IV Domenica di Quaresima (C)
Un Dio, padre, sempre in attesa!
Prima lettura:Â Il popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua (Gs 5, 9).
Seconda lettura: Dio ci ha riconciliati a sé in Cristo (2 Cor 5, 17).Â
Terza lettura: Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita! (Lc 15, 1)
“Commento di don Franco Galeoneâ€
Â
* Questa IV domenica di quaresima è nota e ricordata anche come la domenica “del figliol prodigoâ€. La salvezza di ciò che è perduto è il tema unico delle tre parabole contenute nel cap. 15 di Luca. Nella parabola del figlio perduto e ritrovato, Luca raggiunge il vertice della delicatezza perché il centro del racconto non è più un animale o una moneta, ma un giovane sempre amato e atteso dal padre abbandonato. Mi auguro che un fremito di gioia abbia preso tutti noi ascoltando questa pagina. E’ la parabola dell’amore paterno: un gioiello di letteratura universale, uno spaccato di vita familiare, una nuova edizione di Caino e Abele. Qualcuno nella parabola ha visto confermata la teoria di Freud circa il complesso di Edipo; qualche altro ha visto l’importanza dell’esperienza del peccato e del male per conquistare la propria libertà . Colpito da questa parabola, Papini ha detto che nessuna storia è stata detta da bocca umana più bella di questa. Lo schema è quello che regge l’altra parabola di Luca, quella del fariseo e del pubblicano (18, 9-14): “Questi tornò a casa giustificato, a differenza dell’altroâ€. La parabola ha tre personaggi dei quali il più sorprendente è il padre, che soffre, tace, spera, ama; sembra persino un debole, un incapace di opporsi alla scelta del figlio minore. Eppure, il figlio minore imparerà a sue spese che poteva sempre e comunque ritornare a casa, accolto dal padre. In filigrana, controluce, appare il cuore di Dio sempre generoso nel perdono; c’è la paziente bontà di ogni sacerdote che deve confessare e perdonare; nel figlio ribelle ci siamo tutti noi con le nostre illusioni e le nostre folli esperienze; viceversa, nel figlio maggiore c’è il nostro rigorismo, il nostro perbenismo, il nostro orgoglio. Mi viene in mente il padre di Erika, la ragazza che ha ucciso il fratello e la madre. Il padre l’ha compresa, aiutata, difesa: “Ha solo me, ormai!â€. Siamo invitati a porre atti di perdono. Tutti, soprattutto i padri, che in questo Vangelo hanno un esempio di quanto e come si debbano amare i figli! Siamo capaci di accettare i gesti del padre, o ci sembra una esagerazione, peggio, una debolezza senile? Questa densa parabola del Padre buono ci terrebbe legati giorni interi alla meditazione. Gesù, il figlio, ci descrive Dio, il Padre. Non un ritratto statico ma mobile, perché il Padre è colui che si muove verso il figlio minore e verso il figlio maggiore, cui porta una notizia sconvolgente: “Tutto quello che è mio e anche tuoâ€. Ma lui e noi non la comprendiamo. Uomini di dura cervice!