CONTINUANO I MERAVIGLIOSI VIAGGI DELLO SCRITTORE CASTELLANO VITTORIO RUSSO
di Vittorio Russo
I gioielli in India, malgrado le notevoli diversità culturali, sono oggetto di un vero e proprio culto diffuso in maniera abbastanza omogenea. Fin dall’antichità più remota, infatti, essi hanno goduto di una particolare predilezione che si giustifica pure per la valenza sacra. Nel tempo però, anche senza smarrire il significato più arcaico, questa valenza ha assunto diverse connotazioni. Fra le altre quella di componente magica. Tutte le gemme rispondono a una simbologia precisa con sfumature di significati che sfociano quasi sempre nella superstizione. Il loro simbolismo semiotico è alla base di innumerevoli interpretazioni magiche e si collega alle influenze degli astri sulle persone. Per questo molte gemme sono ritenute indispensabili contro il malocchio, in particolare il corallo che, come il kajal, è utilizzato per cerchiare gli occhi delle donne e dei bambini.
Per la concezione indù, ogni pietra è permeata di un differente significato e di un differente potere magico in base ai colori. Questi sono l’equivalente dei raggi luminosi dei pianeti, ognuno dei quali personifica una divinità . La pietra preziosa assorbe l’energia cosmica e il relativo colore e lo trasfonde nell’uomo con tutti gli effetti benefici o malefici di cui quest’energia è capace.
Le pietre sono catalogate secondo il colore per essere associate al macrocosmo dell’ordine universale e al microcosmo della suddivisione di casta. Il loro carattere decorativo infatti è collegato e subordinato anche all’appartenenza a una determinata classe sociale. Ogni gemma, in realtà , consente di identificare l’origine e perfino la provenienza geografica di chi se ne adorna. Gli indiani non le scelgono mai a caso o secondo una generica stima estetica, come avviene da noi, ma piuttosto in funzione dell’equilibrio che devono determinare.
I gioielli devono essere, in primo luogo, in armonia con le caratteristiche fisiche di chi se ne adorna, fino a diventare parte integrante del corpo e testimoni della sua bellezza. Le divinità indiane, per esempio, indossano abiti trasparenti perché risalti lo splendore del loro corpo. Su di esso le pietre preziose non sono un semplice fronzolo ma una parte fondamentale di cui il loro corpo è fatto.
Alla luce di questa premessa si comprende bene come l’uomo cerchi solo d’imitare la bellezza della natura degli dèi indossando oggetti di abbellimento che si ispirano alla loro perfezione. Ecco perciò che collane, bracciali, armille, orecchini, anelli, diademi, catenine alle caviglie e alle dita dei piedi, hanno lo scopo primo di dare rilievo alla grazia spirituale che si cela negli esseri umani. Tutto questo si accompagna all’uso di cosmetici per il volto, per gli occhi, per le palme delle mani e la pianta dei piedi, che hanno la stessa funzione.
Nella cultura occidentale di filiazione greco-romana l’arte tende a suscitare il piacere attraverso l’armonia delle misure e della bellezza estetica. In India, invece, essa esprime concetti filosofici e religiosi. In tutte le manifestazioni dell’arte indiana, l’apparenza astratta – e tanto spesso anche ingenua – delle immagini, manifesta idee attraverso simboli. Per questo essa è anche indifferente alla rappresentazione esatta del reale. Il colore azzurro della pelle degli dèi, ad esempio, ne indica per convenzione la divinità , così come la molteplicità delle braccia e delle teste che alludono alla pluralità dei loro aspetti e delle loro prerogative. Le pietre preziose e i gioielli dal canto loro sono simboli dell’armonia universale e delle proporzioni, per cui si stabilisce tale un equilibrio tra corpo e ornamenti del corpo che non è possibile dissociare l’uno dagli altri.
In nessuna altra cultura come in quella indiana, gli orpelli e, per estensione, le espressioni dell’arte, sono capaci di coinvolgere indifferentemente riflessione, letteratura, sensualità , gioia di vivere, fede e perfino ascesi. L’uomo è costantemente al centro di queste manifestazioni perché è egli stesso espressione del divino, così come gli dèi sono espressione di umanità . Dall’uomo, infatti, essi mutuano l’aspetto e lo amplificano a riprova della sua centralità nella dimensione del sacro.
Diversamente dagli umani, gli dèi sono privi di emozioni, privi delle tensioni proprie della natura materiale degli uomini. Nei loro volti predomina generalmente il sorriso e una calma incolore, riflesso della quiete interiore che si fa bellezza immediata e immutabile. E proprio questa bellezza intendono esaltare i diademi, le corone, le perle e le pietre rare che spiccano sempre sul loro volto e sul loro corpo e i diamanti che degli dèi sono le lacrime non piante. Ecco allora che la bellezza diventa oggetto della contemplazione e della venerazione dei fedeli. Le pietre preziose quindi niente più che l’espressione tangibile della bellezza che trascende la dimensione fisica.
Ogni gioiello poi ha il suo significato, talvolta una pluralità di significati, tutti volti a dare risalto al profilo del sacro che è nell’uomo, come in ogni altra forma di vita e concepiti come stimoli di sensazioni gradevoli e oggetti di grazia in grado di trasfondere la vertigine del divino che si nasconde nella natura umana.