Domenica di Pasqua (A)

Domenica 20 aprile 2014

Domenica di Pasqua (A)

Pasqua è a morte della morte! 

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 Gesù con gli apostoliEntrare … vedere!

“Sono entrato, e ho visto una luce immutabile”. Nel libro VII delle Confessioni Agostino sintetizza con queste due parole uno dei momenti fondamentali della sua storia personale. Entrare, passando attraverso le ombre delle apparenze, nella verità dell’essere, nella verità della persona umana. L’uomo, ogni uomo, porta in se stesso un tesoro nascosto. Oggi, raramente ci meravigliamo; non proviamo stupore davanti alla vita. Già i greci avevano notato che la culla del pensiero è lo “stupore”. Chi non prova più stupore, è diventato un povero stupido! Quando non ci si meraviglia più di nulla, il pensiero è morto. Le parole di Agostino parlano di un “entrare”, cioè di un cammino che egli ha dovuto compiere per “vedere”. L’uomo scopre se stesso quando si converte non solo a se stesso, ma al Creatore che lo fa essere.

 

La gioia cristiana: una tristezza superata!

La risurrezione di Gesù è il fondamento della fede cristiana. Essere cristiano significa credere alla risurrezione di Cristo. Noi non siamo cristiani perché crediamo al peccato, ma perché crediamo alla re­missione del peccato; non perché crediamo alla sofferenza, al male, alla morte … ma perché crediamo alla gioia, al bene, alla vita. Il cuore della nostra fede è la speranza che ogni peccato si può mutare in grazia, ogni morte in risurrezione, ogni colpa in una felice colpa. Non pochi cristiani sono più inclini ad affliggersi con il Cristo morto, a meditare la via della croce, che a rallegrarsi con il Cristo risorto, a meditare la via della gioia! Sul Calvario c’erano ancora alcuni fedeli, ma alla risurrezione nessuno. Tutti erano fuggiti! Abbiamo certo meditato sulla “Via della croce” e abbiamo fatto molto bene. Ma la Chiesa ora ci invita a riflettere sulla “Via della Gioia”, sul Cristo risorto che, con affetto paziente, sveglia i suoi amici alla speranza. Noi cristiani siamo un po’ i professionisti della disgrazia, gli specialisti del dolore. Interveniamo volentieri quando le cose vanno male; quando poi dovremmo gioire, allora diventiamo assenti. Perché? Forse perché condividere la gioia di un Altro suppone delicatezza e genero­sità di cuore; nella tristezza invece ricerchiamo noi stessi, compatiamo noi stessi, fingendo di compatire gli altri. A Quaresima finita, dovremmo fare a Dio il regalo più grande: quello di vederci felici, a motivo del suo Cristo. Se conosciamo solo la croce, allora la nostra religione non ha fatto Pasqua, non ha compiuto il passaggio dalla morte alla vita. Non restiamo ancorati al sepolcro, per fedeltà a Cristo! Il sepolcro è vuoto! E’ inutile cercare tra i morti il Vivente!

 

L’amore è l’unica energia positiva

La peggiore eresia cristiana è credere che la redenzione sia avvenuta grazie alla sofferenza. Unico strumento della redenzione è l’Amore. Quando Cristo è venuto, ciò che mancava agli uomini non era la sofferenza ma l’amore. Proprio come oggi! Senza dubbio, la gioia cristiana non è facile. La gioia cristiana è una tristezza superata. Quanti cristiani, invece, hanno la religione della croce, attestano solo l’assenza di Dio, fanno guardia ad un sepolcro vuoto. Questa non è fedeltà a Dio, ma alle nostre tristi idee sulla religione. Dio si è rivelato molto migliore di quanto noi credevamo. Ci aspettavamo un giudice vendicatore e, invece, nasce un Bambino; ci preparavamo alla resa dei conti e, invece, un Uomo spalanca le braccia in croce chiedendo perdono per tutti. E’ infranto l’idolo meschino nel quale avevamo raffigurato Dio; è finita la religione della triste paura. Cristo appariva tanto umano che l’uomo a stento osava credere. Gli uomini si fermavano storditi da una notizia troppo bella. La folla, alla moltiplicazione dei pani, si accorgeva di non avere più fame. Capite? Pochi momenti prima avrebbero litigato per un pezzo di pane. E i malati? Scoprivano all’improvviso che avrebbero potuto anche restare malati, che non occorreva guarire per essere felici. Il nostro più grande errore è credere che ci manchi sempre qualcosa per essere felici, come una donna, la salute, il denaro, il successo, la carriera … Invece, quello che veramente ci manca non è qualcosa, ma Qualcuno!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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