litorale, dove imperversano le cosiddette maman che crescono ed educano i bambini e le bambine per un futuro di tristezza e di violenza: quello del traffico di droga, della tratta delle donne e della prostituzione, della vendita a famiglie senza figli, o peggio ancora del traffico degli organi umani. Anche su questo nuovo inquietante scenario occorrerebbe un intervento più mirato e deciso delle forze dell’ordine.

LA SFIDA PER I BENI CONFISCATI ALLA CAMORRA                                                                           D’altro canto va segnalato l’impegno delle associazioni del terzo settore e del volontariato, che spesso in solitudine rispetto alle istituzioni locali, da anni cercano di trasformare questi beni in nuove opportunità per creare servizi, centri di accoglienza e di socialità, in primo nuove imprese per una economia sociale come emblemi di riscatto di queste comunità. In sei comuni dell’hinterland aversano ciò avviene grazie al supporto del consorzio pubblico Agrorinasce, ora presieduto da un valente e combattivo manager Gianni Allucci, in una fase delicata di riorganizzazione ,(da poco il comune di Casal di principe è fuoriuscito dal consorzio, con motivazioni non ben comprensibili).                                                                                                                         Sulla costiera domiziana, nonostante tutto, vi sono alcune buone pratiche di riuso di “beni liberati” dalla criminalità: come ad esempio la Coop sociale Esperanto (guidata da Alessandro Buffardi e Katia Bassolino), che opera con giovani divenuti bravi contadini con la produzione di frutta ed ortaggi di prima qualità. Inoltre, va segnalata una delle esperienze storiche come la sartoria sociale, in cui sono protagoniste le donne immigrate, spesso vittime di violenza ed emarginazione. Anche se tra mille difficoltà burocratiche sono partiti altri 3 progetti significativi: due gestiti dall’Arci gay e da Legambiente nel parco Faber, un incredibile insediamento di villette realizzate a ridosso di uno dei laghetti tipici della zona. Qui verranno realizzate una casa per il cinema ed una per la musica.                                                                                                                                                          La terza villetta è stata ristrutturata da più di un anno nella zona di Baia Verde e dovrebbe essere destinata alla realizzazione di una cucina didattica e  multietnica, anche per attività di formazione in collegamento con l’Istituto Alberghiero. Ma finora ancora non vi è alcun progetto di affidamento da parte del comune (titolare del bene confiscato). E’ giunto il momento di definire un  un bando ad hoc di assegnazione del bene per attività socialmente utili.                                                      Infine, bisogna riprendere a tutti i livelli l’iniziativa sul piano culturale ed educativo per fare in modo che questi beni da “sequestrati” vengano liberati come opportunità di nuove condizioni di sviluppo locale ed ecosostenibile..

Pasquale Iorio, Le Piazze del Sapere                                     Caserta, luglio 2024

Letture consigliate

Gianni Cerchia            “Tra accoglienza e pregiudizio. Emigrazione e immigrazione  nella storia dell’ultimo secolo: da Sacco e Vanzetti a JE Masslo” – Fondazione G. Amendola, 2019

Pasquale Iorio             Il Sud che resiste, Ediesse 2019

A.Colletti, e Goffredo Fofi   (a cura) Terra di Lavoro. Esperienze e riflessioni dei paesi di don Diana, Edizioni dell’Asino 2020

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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