Profumo di Medioevo a Castello del Matese dal 6 al 7 agosto prossimo con la rievocazione storica de “
LA GIOSTRAâ€, dove tra squilli di trombe e rulli di tamburi, il battito degli zoccoli dei cavalli sul selciato, il rumore delle armi e le urla dei cavalieri, e in barba a una tradizione storiografica che lo etichetta come periodo ‘dei secoli bui’, paradossalmente il Medioevo ritorna a galla nella sua dimensione più ludica e festosa, quella delle giostre, dei tornei, dei palii, dei cantastorie e dei giullari. Nonostante la “disfida” fra le tre contrade del Platano, del Cavallo e della Torre sia nata in tempi piuttosto recenti vanta una “genesi” storica di tutto rispetto e di cui c’è già una prima traccia nel lontano 1460, anno del giuramento di fedeltà di Onorato Gaetani, principe di Piedimonte, al re Ferdinando d’Aragona, e della Congiura dei Baroni e del loro assedio all a rocca. Ma sembra che il primo probabile assedio alla fortezza risalga addirittura al 1229, ad opera delle truppe guelfe pontificie comandate dal cardinale Giovanni Vitelleschi di Tarquinia. O
ggi la “rocca alta” di Piedimonte Matese è un piccolo centro a cinquecento metri d’altezza che conta poco meno di duemila abitanti e ha preso il nome di Castello del Matese, borgo di Terra di Lavoro ai confini con il Molise. Chi vuole può ancora raggiungerlo lungo l’antica mulattiera che si inerpica sui tornanti dalle vedute mozzafiato che affacciano sulla valle del Medio Volturno, un dedalo di sentieri che conducono fin sulla vetta del Monte Castello. E’ qui che ogni anno, dopo la rituale accensione delle torce che illuminano a giorno gli antichi torrioni e le mura merlate, prende vita il torneo della
giostra, organizzata anche quest’anno dall’Associazione Culturale Cluvia, nel primo weekend di Agosto. Una minuziosa analisi di moltissimi aspetti dell’epoca medievale, tra i quali quelli relativi all’abbigliamento, alle armi, alle credenze popolari, alla religione, alle abitudini alimentari, ha permesso l’allestimento di una rappresentazione che lascia lo spettatore a bocca aperta per il suo elevato grado di coinvolgimento. Prendono vita, così, pezzi di storia che altrimenti si perderebbero nella memoria o resterebbero tra le pagine ingiallite di vecchi volumi impolverati, e che invece oggi, p ieni di fascino, tornano a rivivere nei tessuti degli abiti confezionati da abili artigiani per le sfilate in costume, e nei tintinnii di spade, lance e corazze che riproducono fedelmente le pesanti armature di un tempo, e nei gioielli e nelle pietre portate al collo dalle dame che procedono lentamente nelle parate. Armati di lancia, ciascuna della lunghezza di quattro metri, i cavalieri al galoppo dovranno centrare gli anelli, di dimensioni sempre più piccole, posti lungo il suggestivo campo di gara allestito nella piazza del paese, all’ombra dei platani secolari che affacciano sul belvedere e sulla media valle del Volturno. Un torneo in piena regola per una sfida destinata a concludersi con la conquista dello stendardo, simbolo del potere, e con la proclamazione del nuovo Signore del Castello, la cui autorità guiderà il destino della città fino al prossimo anno. Un intero paese in subbuglio e regista della tre giorni : in ciascuna contrada si allestisce il “banchetto della giostra” con menù tipico che varia a seconda delle antiche ricette riproposte fedelmente come tradizione comanda. Artisti da strada e gruppi folcloristici animano le vie anguste e le
piccole piazze del centro, un’atmosfera che rapisce meglio di una efficientissima macchina del tempo, con la musica dei flauti e dei liuti che accompagna, vicolo dopo vicolo, fino alla Torre che sovrasta il paese e delimita il “Giardino degli Artisti”, piccolo museo all’aperto dove per tre giorni sono custoditi i tesori dell’arte locale, dalla pittura alla scultura e all’artigianato tipico. Musica, arte e spettacolo nelle piazze e nei vicoli del centro storico; fino a tarda notte ogni contrada offrirà ai turisti un menù ricco di prelibatezze preparate secondo la tradizione, un unico itinerario gastronomico che prevede soste obbligate alla locanda del Gallo Nero e alle varie postazioni del grande “banchetto delle contrade”.
Pietro Rossi