L’emozione di rivivere il passato

Un autore appassionato della storia antica
ama rievocare eventi cruciali per l’umanità.
I suoi racconti editi da Città del sole e da Falzea

 

 
«Forse da Betlemme si sta levando il soffio premonitore di un vortice devastante destinato a travolgerci tutti…». Questa frase tratta da Ombre a Betlemme è piuttosto significativa per chi intenda farsi un’idea preliminare sul modo di raccontare di un autore che ama ricostruire eventi molto distanti nel tempo: ovviamente colmando con la sua inventiva letteraria i vuoti lasciati dalla storiografia del tempo. Torinese (ma residente in provincia, a Carignano), 57 anni, un passato (ormai remoto e dimenticato) come informatico, attualmente romanziere e critico letterario, Guglielmo Colombero ha sempre nutrito una passione sviscerata per l’antichità. Da adolescente, divorava i volumi della libreria di casa (anche perché era l’unica traccia lasciata dalla sua mamma Candida, una friulana colta e bibliofila, scomparsa purtroppo quando lui aveva solo un anno e mezzo). Più avanti, frequentando il liceo classico, Colombero ha attinto da fonti molteplici: i classici greci e latini (Omero, Senofonte, Erodoto, Tucidide, Apollonio Rodio, Catullo, Virgilio, Petronio), le saghe medievali (i Nibelunghi, Beowulf, Parzifal, la Chanson de Roland), e poi i moderni: romantici, decadenti, simbolisti, espressionisti. Bécquer, Baudelaire, Poe, Melville, Tolstoj, Stevenson, Dostoevskij, Andreev, Kafka, Joyce, Conrad, Zamjatin, Céline, García Lorca, Orwell, Faulkner, tanto per citarne alcuni. Nella piena maturità, fino alla scelta decisiva del 2005 (il passaggio dall’informatica alla letteratura), ecco la scoperta di Mann, Moravia, Borges, García Márquez, Castellaneta.


La sposa del condottiero e la regina guerriera

Nel 2002, la svolta: Colombero legge Memorie di Adriano e L’opera al nero di Marguerite Yourcenar, la grande scrittrice belga che diviene il suo inimitabile modello, e lo spinge verso il tentativo di realizzare qualcosa che superi le cento pagine (fino a quel momento aveva sfornato solo due racconti brevi, Magdalena e La donna tatuata, e uno più lungo di genere fantasy, L’alito del drago, tutti rimasti inediti).
Da questo calderone ribollente, nel fatidico 2007, scaturisce finalmente il primo romanzo più o meno “storico”, Himilce la sposa di Annibale (Falzea, pp. 324, € 15,00): narra della moglie del grande condottiero punico, chiamata a indagare su alcuni misteriosi delitti nei templi di Cartagine. Una trama complessa, talvolta macchinosa, che comunque suscita l’interesse di qualche centinaio di lettrici e lettori, soprattutto per certi scorci visionari e barocchi, e forse anche per il torrido erotismo che lo pervade.
Il rapporto con la casa editrice di Paolo Falzea si ripete due anni dopo, quando vede la luce Tomyris la signora della tigri (Falzea, pp. 240, € 15,00): di nuovo una donna protagonista, la bellicosa amazzone che, incoronata dal popolo caucasico dei Massagetaj, sfida l’armata di Ciro il Grande in un’epoca arcaica, 500 anni prima dell’era cristiana. Più concitato e dinamico del precedente, dimostra come Colombero sia capace di imprimere un ritmo incalzante alla narrazione, creando un effetto “page turner” senza mai rinunciare alla qualità stilistica e alla ricercatezza lessicale.


