CORONAVIRUS E DINTORNI – LESSICO NAPOLETANO JESCE ‘A VIA ‘E DINTO!
di Vittorio Russo
In tempi come questi mentre imperversa il coronavirus, la riflessione ci accompagna molto più di quanto sia mai avvenuto altre volte. Così, sollecito agli ammonimenti che vengono da tutte le parti, io resto a casa, non esco e me ne vado bighellonando coi pensieri.
Mi son ricordato di un’espressione che traduce in concretezza tutta la saggezza del napoletano. Lingua nobile, ho scritto altre volte, soprattutto lingua di filosofia e perciò lingua di ragionamento. Lingua che nasce dalle esperienze intrecciate di cento generazioni vissute negli spazi aperti di città , fatti di sole e di luce. Questi spazi erano le agorà , le piazze larghe dove ci si incontrava per socializzare, per discutere, per pettegolare. In quelle città i luoghi domestici erano esigui, limitati alla sole esigenze del dormire e del desinare. Questo prima che la romanità li traducesse in domus con ambienti eleganti di raffinatezze ornamentali non meno che della solarità di fioriti peristili.
In quel tempo lontano della nostra origine greca, si andarono fissando concetti che dal lessico antico sono arrivati a noi mutati nella generosa parlata napoletana.
Nessun altro vocabolario può “vantare†un’espressione come: JESCE ‘A VIA ‘E DINTO! Tradotto: ESCI DENTRO! Che in concreto, poi, è una contraddizione insopportabile, un perfetto modello di ossimoro. Già JESCE ‘A VIA ‘E FORA! appare sovrabbondante, tautologico. Perché basta USCIRE per essere naturalmente FUORI. Ma il napoletano non è lingua banale. Sa come mettere insieme parole per farne pensieri capaci di tradursi in significati precisi e definitivi. Nessuna sovrabbondanza, quindi, ma solo senso di completezza e bisogno di arricchimento armonico.
“JESCE ‘A VIA ‘E DINTO!†diventa così un capitolo di storia e di cultura. Ci invita a ricordare che un tempo la nostra casa era l’agorà o il “profanum†(lo spazio antistante al “fanumâ€, cioè il luogo sacro). In altri termini, il DINTO (dentro) dell’espressione napoletana è in realtà il se stessi, l’ambito intimo nel quale ritrovarsi, il luogo del calore e dei valori domestici.
Se gli dèi, che quasi mai sono generosi con gli umani, si sono compiaciuti ai nostri giorni di farci dono del coronavirus, noi umani, più saggi, mai come adesso abbiamo l’obbligo di rendere giustizia all’espressione napoletana. Se perciò dovessimo proprio avvertire l’irriducibile bisogno di uscire, almeno “ASCIMME ‘A VIE ‘E DINTO!â€