DISCORSO DI PIERO CALAMANDREI A DIFESA DELLA SCUOLA PUBBLICA

Scuola

adattato da Raffaele CARDILLO

 

Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà

La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”, ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione

La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente.

A  questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità, ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale, la scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.

Questa immagine è consacrata nell’ articolo 34 della Costituzione,  in cui è detto: “La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

Seminarium rei pubblicae, dicevano i latini del matrimonio, noi potremmo dirlo della scuola: seminarium rei pubblicae: la scuola elabora i migliori per la rinnovazione continua, quotidiana della classe dirigente.

Ora, se questa è la funzione costituzionale della scuola nella nostra Repubblica, domandiamoci: com’è costruito questo strumento? Quali sono i suoi principi fondamentali? Prima di tutto, scuola di Stato, lo Stato deve costituire le sue scuole, prima di tutto la scuola pubblica, prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica, la scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius, per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima

Noi dobbiamo prima di tutto mettere l’accento su quel comma dell’art. 33 della Costituzione che dice così: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Dunque, per questo comma lo Stato ha in materia scolastica, prima di tutto una funzione normativa, lo Stato deve porre la legislazione scolastica nei suoi principi generali, poi, immediatamente, lo Stato ha una funzione di realizzazione

Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta.

Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non vuol fare la marcia su Roma,  ma vuol istituire una larvata dittatura.

Allora attua una sottile strategia che consiste nel trascurare le scuole pubbliche, a screditarle e ad impoverirle e inizia, in contemporanea, a favorire le scuole private,con una cura massiccia di denaro pubblico e privilegi, delle vere campagne pubblicitarie per invitare i ragazzi a frequentarle, con premi incentivanti alle famiglie, promettendo dei corsi di studi facilitati fino al raggiungimento dell’agognato diploma.

Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata  e quindi strumento del partito al potere.

Comunque a scoraggiare questo ignobile artificio c’è l’articolo 33 della Costituzione che prevede sì l’istituzione di Enti scolastici privati paralleli ma senza alcun onere per lo Stato.

Tuttavia nonostante questo preciso divieto, si è aggirato l’ostacolo fornendo gli assegni familiari scolastici a chi ritiene frequentare la Scuola privata.

Una stortura macroscopica l’adozione di questa provvidenza che innesca meccanismi perversi, miranti a far disertare le Scuole di Stato e incentivare quelle private, dove si fabbricano non i cittadini ma gli elettori di un certo partito, una deriva totalitaria che preferiamo non evocare.

Il pericolo del disfacimento morale della Scuola pubblica ormai è manifesto, un senso di sfiducia si va diffondendo,  specialmente tra i giovani.

È il tramonto di quelle idee della vecchia scuola di Gaetano Salvemini, di Augusto Monti: la serietà, la precisione, l’onestà, la puntualità,  idee semplici. Il fare il proprio dovere, il fare lezione, formatrice di coscienze,  di persone oneste e leali.

Purtroppo si va diffondendo l’idea che tutto questo è superato, oggi valgono appoggi, raccomandazioni, tessere di un partito o di una parrocchia, la religione che diventa uno spregevole pretesto per fare i propri affari, un’accozzaglia di disonesti, senza carattere, senza fede, senza opinioni, questi uomini che dieci anni fa erano fascisti, cinque anni fa erano a parole antifascisti, ed ora son tornati, sotto svariati nomi, fascisti nella sostanza cioè profittatori del regime.

L’importante è non lasciarsi vincere dallo scoramento, ci conforta il fatto, come ampiamente documentato, che chi vinse la guerra del 1918 fu la scuola media italiana, perché quei ragazzi, di cui le salme sono ancora sul Carso, uscivano dalle nostre scuole e dai nostri licei e dalle nostre università. Però guardate anche durante la Liberazione e la Resistenza è accaduto lo stesso.

Ci sono stati professori e maestri che hanno dato esempi mirabili, dal carcere al martirio, una maestra che per lunghi anni affrontò serenamente la galera fascista è qui tra noi, e  tutti noi, vecchi insegnanti abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d’Italia.

Pensiamo a questi ragazzi nostri che uscirono dalle nostre scuole e pensando a loro, non disperiamo dell’avvenire, siamo fedeli alla Resistenza bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale.

Quanto detto non è stato formulato ieri l’altro, ma 65 anni fa da Piero CALAMANDREI, nostro PADRE COSTITUENTE!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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