Betlemme, meta di un viaggio alla ricerca di se stessi

Nel 2012 Colombero inaugura il sodalizio con Franco Arcidiaco, fondatore della casa editrice Città del sole, e, come già accaduto per i precedenti, presenta al Salone internazionale del libro di Torino il suo terzo romanzo, Ombre a Betlemme (Città del sole, pp. 336, € 15,00). «Si tratta sicuramente della cosa migliore scritta da Colombero finora», dirà Federico Audisio di Somma, vincitore del Premio “Bancarella” 2002 e animatore del Gruppo 18 al Circolo del Lettori di Torino, presentando alcuni mesi fa Ombre a Betlemme al suo pubblico di aficionados. In effetti, in questo romanzo Colombero sfida non poche insidie, ed evita parecchie trappole: riesce infatti a condensare le vicende di ben quattro blocchi di personaggi confluenti verso Betlemme. Cosa li accomuna? La ricerca del presunto Messia, ma con scopi ben differenti. Infatti qualcuno ha il compito di ucciderlo (il sicario inviato dal Herodes Antipa), qualcun altro vuole incoronarlo re d’Israele (i due Zeloti), altri intendono portarlo altrove per scopi politici (il tribuno romano Velleio e i Magi venuti dalla Persia).
La padronanza sfoderata da Colombero nel governare questo intreccio complicato rappresenta un notevole salto di qualità: la tensione narrativa resta sempre alta, e la crudezza di alcune situazioni determina un’immersione totale nell’odio e nella violenza dominanti in un’epoca storica in cui la vita umana valeva poco o niente, e i più feroci supplizi, come la crocifissione, erano all’ordine del giorno. Se consultate il sito di Ibs, dove sono pubblicati i giudizi dei lettori, su Ombre a Betlemme troverete, fra gli altri, il seguente commento: «Divorato in sole sette ore, non aggiungo altro!».


Costantino, l’imperatore che per primo sancì la laicità dello stato

«Un mento volitivo, lievemente bipartito nel mezzo, innestato su un collo taurino; labbra carnose, dal taglio netto; il tipico naso latino a rostro d’aquila; e le iridi castane con venature fulve, sormontate da esili sopracciglia brune, che si allungavano sulla fronte spaziosa, solcata da una frangia di ciocche ribelli». La nitidezza fotografica con cui Colombero introduce il personaggio di Costantino il Grande è un segnale ben preciso della sua parabola evolutiva come narratore. Constantinus la croce e il serpente (Città del sole, pp. 408, € 18,00) è un’opera ambiziosa, suddivisa in un arco temporale di dieci anni, e rigorosamente documentata da fonti storiche attendibili (cronisti dell’epoca come Lattanzio, lettere, panegirici, monete) e da svariate testimonianze sia artistiche (busti, statue, mosaici) che architettoniche (l’Arco di Costantino, la Basilica di Massenzio).
Il romanzo ripercorre le tappe dell’ascesa al potere di Costantino: prima tribuno, poi tetrarca, infine unico imperatore. Il tutto attraverso lo sguardo del suo luogotenente Sebastiano, un giovane ufficiale, fervente cristiano ma anche innamorato dell’androgina Salmacis, sacerdotessa pagana della dea Kubaba ad Antiochia. Un amore contrastato, che, nella pura tradizione dell’historical novel, s’intreccia con intrighi di palazzo, persecuzioni religiose e sanguinose battaglie. Colombero scandisce la narrazione senza sbavature: ogni frase è funzionale alla trama, ogni dettaglio è utile al racconto.
Alcuni scorci restano impressi: il duello fra Costantino e il principe sarmata nelle paludi danubiane, e quello fra Sebastiano e il feroce capotribù caledone nella brughiera della Britannia, vere e proprie danze letali in cui una singola mossa può tracciare il confine fra la vita e la morte. L’eterna lotta fra Eros e Thánatos trasuda anche dai riti orgiastici in onore di Kubaba e Dioniso, dalla deriva sensuale che unisce i corpi di Sebastiano e Salmacis, dalle suggestive coreografie pagane.
Sotto il profilo storico, Colombero analizza a fondo la psicologia di Costantino, e ne mette in risalto la modernità di pensiero: con l’editto di Milano del 313, il nuovo imperatore afferma per la prima volta nella storia umana il principio che nessuno debba essere molestato per le proprie credenze religiose, purché rispetti le leggi statali. Scusate se è poco!
Qualche anticipazione sui progetti futuri? Colombero ce la fornisce volentieri: «Sto lavorando al seguito di Ombre a Betlemme, che avrà come titolo Il settimo velo di Salomé. Uno dei protagonisti del precedente romanzo, il romano Velleio, diventato senatore, torna in Palestina trent’anni dopo, per indagare sull’improvvisa pazzia del tetrarca della Galilea Herodes Antipa. Pare che la sua mente sia rimasta sconvolta da qualcosa impresso sull’ultimo velo lasciato cadere a terra durante la famosa danza della figliastra Salomé, ricompensata con la testa del Battista sul vassoio. Cosa avrà mai visto Herodes di tanto agghiacciante?». Pazientate un annetto e lo saprete!

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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