CASERTA. OMICIDIO MARCO MONGILLO : TUTTE LE CONTRADDIZIONI E LA RINUNCIA AL RIESAME PER ANTONIO ZAMPELLA
 di GIOVANNA PAOLINO
Omicidio Marco Mongillo: ancora un inaspettato colpo di scena nella tragica vicenda di Rione Santa Rosalia a Caserta.
Gli Avvocati di Antonio Zampella, Mario Mangazzo e Michele Di Fraia, hanno rinunciato a presentare ricorso al Tribunale del Riesame per la revoca della detenzione in cella e per l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari.
Gli avvocati Mario Mangazzo e Michele Di Fraia, avevano chiesto di rivalutare il reato e la misura cautelare per Zampella, ai giudici del tribunale di Napoli. I legali, pertanto, avevano presentato ricorso al tribunale del Riesame con lo scopo di far derubricare il reato da omicidio doloso ad omicidio colposo.
La difesa puntava sulla tesi del gioco della roulette russa finito male. La Procura, invece, insiste sulla tesi di un litigio fra i giovani. Sta di fatto che la rinuncia a presentare ricorso al Tribunale del Riesame e’ sintomatica di uno sviluppo ulteriore nelle indagini tale da non consentire gli arresti domiciliari ad Antonio Zampella.
Antonio Zampella, reo confesso dell’omicidio di Marco Mongillo, rimane dunque in carcere. L’accusa e’ omicido doloso e detenzione illegale di arma da fuoco.
Il Pm Caroppoli non molla la presa. In un primo momento Antonio Zampella aveva dichiarato di avere preso l’arma custodita nella soffitta del Parco Santa Rosalia , una pistola semiautomatica che molto difficilmente puo’ essere usata per la roulette russa.
Il motivo per cui i quattro ragazzi , ovvero Antonio e Umberto Zampella e Vincenzo e Marco Mongillo, si trovassero all’interno dell’appartamento in cui Umberto Zampella era agli arresti domiciliari, sarebbe stato il compleanno di Vincenzo. I quattro , amici di infanzia, avevano deciso di trascorrerlo nell’alloggio di Umberto impedito a spostarsi a causa degli arresti domiciliari.
Antonio Zampella si e’ dichiarato autore dell’omicidio di Marco Mongillo al quale , stando a quanto afferma il giovane, egli avrebbe sparato per uno scherzo.
La versione di Antonio Zampella e’ confermata anche dal fratello Umberto al momento del fatto agli arresti domiciliari all’interno dell’appartamento in cui si e’ consumato l’omicidio.
Il fratello di Marco Mongillo, invece, continua ad affermare di non essere stato presente nell’appartamento al momento in cui il colpo letale ha colpito Marco.
La Procura della Repubblica, intanto, sostiene che il colpo di pistola sia partito a causa di uno screzio.
L’elemento di connessione fra i ragazzi e’ la droga : quel pomeriggio in casa di Umberto Zampella si sono fumati molti spinelli.
Nell’ordinanza l’elenco di tutte le contraddizioni che lasciano Zampella in carcere.
A cominciare dalla pistola, che l’indagato dice di aver subito buttato dalla finestra e che è stata invece ritrovata avvolta in un panno.
Non solo. Testimoni defilati.
Il fratello di Zampella Umberto ha sostenuto di aver voltato le spalle alla scena del delitto mentre Antonio sparava perché stava andando in cucina.
E Vincenzo Mongillo, fratello della vittima, nel suo racconto scompare dal salotto dell’appartamento della famiglia Zampella. Fin da subito spiega agli inquirenti: “Ero con gli altri in casa, ma sono uscito sul balcone e in mano avevo delle cartine per sigarette che mi sono cadute giù. Sono quindi sceso a riprenderle, e mentre risalivo ed ero ancora per le scale ho sentito il colpo di pistola. Quando sono entrato in salotto c’era solo mio fratello Marco, accasciato sulla poltrona e coperto di sangue. Dei fratelli Zampella non c’era nessuno: né Antonio né Umberto. Erano scappati”.
Non quadra neanche il racconto degli istanti immediatamente precedenti il delitto. Ha raccontato Zampella: “Ero salito con Mongillo nella mansarda per prendere la mia pistola e l’ho caricata, ho provato a sparare su me stesso e su Vincenzo ma l’arma era scarica, nessun colpo è partito. Non sapevo che c’erano dei proiettili e ho solo fatto finta di scarrellare “.
Versione poco convincente per il gip, “inverosimile, non credibile “. Il giudice ipotizza invece “uno screzio, un dissidio, tra Zampella e Marco Mongillo”, quindi “una reazione d’impeto da parte di Zampella”. L’arma scarica? Per il gip è una ricostruzione priva di fondamento, perché come lo stesso Zampella ha sostenuto l’arma era sua, “accuratamente custodita ed acquistata per scopi difensivi”, nel timore di una aggressione per motivi passionali.
E ancora: “Inverosimile che l’arma fosse stata acquistata senza verificare la presenza di munizioni” (sette colpi), anche perché l’indagato “ha mostrato perizia e abilità nel caricamento della pistola, aveva familiarità con l’uso delle armi”. È infine “inverosimile ” che abbia puntato l’arma contro se stesso, versione che sia il fratello della vittima sia quello del presunto assassino smentiscono.
E poi come si spuo’ parlare di pranzo fra amici e di gioco, se il gruppo legato a Umberto Zampella passava la sera nei pressi della Pizzeria in cui lavorava Marco riempendolo di insulti ai quali il ragazzo non rispondeva.
Anche Maria Bocconi, mamma di Marco Mongillo, ha affermato : ”
“Mio figlio è stato ammazzato volontariamente. Voglio giustizia. Ci costituiremo parte civile al processo. Lo devo a mio figlio che era un bravo ragazzo. Io non credo assolutamente alla versione dell’assassino di mio figlio, alla storia del gioco finito in tragedia. Mio figlio non era tipo da farsi coinvolgere in un gioco senza senso. Era un ragazzo prudente”.
Sta di fatto che la famiglia Zampella e’ sempre stata legata all’ambiente dello spaccio di droga. Il padre di Antonio e Umberto e’ agli arresti domiciliari a Milano come Rosa, sorella dei due giovani.
Ma non e’ tutto.
Vincenzo Mongillo, all’epoca minorenne, sarebbe stato il corriere di Rosa Zampella prima che questa venisse arrestata.
Insomma , una brutta storia che attende risposte chiare: prima fra tutte la verita’ su chi sia il vero assassino di Marco Morgillo.
Intanto a Rione Santa Rosalia a Caserta si continua ancora a spacciare droga.