Commento Veritas-libertà di pensiero
Una delle più grandi conquiste del mondo civilizzato e democraticamente evoluto che ai nostri tempi si è raggiunta , è stata la consacrazione in testi di natura costituzionale, di un diritto indefettibile e personalissimo, scevro da condizionamenti e /o forme di coercizione da parte di chicchessia, sia esso un soggetto privato , sia esso un soggetto di natura pubblica. In Italia questo diritto trova la sua giusta collocazione nella parte dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, parliamo dell’art. 21 inerente alla libera manifestazione del proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Questo grande privilegio che i padri costituenti ci hanno fatto, non risulta essere , come noto, un caso isolato ma esso si realizza e attecchisce in realtà sovranazionali, in alcuni casi anche prima del nostro paese. Ad esempio in Inghilterra, tale libertà trova la sua prima affermazione, quale liberazione dalla tirannia di una pesante censura politico – ecclesiastica, che la società inglese si scrollò di dosso definitivamente alla fine del secolo XVII. Negli Stati Uniti d’America, invece, la libertà in esame appare enunciata nei primi testi costituzionali: l’art. 14 della Dichiarazione dei diritti della Virginia (1776) contiene l’affermazione della libertà di stampa. In Francia, dopo l’affermazione contenuta nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo si ebbero vicende alterne, e le sorti della libertà di pensiero seguirono puntualmente quelle delle libertà politiche, corrispondendo ad ogni involuzione una riduzione o la scomparsa di quella libertà . In Germania, la libertà di pensiero e di stampa appare nel progetto di una costituzione elaborata a Francoforte nel 1848. Quindi, come si può ben capire e arguire da una visione storica complessiva, si trascina un sentimento comune di riuscire ad ottenere e poter espletare forme di esplicazione del proprio modo di essere, e rapportarsi con l’esterno, sentito in ogni tempo e luogo. Tuttavia tralasciando i vari passaggi filosofici e filologici del medesimo, ben si potrà comprendere che esso deve comunque avere dei limiti, che il legislatore ha ben identificato , comportando un restrizione di questo diritto per espressa previsione di una volontà giudiziaria. Uno dei tanti temi che ineriscono alla fattispecie è il dilemma tra la natura funzionale e strumentalmente associata alla collettività nel suo insieme e la visione personalistica di un diritto , senza limiti ne censure. In definitiva , oggi non si pone più il problema di un riconoscimento del diritto in questione , ma di come esercitarlo e in quali contesti egli trovi la maggiore realizzazione . Io sono un garantista, il rispetto delle regole e la legalità sono delle mie prerogative, ma la negazione di un diritto a pro di una forma di censura legittimata da canoni di opportunismo, trovano e troveranno sempre la mia obbiezione e il mio disappunto. Ho fatto una lunga premessa, riportando esempi di storico sentimento, evitando di incedere con un maggior approfondimento sul tema perché questo scritto rappresenta la prima parte di una risposta ad un blogger di cui in seguito ne menzionerò il nickname, cercando di fargli capire che la parola o uno scritto anche se colpiscono, non possono divenire oggetto di biasimevole ironia .
Saluti Veritas