A PROPOSITO DI PRIEBKE!

 

di Raffaele CardillPriebkeo

 

Prima di addentrarci in questa selva oscura, ci preme porre l’accento, su quello di essere perfettamente consapevoli che, quanto andremo ad argomentare, potrebbe essere suscettibile d’interpretazioni non in linea con il pensiero dominante, tuttavia auspichiamo che non ci siano fraintendimenti, convinti che il nostro dire non è permeato di alcun delirio antisemita, filo islamico o comunista.

Sono delle pacate riflessioni, forse fallaci, che tentano di ristabilire una verità che, probabilmente, collide con la storia ufficiale.

Ciò premesso, si significa che, non vi è alcuna pretesa ideologica e di non andare controcorrente, nel formulare il nostro dissenso, circa la mancata concessione delle esequie all’ex capitano delle Ss Erich Priebke(nella foto)da parte della Chiesa e, successivamente, il rifiuto della tumulazione della salma in un qualsiasi cimitero italiano.

Una sorta di “damnatio memoriae” condanna della memoria, ossia la cancellazione di ogni elemento atto a ricordare una persona.

Dello stesso avviso anche la Germania, patria d’origine del defunto, e dell’Argentina ove prestò un lungo soggiorno.

Un rimbalzare di assunzione di responsabilità che, non fa certamente onore, a Popoli civili degni di questo nome.

Una gara di farisaica indifferenza nel voler rifiutare una bara, nel non volere officiare il rito funebre pur essendo cristiano, considerarlo come figlio di un dio minore.

Uno strano paradosso, quello di negare le esequie a un soggetto che, per vent’anni era stata accettata la sua presenza a Roma “da vivo”.

Un indegno accanimento verso un cadavere che ha del sacrilego, voler negare una qualsiasi sepoltura a un corpo senza vita e non avere un minimo di rispetto per la salma, è da ritenersi un affronto al buon senso e allo stravolgimento di tutti i valori etici che governano il mondo.

Avere diritto a una pratica religiosa diventa innegabile, il requiem poi, è un atto dovuto poiché cattolico.

Ci viene in mente l’episodio della madre di Cecilia tratto dai Promessi Sposi, nel quale il Manzoni pennella la figura del Monatto che da creatura turpe, qual era considerata ai tempi, tratta con rispetto il corpicino della bambina priva di vita, devastato dalla peste, e lo sistema con fare delicato sul carretto, adempiendo un dovere di pietà cristiana non in linea con il suo personaggio.

Un quadro intriso di un’umanità toccante che sprigiona effluvi da annichilimento, da sindrome di Stendhal.

Di tutto altro avviso fu il metro di valutazione applicato per Enrico De Pedis detto Renatino, autorevole e sanguinario membro della banda della Magliana, che fu inumato nella cripta della chiesa di Sant’Apollinare a Roma.

Fu applicata per l’occasione una deroga al diritto canonico, supportando tale atto dalle meritorie doti di elargizioni in denaro a favore dei poveri che frequentavano la Basilica, un tributo dovuto a un autentico benefattore dell’Umanità.

Uno scivolone dagli echi frastornanti, quello del Vicariato di Roma, che puntualmente si ripete “repetita iuvant”, col negare l’ufficio del sacro rito all’ufficiale tedesco.

Non riusciamo a capire, dove sta la “ratio” di tale atteggiamento, ci potrebbero essere delle interpretazioni maliziose e, tra queste, la più accreditata è quella di un atto di ossequio ai fratelli maggiori (ebraismo), in altre parole di non voler pregiudicare i rapporti da poco rinsaldati con la religione ebraica.

Una logica stridente che non fa una piega, è come dire che la” ragion di stato “ prevale sulla pietas.

Papa Francesco soleva dire: i Capi della Chiesa spesso sono stati narcisi, lusingati e, malamente eccitati dai loro cortigiani, in una parola la corte è la lebbra del papato.

Proviamo adesso a raccontare l’antefatto che ha generato questo ginepraio, cercando di essere uno spettatore distaccato, privo di stimoli emozionali.

A seguito dell’attentato di via Rasella, avvenuto in data 23-05-1944 in cui persero la vita trentatré soldati tedeschi del reggimento di polizia Bolzano, per mano dei partigiani appartenenti ai Gruppi di Azione Patriottica (GAP), vi fu una tremenda rappresaglia da parte dei nazisti che rastrellarono 335 persone, che furono condotte alle Fosse Ardeatine e immediatamente fucilate.

Era il 24-05-1944, circa ventitré ore dopo l’agguato, vittime innocenti s’immolarono sull’altare della stupidità umana.

Per amore della verità bisogna aggiungere che l’ordine per questo insano gesto, fu impartito da Hitler in persona al suo feldmaresciallo Kesserling, che investì della cosa il colonnello Kappler che rese esecutiva l’operazione.

Tra gli addetti all’esecuzione vi era anche il capitano Priebke che eseguì gli ordini.

Altro tassello chiarificatore del mosaico è che, il già citato Kesserling, aveva provveduto con un editto, a vietare azioni di guerriglia, pena severissime ritorsioni, che consistevano nell’eliminazione di dieci soldati italiani per ogni tedesco ucciso.

Queste azioni, certamente non meritorie, sono le leggi orrende della guerra ancorate nel Diritto Internazionale e, quindi, non imputabili al semplice soldato, la cui unica colpa è di avere eseguito una disposizione gerarchica.

Priebke poteva anche rifiutarsi di far parte del plotone, ma correva il rischio di essere a sua volta fucilato.

Una possibilità che, comunque, il soldato delle Ss non avrebbe mai accettato, per la sua visione del mondo che prescindeva da personali concezioni etiche e abbracciava le radici collettive di appartenenza, la cosiddetta Weltanschauung (concezione del mondo).

D’altronde il tribunale militare con sentenza del 20-07-1943 condannò Herbert Kappler all’ergastolo, ma assolse gli altri coimputati perché agirono in obbedienza a ordini superiori, tra questi figurava anche il capitano Priebke allora latitante.

In questa luttuosa vicenda, si usano due pesi e due misure, nel mentre si dà del boia al teutonico, si assolvono gli attentatori che, forse, avrebbero potuto evitare la strage consegnandosi come autori del misfatto.

Se un processo doveva mai essere istruito, noi riteniamo che l’unico imputato risponda al nome di “Rappresaglia”, una misura disumana, anche se sancita da norme sovranazionali, andrebbe abolita, di pari passo, ristabilire il rispetto e l’osservanza del codice d’onore nelle attività belliche.

Auguriamoci solo che, si desista dall’attizzare un passato che serve solo ad avvelenare il presente e, a compromettere il futuro delle nuove generazioni.

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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