CASERTA. DON FRANCO GALEONE, DON SALVATORE FRENDO E DON ANTONIO SANTILLO, ‘PATER FAMILIAS’, HANNO CELEBRATO LA PASQUA EBRAICA PRESSO L’ISTITUTO SALESIANO ‘DON BOSCO’
CASERTA. DON FRANCO GALEONE, DON SALVATORE FRENDO E DON ANTONIO SANTILLO, ‘PATER FAMILIAS’, HANNO CELEBRATO LA PASQUA EBRAICA PRESSO L’ISTITUTO SALESIANO ‘DON BOSCO’.
Quest’anno, il ciclo delle cerimonie celebrative della ‘Pèsach’, la Pasqua ebraica, è stato anticipato dal messaggio augurale «La memoria della liberazione dall’oppressione per mezzo del braccio potente del Signore ispiri pensieri di misericordia, di riconciliazione e di fraterna vicinanza a tutti coloro che soffrono sotto il peso di nuove schiavitù; volgendo il pensiero a Gerusalemme, che avrò la gioia di visitare prossimamente, chiedo di accompagnarmi con preghiere, mentre assicuro il mio ricordo, invocando dall’Altissimo copiose benedizioni» che Papa Francesco ha indirizzato al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. La ‘Pèsach’ (passaggio: dalla schiavitù alla libertà , dalla tribolazione alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre alla grande luce, dalla oppressione alla redenzione), è la rappresentazione che, seguendo un rituale antico e bene articolato, ordinato (Sèder), viene annualmente svolta in ambito familiare dove tutti i partecipanti hanno un ruolo; ma, i protagonisti, gli attori principali, sono il capo famiglia, pater familias, ed i bambini. Al capo famiglia, con la mente rivolta ad un passato molto remoto, il compito di rievocare, procedere alla narrazione della Storia di un Popolo (Ebrei), liberato dalla schiavitù egiziana, e porgerla, affidarla ai bambini, attivamente coinvolti e sostanzialmente partecipativi con tante domande finalizzate a recepirne e penetrarne senso ed essenza, perché, una volta impressa e preservata nella memoria, possano, a loro volta, trasmetterla negli anni a venire e perpetuarne così il ricordo. Qui da noi, presso l’Istituto Salesiano ‘don Bosco’, il ‘Sèder leil Pèsach’, programmato da don Franco Galeone, una celebrità nella conoscenza e nell’insegnamento della lingua e letteratura ebraica, autore – fra l’altro – con la dott.ssa Maria Rosaria Fazio, prestigiosa per cultura e studi, della pregiata “Grammatica biblica†e del libretto “Sèder leil Pesachâ€, illustrato con figure schematizzate, vademecum essenziale per la partecipazione al rito e, nello stesso tempo, quale cadeau, simbolo di questo incontro, è stato realizzato grazie all’impegno prezioso e generoso di Rosaria, Armandino e Angelo. “La vostra presenza è molto bella; dà gioia e onore questa sera; grazie a tutte e a tutti voi per questa testimonianza bellissimaâ€: sono le parole con le quali don Franco ha accolto e salutato don Salvatore Frendo, pastore della parrocchia ‘S. Sebastiano Martire’ in Caserta e don Antonio Santillo, parroco della Cattedrale Romanica in Calvi Risorta, dedicata a San Casto, e i partecipanti (Maria Rosaria, Clara, Antonio, Teresa, Elisa, Stefania, Baldassarre, Enrico, Luigi, Pasquale e Amerigo, i ragazzi venuti da Calvi Risorta, Mario l’avvocato, A. Tarallo, R. Raucci, G. Magliocca ed i coniugi Giannattasio, Narducci, Farina, Tartaglione), “un bel gruppo che, pur venendo da esperienze diverse, può fare esperienze frutto di preghiera, spiritualità e cristianità †e sottolineato che “Gesù di Nazareth non ha mai celebrato una messa ma, a 33 anni, un Sèder, un rito come questo che ci accingiamo a celebrare, con i suoi parenti, ed ha introdotto tre novità : la consacrazione del pane, la consacrazione del vino e la lavanda dei piedi che, simbolicamente, facciamo anche noi una volta all’anno; celebrare questa Pasqua ebraica ci aiuta a capire le nostre radici, è un incontro di parenti, di amici con i quali ricordare il passato, che non avviene in una chiesa e nemmeno in una sinagoga ma nella famiglia, con il nonno e/o le persone più importanti; nessuna rigidità : c’è un momento in cui si riflette stando in una famiglia dove c’è il pranzo della Pasquaâ€. don Antonio Santillo, capo del banchetto e quindi ‘pater familias’, ha indossato il kippah, narrato la storia del popolo ebraico e soddisfatto, con le risposte, i tanti perché di Pasquale, il ragazzo caleno, Mario l’amico avvocato, voce recitante. Il suono dello ‘shofar’, triste e penetrante – fa tornare alla mente il ‘silenzio’ della nostra tromba – stride con la gioia che si vive stando insieme, e l’accensione della ‘menorà h’, il candelabro dalle sette braccia, annunciano l’inizio della cena che, procedendo con la narrazione della storia della salvezza, con le domande che il partecipante più piccolo (Pasquale) rivolge al ‘padre’ (perché l’esodo, perché si mangia tutto quello che è in tavola, ecc.), con il canto delle meraviglie compiute dal Signore e tutta una serie di canti, si conclude con i canti di speranza a significare il trionfo della giustizia divina e la sconfitta dell’oppressore (“Il messaggio è molto semplice†– ha evidenziato don Franco – “Dio giudica ed arriva dappertutto. Dio, giudice giusto, vede e provvedeâ€) e di congedo (shalom chaverìm, shalom chaveròt, leitraòt shalom).
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