CORONAVIRUS E DINTORNI – RIFLESSIONI
di Vittorio Russo
Noi indugiamo sempre con gran compiacimento sulla (breve) storia dell’uomo. Di noi italiani, delle nostre radici antiche, delle nostre glorie, degli archi di trionfo… Finiamo per dimenticare accanto alla genialità gli infiniti lutti, gli eccessi, le violenze, le crudeltà e i dolori, le aberrazioni. Sono quelle della natura di ogni umano e perciò non mi stupisco. Siamo angeli e demoni di una sterminata piramide dantesca fatta di inopinate sfumature che cataloghiamo dallo zenit del bene al nadir del male. Ogni umano è fatto di fango, materia ignobile e poco duratura. Se Dio (diamogli credito per un attimo) fosse stato creatore lungimirante avrebbe usato il più nobile marmo per farci migliori e più resistenti. Devo perciò meravigliarmi del suo stupore quando si sorprende della cattiva riuscita del genere umano uscito dalle sue mani. Il fango lo ha scelto lui.
Ma per ritornare a riflessioni più serie: la natura, che poco conosciamo, ci insegna giorno dopo giorno realtà sconcertanti che se fossero meglio approfondite ci lascerebbero senza respiro per la grandiosità intrinseca che manifestano. È tutto quello che possiamo definire superfluo e non utilizzato in termini di evoluzione, le similitudini sconfinate e le differenze inapprezzabili tra i viventi… Insomma, ci sono in natura enciclopedie di straordinarietà e di paradossi così affascinanti che se solo metti il naso in un testo recente di evoluzione e genetica ne resti folgorato e non ne esci più.
Evoluzionisti e genetisti, anche giovani italiani di grande talento, hanno per esempio dimostrato che il concetto di razza così abusato fino ai tempi nostri non si adatta agli umani. Non significa – mi ha fatto notare un bastian contrario pieno di humour – che non esistano più gli idioti… ce n’è una razza sterminata! Ci hanno fatto capire, questi studiosi, che non discendiamo dalle scimmie, come abbiamo sempre creduto. Niente è più falso di quello schema grafico che parte dalla scimmia quadrumane e finisce all’erectus. Siamo della stessa famiglia, questo sì, ma non ne siamo gli eredi. Perché, altrimenti, noi saremmo diventati i sapiens e le scimmie sarebbero rimaste tali? Non discendiamo nemmeno da tutti i tipi di Homo che ci hanno preceduto con alcuni dei quali abbiamo pure convissuto. Non discendiamo dall’uomo di Neanderthal e nemmeno dal Cro-Magnon, né dall’Uomo di Flores e men che meno dal Denisova, l’ultimo scoperto in Siberia (a parte le recentissime scoperte di qualche giorno fa nell’Africa australe in via di studio).
Siamo venuti fuori tutti da combinazioni ancora oscure. Per caso. E per equilibri insondabili sopravviviamo mentre per pari insondabili misteri si sono estinti i Neanderthal, i Cro-Magnon e gli altri umanoidi e umani che ci hanno preceduto senza lasciare in noi molte tracce anche se nel nostro genoma risultano prove di unioni fra sapiens e neanderthal. Per caso, dunque, sopravviviamo noi sapiens, tutti con inapprezzabili differenze genetiche fra le genti più disparate, con vicinanze di dna che sono impressionanti. Viene così dimostrato, a detta di Telmo Pievani, un accurato studioso e divulgatore lombardo, che vi sono più differenze tra due oranghi che vivono a pochi metri di distanza in Congo, di quante ve ne siano fra un aborigeno neo-zelandese e un siciliano (lui non dice esattamente così, ma questo è il concetto). Ma a parte questo, poco focalizzata rispetto al tempo geologico è l’effimera durata della presenza del sapiens sulla Terra. Ci siamo da poche diecine di migliaia di anni. Soltanto. Poca cosa rispetto alla durata della vita dei grandi sauri del passato, per esempio, vissuti per centinaia di milioni di anni e poi spariti. Essi pure per caso. La sopravvivenza del sapiens è del tutto fortuita e legata a casualità . Le lotte per la vita in natura sono la regola. E lotta per la vita di una specie significa che qualcun’altra deve scomparire. Per quello che ci riguarda, basterebbe un virus come il coronavirus, tutto sommato quasi insignificante in quanto a potenza rispetto a tutti quelli che lo hanno preceduto e che abbiamo debellato, a far fuori il genere umano nella sua interezza. E addio sapiens.
Abbiamo però imparato a difenderci e lo facciamo abbastanza bene. Ma la natura (che non è né madre né matrigna, soprattutto non è buona, aggettivo della nostra volontà e non della realtà ), non smette di organizzare nuove forme di vita, non per minacciare gli umani, ma perché segue la sua insondabile legge. Che è quella di distruggere per costruire. In tutto questo l’uomo è solo materia vivente come le altre sterminate forme di materia vivente che popolano il Pianeta. Si capisce bene che alla luce di queste premesse, essere abbarbicati come edere al nostro campanile è proprio commovente e ingenuo. Tutto il nostro farneticare, la smania di prevalere, la corsa al successo, l’arroganza di primogenitura diventano ridicoli. Intendiamoci, non sto predicando il ritorno al monachesimo o al romitaggio. Lottare è proprio quello che dobbiamo continuare a fare. Ce lo impone la natura. Ma sarebbe bello se ci dessimo degli obiettivi più concreti e soprattutto ci ritrovassimo solidali nella lotta. Siamo tutti dalla stessa parte e nessun tedesco o francese potrà farci le scarpe senza rimanere appiedato lui per primo. Questo lasciamolo sostenere egli individui di quella sola razza nella quale dobbiamo credere e di cui ho detto sopra. Io comprendo bene questo nostro essere orgogliosamente innamorati di noi e di quello che ci è prossimo per cultura, per lingua e per continuità storica. Del resto, sono figlio di questa cultura io pure. Abbiamo però l’obbligo di riflettere e riconoscere che in fondo siamo solo granellini di vita sullo sterminato nastro trasportatore dell’eternità che sbadiglia a suon di millenni. Noi crediamo che il nostro “tempo” di secondi abbia senso. Dimentichiamo che il nostro tempo e solo l’attimo del kronos, vuoto rispetto al kairos del tempo che conta. Basta commisurarlo, il nostro kronos, ai 500 o 600 milioni di anni della vita sulla terra per renderci conto che i nostri 5 o 6 mila anni di storia relativi alla nostra identità di viventi, diventano attimi dell’ultima ora del tempo geologico…
Ciao Mattia,
forse occorre metterci la firma dell’autore! Anche perché chi legge conosce chi scrive. Ti pare? Con un abbraccio
VITTORIO COME GIA’ RISPOSTO E’ STATA UNA MIA DISTRAZIONE TI CHIEDO PER OVVIARE A QUESTO ERRORE DI METTERE ALL’INIZIO DELL’ARTICOLO IL TUO NOME
GRAZIE CIAO MATTIA