Capua –È morto a 101 anni il barone Amedeo Guillet, comandante diavolo, cittadino onorario di Capua
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di Nunzio De Pinto
 Il Barone Amedeo Guillet, ufficiale di cavalleria, ambasciatore, agente segreto, ma, soprattutto eroe d’altri tempi, è morto mercoledì scorso, 16 giugno nella sua abitazione romana. Il 26 giugno prossimo, nella Cattedrale di Capua, alla presenza dell’Arcivesco di Capua, Monsignor Bruno Schettini, e della massime autorità civili e militari, con inizio alle ore 17.00, saranno accolte le ceneri dell’Eroe per essere deposte nella Cappella di famiglia presso il cimitero di Capua. La notizia, per la maggior parte degli italiani e degli stessi cittadini di Capua, di cui era “cittadino onorarioâ€, sembra quella di una normale news di carattere funerario, ma non è assolutamente così. Il barone Amedeo Guillet, nasce a Piacenza nel 1909 da nobile famiglia di origine piemontese e capuana, di salde tradizioni militari (uno zio, anche lui di nome Amedeo, generale d’armata, fu un eroe della prima guerra mondiale). Il 20 giugno 2000 gli è stata conferita la cittadinanza onoraria dalla città di Capua che egli definì “altamente ambita”. Il 2 novembre sempre del 2000, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli conferì la Gran Croce dell’Ordine Militare d’Italia, la massima onorificenza militare italiana. Amedeo Guillet ha vissuto per molti anni in Irlanda, dove si è ddedicava, nonostante la veneranda età , alla sua più grande passione: i cavalli. Attualmente era il Presidente onorario dell’Associazione Arma di Cavalleria ed è uno dei soldati più decorati al mondo (Cavaliere di Gran Croce Ordine militare d’Italia, Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana, Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia, cinque Medaglie d’argento al valor militare, Croce di guerra con gladio al valor militare, quattro Croci di guerra al merito, Cruz Blanca al Valor Militare, Cruz Roja al Valor Militare, Cruz por la Unidad Nacional Española, Cruz del Sufrimiento por la Patria, Grande Ufficiale dell’Ordine del Nilo della Repubblica Araba d’Egitto, Gran Croce con stella e striscia dell’Ordine al Merito della Rep.Fed.Tedesca, Gran Croce dell’Ordine Alawita del Regno di Marocco, Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno dello Stato di Città del Vaticano). Altro che Lawrence d’Arabia, Amedeo Guillet diventa un mito vivente quando, nel 1941 in Africa orientale, le truppe inglesi costringono alla resa gli italiani. Giovane tenente di cavalleria al comando dei suoi “Spahis†(truppe indigene di cavalleria), rifiuta la resa e inizia la sua “guerra privata”: vuole impegnare il più possibile il nemico per impedirgli di riversare tutte le forze in Libia, vuole che l’Italia esca dalla guerra con dignità . Alla testa dei suoi cavalieri inizia una serie di azioni di guerriglia talmente audaci da diventare un incubo per i convogli inglesi. I suoi uomini lo seguono ovunque, lo adorano: nasce il mito del “Cummandar as Shaitanâ€, il comandante diavolo. Senza più ordini, senza più l’uniforme del Regio esercito, impara a parlare perfettamente l’arabo, indossa il turbante e, per otto mesi, con un centinaio di soldati , assalta depositi, ponti, avamposti inglesi e sfugge alla caccia serrata che l’intelligence inglese gli aveva scatenato. Quando, rimasto con poche decine di uomini, capisce che non può continuare oltre, scioglie la banda e inizia una avventurosa fuga che lo porterà fino in Yemen, dove, accolto dal sovrano, l’Imam Yahiah, sarà nominato responsabile delle scuderie reali. Rientrato in Italia, all’indomani dell’armistizio, si reca Brindisi dove si mette a disposizione del Re. Al termine della guerra inizia la carriere diplomatica che lo porterà a essere ambasciatore italiano in Giordania, Marocco e India. Eppure, di lui nessuno sa nulla a dispetto di molti più osannati eroi: insomma, Amedeo Guillet è stato sino in fondo un nobile dentro e fuori.Â