CANCELLATA LA PENA ALL’ALLEVATORE MATTIA DI GAETANO
ALL’ALLEVATORE BUFALINO, MATTIA DI GAETANO, DA PIGNATARO MAGGIORE, BRILLANTEMENTE DIFESO DALL’AVV. ANTONIO PELUSO, DEL FORO DI NAPOLI, PRESSO LA CORTE D’APPELLO DEL TRIBUNALE DI NAPOLI – II SEZIONE PENALE – È STATA CANCELLATA, PER INTERVENUTA PRESCRIZIONE DEL REATO ASCRITTOGLI, LA PENA PRECEDENTEMENTE IRROGATA PRESSO IL TRIBUNALE DI S. MARIA C. V..
di Paolo Pozzuoli
L’avv. Antonio Peluso, principe del Foro di Napoli, con una veemente e brillante tesi difensiva, ha smontato presso la II Sezione penale della Corte d’Appello del Tribunale di Napoli, l’articolato impianto accusatorio costruito in danno del proprio patrocinato, sig. Mattia Di Gaetano, titolare Pignataro Maggiore, al quale, in sede del primo processo penale celebrato presso il Tribunale di S. Maria C. V., fu irrogata la pena di mesi 9 di reclusione, pena risultata comunque al di sotto dei limiti edittali. La celebrazione dei due procedimenti penali deve ritenersi strettamente legata ad un tragico evento mortale avvenuto presso l’azienda dell’allevatore Mattia Di Gaetano: il decesso – giorno 22 dicembre 2007 – del cittadino extracomunitario Ram Malket nativo di Jal (Repubblica dell’India), in Italia senza permesso di soggiorno, provocato verosimilmente dalla carica di una bufala che, avendo appena dato alla luce un bufalotto, scossa da una presenza estranea, certamente ingombrante e tale da poter nuocere al ‘piccolo’, ebbe una reazione aggressiva – proprio di una madre – nei confronti della persona estranea ma sicuramente e profondamente protettiva per il ‘neonato’. I consequenziali accertamenti posti in essere da parte degli organi di polizia giudiziaria che provvedevano a redigere e quindi a trasmettere rapporto di rito alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria C. V., evidenziavano non solo l’esistenza di un rapporto di lavoro fra le parti menzionate ma anche una serie di violazioni di norme in materia di prevenzione, sicurezza e igiene sul luogo del lavoro (V. azienda bufalina), da parte del titolare-proprietario (sig. Mattia Di Gaetano) il quale, a mero titolo di responsabilità oggettiva, finì indagato per omicidio colposo aggravato. Indi il processo penale celebrato presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Qui, nonostante la difesa, con una tesi concreta e particolareggiata – condivisa peraltro dalla pubblica accusa – finalizzata a dimostrare che la morte del cittadino indiano non era affatto collegata né ad un rapporto di lavoro e, di conseguenza, ad alcuna violazione delle norme riflettenti la sicurezza dei prestatori d’opera negli ambienti di lavoro bensì dovuta esclusivamente ad una negligenza ovvero ad una imprevidente, irresponsabile presenza nella stalla proprio del povero Ram Malket, chiedeva l’assoluzione dell’imprenditore agricolo. Di parere diverso il giudizio del Tribunale che emetteva sentenza di condanna (mesi 9 di reclusione) nei confronti di Mattia Di Gaetano. Tale sentenza venne appellata dall’avvocato Antonio Peluso del Foro di Napoli, difensore dell’imputato, presso la Corte d’Appello del Tribunale di Napoli. Qui, i magistrati della II sezione Penale, in accoglimento del gravame proposto, hanno escluso ogni altra aggravante e riconosciuto che il defunto cittadino indiano non era affatto un lavoratore dipendente del Di Gaetano, titolare dell’azienda bufalina dove fu trovato morto e che pertanto non poteva essere applicato l’aggravante in questione. Per effetto di tale esclusione, veniva, altresì, riconosciuta la intervenuta prescrizione del reato e con essa la conseguente cancellazione della pena.