Domenica 23 marzo 2014 Terza domenica di Quaresima (A)

Gesù che parla alla genteTutte le ore sono buone per incontrare il Signore! 

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 

Era verso mezzogiorno …

E’ bellissima questa pagina di Vangelo, dove niente è programmato, ma tutto viene descritto con semplicità: il pozzo, la calura nella sua ora più torrida, Gesù stanco e solo presso il pozzo, i discepoli in paese a comperare pane, una donna chiacchierata che viene ad attingere acqua. Ma quanti messaggi rivoluzionari vi sono contenuti! Certo, occorre conoscere un po’ la storia e i costumi degli ebrei di allora. Gesù, ad esempio, rivolge la parola a una donna, cosa che stupisce persino lei, oltre che gli apostoli: un rabbino, fuori casa, non poteva parlare neppure alla propria moglie; inoltre, si tratta di una donna samaritana, cioè di un’altra razza ed eretica e, cosa più grave, è una donna dalla vita leggera. Ebbene, Gesù lo sa, e glielo dice anche, ma senza offenderla; anzi, diventano amici, che dico, lei diventa una missionaria! A una donna così, Gesù parla di cose sublimi: la vera fede, Dio adorato non più sul monte o nel Tempio ma nello spirito e nella verità; addirittura le si rivela come messia e figlio di Dio. Tali rivelazioni le fa solo a lei, con nessuno presente. Quando i preti, durante la nostra infanzia ci dicevano che Gesù sarebbe morto anche per salvare uno solo di noi, facevamo fatica a crederlo. Questo episodio della samaritana ci dimostra che è proprio così. Un amore folle di Dio per l’uomo, anche per l’ultimo disgraziato, fa parte del suo stile. Come salvare un ladrone in croce, solo grazie a un atto di dolore.

 

L’unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità

E’ vero quanto scrive U. Eco nel suo bel romanzo Il nome della rosa: “L’Anticristo può nascere dalla stessa pietà, dall’eccessivo amor di Dio o della verità, come l’eretico nasce dal santo e l’indemoniato dal veggente. Temi, o Adso, i profeti e coloro che sono disposti a morire per la verità, che di solito fanno morire moltissimi con loro, spesso prima di loro, talvolta al loro posto. Forse il compito di chi ama gli uomini è di fare ridere della verità, fare ridere la verità, perché l’unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità”. Anche noi, dalla nostra infanzia, quante idolatrie abbiamo attraversato! La nostra autonomia interiore non è mai un prodotto compiuto, ma un umile processo. Il nostro è un viaggio attraverso schiavitù, che ci occupano dentro.

 

I veri credenti adorano il Padre “in spirito e verità”

Una costante della cultura contemporanea è che non esiste un uomo “normale”, che nessun uomo è “sano”. Una cultura astratta, idealistica, ci ha fatto credere che esisteva un umanesimo integrale, il nostro appunto. Invece, le antropologie critiche hanno svelato il sottosuolo sociale delle nostre virtù e mostrato come la nostra giustizia è un modo per crearci una coscienza tranquilla. Giusti però non siamo! E l’analisi psico­logica ha mostrato che certi entusiasmi, anche religiosi, sono sovente delle astuzie per nascondere vecchie e attuali magagne. Siamo tutti malati! Riconoscere questo significa fare il primo passo verso la Verità. Sapere di non sapere è il primo passo verso la Sapien­za. La nostra vita cosciente è solo la piccola punta dell’iceberg, che galleggia sull’immenso inconscio, ove si annidano i pregiudizi più terribili. Contro questo “zoccolo duro” della nostra psiche non basta nessun esame di coscienza. Dobbiamo quindi diffidare anche delle nostre virtù! Queste scoperte recidono alle radici l’ottimismo della nostra civiltà occidentale. Siamo tutti barbari. La distinzione fra civile e barbaro, tra “samaritano ed ebreo” ha valore solo presso una minoranza di bianchi arroganti.

Un documento di questa arroganza teologica ci viene descritto nell’Au­tobiografia di Malcolm X: “Il padrone bianco inculca la ‘sua’ religione cristiana nell’animo di questo negro. Gli fu insegnato ad adorare un Dio straniero, che aveva gli stessi capelli biondi, la stessa pelle bianca, gli stessi occhi azzurri del suo padrone. Questa religione insegnò al negro che il colore che aveva era una maledizione, gli insegnò a odiare tutto ciò che era nero, compreso se stesso. Gli insegnò che qualunque cosa bianca era buona, degna di ammirazione; lo persuase a porgere sempre l’altra guancia, a inchinarsi quasi strisciando, a essere umile, ad accettare qualunque cosa gli venisse propinata dal diabolico uomo bianco. Soprattutto lo aveva persuaso ad aspettare la ricompensa nell’altra vita, mentre qui sulla terra il suo padrone bianco si godeva il paradiso”.

Lo Spirito ci libera dalla vecchiaia, dal passato, dalle nostalgie. Queste, anche quando sono rivestite di sacri paludamenti, hanno paura del futuro di Dio che viene, secondo la bella alternativa del profeta Geremia, come fuoco che brucia e come gemma che nasce. La fede, liberata dalle angustie delle teologie, ritrova le dimensioni dell’Alleanza, della Solidarietà, della Simpa­tia. Non abbandoniamo la nostra certezza che Gesù è la salvezza, solo che non diamo a questa salvezza le nostre dimensioni giuridiche, le nostre definizioni canoniche. Questo significa che dobbiamo, noi occidentali, percorrere un itinerario di penitenza storica, perché abbiamo costruito troppe religioni, teologie, liturgie, leggi, teorie … che dividono e offendono la paternità universale di Dio.

 

 

 

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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