Quattordicesima domenica del tempo ordinario (A)

Domenica 6 luglio 2014

Gesù che parla alla genteLa fede è sempre ricerca, il dubbio è sempre necessario

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 

Gesù è uno di quelli che non ti lascia mai adagiare nel comodo, ti scandalizza continuamente, ti provoca con i suoi scomodi messaggi. Oggi ne abbiamo un altro esempio. Avevamo sempre pensato che i supremi “perché” della vita spettassero solo ai filosofi o ai teologi. Gesù invece afferma il contrario: le verità più importanti sono nascoste ai laureati e ai teologati, e sono invece rivelate ai piccoli e ai semplici. Nessuna meraviglia! Quante volte noi abbiamo imparato più da una persona semplice e onesta che non da uno scienziato plurilaureato? Lo sosteneva già Benedetto Croce quando scriveva che si impara più da una vecchietta che non dai libri del filosofo Schopenhauer. Disprezzo della cultura? No! Ma le verità di fede, anche gli scienziati, le ricevono non in quanto geni, ma in quanto semplici. Questo vale per Agostino e Dante, per Pascal e Rosmini. Ed è giusto che sia così. Pensate come sarebbe ingiusto se alla verità di Dio potessero arrivare solo gli strizzacervelli. Sarebbe un intollerabile privilegio!

 

Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.

Gesù loda Dio, suo padre, perché ha manifestato le verità di fede ai “bambini”. Ma attorno a Gesù c’erano davvero dei bambini o si tratta di bambini immaginari, messi lì per insegnare ai superbi la semplicità? Sì, i bambini c’erano per davvero: in carne ed ossa. Gesù, sovente, era circondato da bambini, come un maestro d’asilo o di scuola elementare. Un giorno ne prese uno in braccio e, agli apostoli che litigavano per il primo posto, disse: “Se non diventerete come bambini, non entrerete in cielo”. E agli apostoli che cacciavano quei marmocchi, Gesù indignato ordinò: “Lasciate che i bambini vengano a me. Il Regno dei cieli è per loro, e per quelli che sono come loro”. Grosso rimprovero per noi, arroganti intellettuali! Ha avuto ragione quella brava e nota scrittrice nell’annotare che il mondo sarà salvato dai ragazzi, dagli apostoli-bambini, grazie ai quali abbandoneremo la nostra sterile saggezza, chiederemo perdono dei nostri capelli grigi e della nostra anima oscura.

 

La povertà evangelica non è solo questione di soldi!

A tutti Cristo lancia il suo invito: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi”. I poveri, i piccoli gli umili accorrono a Lui: i grandi della terra, i sapienti riescono a raggiungerlo nella misura della loro infanzia spirituale. Ma attenzione! Non confondiamo la povertà sociologica con la povertà evangelica: essere poveri ed oppressi non significa essere automaticamente figli di Dio; diciamo solo che i poveri sono nelle condizioni ideali per accogliere il suo messaggio di liberazione; i poveri hanno le condizioni (che sovente mancano ai ricchi!) di vivere il Vangelo perché sono disponibili alla speranza e alla fiducia.

 

I “piccoli” sono tutti gli emarginati!

I “piccoli” non sono i bambini, ma gli emarginati che non hanno il potere né il sapere né l’avere. I farisei, gli scribi, i professionisti, i teologi sono … portatori di cultura e, come tali, sono preoccupati di conservare i loro privilegi, di garantire il loro ceto sociale nel quale gli ultimi non hanno il diritto di parlare. Nella sinagoga, le donne non potevano parlare; nella società ebraica, le vedove, gli emarginati e i malati non avevano i diritti civili. Questo è il problema: come noi, i complicati, possiamo parlare ai semplici. Noi abbiamo studiato nelle scuole specializzate, abbiamo titoli di studio, abbiamo vinto concorsi, parliamo diverse lingue. E quelli che ci ascoltano sono esperti come noi, si trovano sulla stessa sponda. Le persone che vanno in Chiesa sono in genere agiate, borghesi, almeno diplomate. I poveri non vanno più in Chiesa, specie se hanno preso coscienza dei loro diritti e delle ingiustizie subite. Ma i piccoli, i poveri, dove sono? Alcuni decenni fa, si parlava di apostasia degli “operai” dalla Chiesa; oggi, si parla di apostasia dei “piccoli” dalla Chiesa. Veramente siamo noi gli apostati, che ci siamo separati dai poveri, per proteggere i nostri privilegi! Dobbiamo dire queste cose con sincerità di mente e con penitenza di cuore.

 

La fede è sempre ricerca, il dubbio è sempre necessario

La nostra conoscenza di Dio ha un vizio di fondo, dovuto ai nostri catechismi, al nostro intellettualismo. Ma esiste davvero Dio? Ma ci sarà davvero la risurrezione? Ma cosa significa Trinità? Simili domande nascono fatalmente in una religione intellettualistica. La vera conoscenza di Dio passa attraverso la partecipazione alle sofferenze degli ultimi. Se voi passate una sola ora con un disperato, con un ammalato, con un emarginato, e vi caricate della sua sofferenza, voi siete già entrato nel mistero di Dio. Capire che in questo mondo le persone oneste sono perseguitate, che i violenti hanno successo, che i giusti sono ridotti al silenzio, costituisce i migliori “praeambula fidei” per conoscere Dio.

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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