CANCELLO ED ARNONE-“Letteratitudini†sotto l’albero in prossimità del Santo Natale
Il “gruppo di lettura†impegnato sulle pagine del grandissimo Dante Alighieri – relatrice della serata la prof.ssa Marinella Viola.
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CANCELLO ED ARNONE (Matilde Maisto) – Autore potentissimo ed enciclopedico, Dante Alighieri (1265 – 1321); affascinante l’opera, “La Divina Commediaâ€. Intorno a questi due pilastri s’è ritrovato il “gruppo†Lettaratitudini, sabato 14 dicembre u.s., nel “salotto buono†della coordinatrice Matilde Maisto.
L’ormai consolidato “team di lettura†si è avvalso del contributo della relatrice Marinella Viola per riflettere e discutere sul XXVI canto dell’Inferno: “…di tante fiamme tutta risplendea l’ottava bolgia, sì com’io m’accorsi tosto che fui là ‘ve ‘lfondo parea…â€
Il Canto si svolge interamente nella VIII Bolgia dell’VIII Cerchio, dove sono puniti i consiglieri fraudolenti, e il protagonista assoluto è Ulisse, attraverso il cui personaggio Dante intende svolgere un importante discorso relativo alla conoscenza. Il canto inizia con un’apertura che commenta quanto si è visto nel passo precedente (l’invettiva contro Firenze, che non può andare fiera della presenza di cinque suoi cittadini nella Bolgia dei ladri), un lento avvicinamento alla Bolgia successiva con la faticosa salita lungo le rocce e il ponte, la descrizione delle fiamme che costellano il fondo della fossa e infine la presentazione del protagonista dopo una lunga attesa. Dante si mostra subito molto interessato alla pena di questa categoria di dannati, probabilmente perché si sente in parte coinvolto nel loro peccato. In effetti la colpa di questi dannati è legata alla conoscenza e, soprattutto, all’uso della parola per tessere inganni, per cui il loro peccato è di natura intellettuale: Ulisse e Diomede scontano infatti una serie di imbrogli che avevano ordito attraverso un uso sapiente del linguaggio (specie l’inganno del cavallo di Troia).
Il colloquio con Ulisse è scandito da tre momenti, che corrispondono al discorso che Virgilio rivolge ai due dannati, al racconto dell’eroe che culmina nel discorso fatto ai compagni, alla descrizione del viaggio. Dante arde dal desiderio di parlare con i peccatori avvolti dalla fiamma biforcuta, per cui prega vivamente il maestro di chiamarli a sé (e lo fa con una certa finezza retorica: assai ten priego / e ripriego, che ‘l priego valga mille.) Altrettanto fine è l’allocuzione con cui Virgilio invita Ulisse a parlare: adducendo il pretesto che i due, essendo greci, potrebbero essere restii a parlare on Dante (nel Medioevo era diceria diffusa che i Greci avessero un carattere scontroso), il maestro si rivolge loro con una captatio benevolentiae che invoca presunti meriti acquisiti in vita presso di loro, quando scrisse gli ‘alti versi’. Così il poeta latino chiede a Ulisse di raccontare le circostanze della sua morte e l’eroe acconsente scuotendo la fiamma che lo avvolge come una lingua che parla ed emette voce.
Giunto alle colonne d’Ercole, limite estremo delle terre conosciute, l’eroe rivolge ai compagni una ‘orazion picciola’ che è un piccolo capolavoro retorico, con cui li esorta a non perdere l’occasione di esplorare l’emisfero australe totalmente invaso dalle acque, dove non abita nessun uomo (il mondo sanza gente, come Ulisse lo definisce consapevole del fatto che è un luogo deserto). Il che è ovviamente un inganno, dal momento che non è possibile seguir ‘virtute e canoscenza’, né diventare ‘esperti de li vizi umani e del valore’ esplorando un mondo disabitato: Ulisse vuole solo soddisfare la propria curiosità fine a se stessa, quindi trascina i compagni in un ‘folle volo’ che infrange i divieti divini e si concluderà con la morte di tutti loro.
Lungi dall’essere quindi un eroe positivo della conoscenza, Ulisse è per Dante l’esempio negativo di chi usa l’ingegno e l’abilità retorica per scopi illeciti, dal momento che superare le colonne d’Ercole equivale a oltrepassare il limite della conoscenza umana fissato dai decretidi divini, quindi il viaggio è folle in quanto non dovuto da Dio e per questo punito con il naufragio che travolge la nave nei pressi della montagna del Purgatorio.
Una serata all’insegna della cultura, quindi, ma anche della convivialità e dell’amicizia. Con vero piacere al gruppo storico di Letteratitudini: Giannetta Capozzi, Arkin Jasufi, Matilde Maisto, Felicetta Montella, Concetta Pennella, Olga Petteruti, Raffaele e Lella Raimondo (assenti per un lutto in famiglia), Laura Sciorio, Marinella Viola, si sono aggiunte le voci di nuoci amici: Antonio Leone, Marialuisa Santonicola, Maria Sciorio.
Per il prossimo mese di Gennaio 2014, in data ancora da definire, il gruppo di lettura ha programmato una serata a teatro; la cultura diventa itinerante con “le voci dentroâ€, commedia in tre atti di Eduardo De Filippo, composta nel 1948 e inserita dall’autore nella raccolta “Cantata dei giorni dispari†. Riproposta al Teatro San Ferdinando di Napoli con la regia di Toni Servillo.
Matilde Maisto
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