CASAGIOVE –Il Tar accoglie il ricorso del comune di Casagiove che aveva chiesto la demolizione delle opere realizzate da Illiano
Â
Nunzio De Pinto
 L’Ottava sezione del Tar Campania, con l’intervento dei magistrati: Antonino Savo Amodio, Presidente, Paolo Corciulo, Consigliere, Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore, ha respinto il ricorso proposto da: Marco Illiano, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Santonastaso, e lo condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dal Comune di Casagiove nella misura di complessive euro 2.000,00 (duemila). Il ricorso era stato proposto contro il Comune di Casagiove, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Della Valle, al fine di chiedere l’annullamento del diniego del permesso di costruire e demolizione opere realizzate. Il sig. Illiano Marco, quale conduttore in locazione, a far data dal 29.09.2007, di un’unità immobiliare ad uso commerciale ubicata al piano terra del fabbricato sito al viale Europa, impugnava, chiedendone l’annullamento, il diniego di sanatoria oppostogli dal Comune di Casagiove con atto conosciuto il 14.10.2008 e la connessa ordinanza di demolizione n. 80 del 20.11.2008 delle opere di delimitazione della corte esclusiva prospiciente il predetto locale commerciale, realizzate tramite installazione di una struttura costituita da profilati metallici e vetri infissa al suolo tramite bulloni, dell’estensione di m.q. 17,02, per un’altezza di m.l. 3.70 ed una volumetria di m.c. 62.90. A sostegno del suo ricorso, Illiano deduceva i seguenti motivi di diritto: 1) Violazione e mancata applicazione dell’art. 3 comma 1 lett. e del d.p.r. n. 380/2001, violazione e mancata applicazione dell’art. 36 del d.p.r. n. 380/2001, carenza di motivazione, eccesso di potere; Violazione e mancata applicazione degli artt. 29 e 58 del regolamento edilizio del Comune di Casagiove, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, impropria e o carente motivazione; Violazione del giusto procedimento, violazione e mancata, ovvero falsa applicazione dell’art. 11 comma 1 d.p.r. n. 380/2001, violazione e mancata applicazione dell’art. 6 del regolamento edilizio del Comune di Casagiove, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e conseguente carenza di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta. Alla pubblica udienza di discussione del 5.06.2012 il Tar Campania, definitivamente pronunciando sul ricorso lo respinge perché infondato. Il presente gravame risulta incentrato principalmente sulla dedotta natura pertinenziale delle opere oggetto di sanatoria, inglobanti un’area esterna annessa al locale commerciale, asseritamente esclusiva, mediante installazione di una struttura vetrata metallica infissa al suolo ed al soffitto tramite bulloni. Secondo i giudici dell’ottava sezione, l’assunto proposto da Illiano non convince. “A ben vedere†– sostiene il Tar – “le opere in questione, contrariamente a quanto dedotto in atti, non rivestono né natura precaria né natura pertinenziale. Nella specie, come ricavabile dalle riproduzioni fotografiche allegate in atti dallo stesso ricorrente, la struttura oggetto di sanatoria presenta delle caratteristiche in tutto assimilabili ad una struttura verandata trattandosi di un’intelaiatura metallica con pannelli in vetro con cui si è inglobata una corte esterna all’ingresso del locale commerciale del ricorrente, e stabilmente infissa al suolo ed al solaio soprastante del fabbricato. Evidentemente la struttura in questione, addossata al fabbricato esistente, riveste natura permanente, dal momento che la sua funzione è strettamente connessa all’attività commerciale svolta dal ricorrente e quindi destinata ad un uso tutt’altro che temporaneo e contingente. Per tale ragione†– hanno concluso i magistrati amministrativi – “deve intendersi indubbiamente priva del carattere della precarietà ed amovibilità . Alla luce di quanto esposto risulta quindi smentita la qualificazione giuridica dell’intervento come ricostruita in ricorso, e resta pertanto confermata la legittimità del diniego opposto dal Comune di Casagiove poiché l’intervento eccede il limite di volumetria massima assentibile già integralmente utilizzata dal fabbricato esistente, circostanza quest’ultima peraltro nemmeno contestata dal ricorrente.