Il TAR Campania di Napoli RESPINGE la class-action presentata dalla Federconsumatori Campania area metropolitana di Napolie dai cittadini vesuviani per denunciare i disservizi della EAV S.p.A. e della Circumvesuviana.
N. 00382/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06373/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6373 del 2011, proposto da:
Associazione Federconsumatori Campania-Federazione Regionale Consumatori ed Utenti, rappresentato e difeso dagli avv. Elisa Daniele, Ileana Capurro, Umberto Saetta, Salvatore Romano, Gianfranco Telese, Mario Mazza, Massimo Manna, con domicilio eletto presso Ileana Capurro in Napoli, via Posillipo n. 65/A;
contro
Ente Autonomo Volturno S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Lacatena, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Napoli, via S. Lucia, n. 85;
Circumvesuviana S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Soprano, con domicilio eletto in Napoli, via Melisurgo, n. 4;
per l’annullamento
accertamento della lesivita’ dei comportamenti posti in essere dalle societa’ resistenti rispetto ai diritti collettivi dell’utenza, nonche’ la condanna delle medesime ad adottare le misure organizzative necessarie per ripristinare gli standars di qualita’ ed efficienza del servizio di trasporto pubblico locale e di ogni altro atto connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ente Autonomo Volturno e di Circumvesuviana;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2012 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Il ricorso è infondato, onde può essere deciso con sentenza immediata, ai sensi degli artt. 3 e 9 della L. n. 205 del 2000, tralasciando le eccezioni di rito.
Vale appena precisare che l’articolo 140, comma 11, del d. lgs. 206 del 2005 (cd. codice del consumo) fonda una autonoma ipotesi di giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo sulle azioni, come nella specie, rivolte avverso i concessionari di servizi pubblici.
L’Associazione Federconsumatori Campania, affiliata alla correlata Federazione nazionale iscritta al C.N.C.U. di cui all’art. 136 del d. lgs. 206 del 2005 (cd. codice del consumo), ha agito in giudizio, ai sensi dell’articolo 140 dello stesso codice, per l’accertamento della lesività del comportamento della società Circumvesuviana (e della sua controllante Ente Autonomo Volturno) derivante dall’adozione del programma di esercizio invernale dei treni (da 12.0.2011 al 31.12.2011), con il quale sono state drasticamente ridotte le corse da e verso Napoli.
Con delibera n. 964 del 30 dicembre 2010 la giunta regionale della Regione Campania ha approvato il piano dei servizi minimi di trasporto pubblico locale, ai sensi degli articoli 5, 16 e 17 della legge regionale n. 3 del 2002, attribuendo agli enti resistenti uno stanziamento inferiore all’anno precedente, con contrazione delle risorse pari al 15%.
Tale contrazione ha determinato una serie di disagi e disfunzioni dovute alla diradazione degli orari di partenza dei treni, con sovraffollamento delle corse, aumento del traffico automobilistico e peggioramento della qualità della vita per gli studenti ed i lavoratori pendolari.
Al fine di affrontare le articolate censure sollevate, giova premettere una sintetica ricostruzione del quadro regolatorio a fondamento dell’azione collettiva esercitata, in punto di soggezione dell’utente di un servizio pubblico alle disposizioni del codice del consumo.
Il tessuto normativo di quest’ultimo contiene soltanto due riferimenti a tale tipo di utente.
Il primo è contenuto nell’art. 2, comma 2, lett. g) là dove si riconosce come diritto fondamentale ai consumatori e agli utenti quello “all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza”. Il secondo è espresso, oltre che nell’intitolazione del Titolo quinto e del relativo Capo primo del codice del consumo (“erogazione di servizi pubblici”), nell’articolo 101 di cui tale capo consta, il quale, sotto la rubrica “Norma di rinvio”, così dispone:
“1. Lo Stato e le regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, garantiscono i diritti degli utenti dei servizi pubblici attraverso la concreta e corretta attuazione dei principi e dei criteri previsti della normativa vigente in materia.
2. Il rapporto di utenza deve svolgersi nel rispetto di standard di qualità predeterminati e adeguatamente resi pubblici.
3. Agli utenti è garantita, attraverso forme rappresentative, la partecipazione alle procedure di definizione e di valutazione degli standard di qualità previsti dalle leggi.
4. La legge stabilisce per determinati enti erogatori di servizi pubblici l’obbligo di adottare, attraverso specifici meccanismi di attuazione diversificati in relazione ai settori, apposite carte dei servizi.”.
Il coordinamento fra le due norme evidenzia che la seconda – peraltro programmatica ed avente valore, piuttosto che di norma di rinvio a specifiche disposizioni, di norma di rinvio ad una produzione (normativa) di Stato e Regioni – nelle intenzioni del legislatore delegato vuole solo indicare taluni criteri di realizzazione normativa (appunto affidati alle competenze di Stato e Regioni) del diritto riconosciuto al consumatore in relazione alla erogazione del servizio pubblico dall’art. 2, comma 2.
Pertanto da un lato non può affermarsi che, in linea generale, il rapporto di utenza con il servizio pubblico sia sottratto automaticamente alla disciplina del codice del consumo; dall’altro occorre perimetrare rigorosamente le forme di tutela apprestate a favore del consumatore – utente anche a benefici dell’utente di un servizio pubblico, valutando se le varie disposizioni di cui consta il decreto legislativo siano o meno applicabili, per la loro ratio o sulla base del loro tenore, al rapporto di utenza pubblica (Cassazione civile sez. III, 02 aprile 2009 n. 8093)
A ben vedere, il diritto all’erogazione delle prestazioni secondo standard di qualità ed efficienza si declina nella pretesa a che gli standard di qualità siano predeterminati e resi adeguatamente pubblici (art. 101, comma 2) e nel diritto di prendere parte alle procedure di definizione e valutazione di tali standard (art. 101, comma 3), mentre l’obbligo dei gestori di dotarsi di carte dei servizi è rimandato ad apposite norme di legge (art. 101, comma 4).
Per quanto riguarda, invece, i contenuti sostanziali dei diritti che l’ordinamento riconosce agli utenti/consumatori, si deve ritenere, anche in base ad un’analisi storico-sistematica, che l’intento primario del Legislatore in subiecta materia è quello di:
ï€ da un lato, imporre, con vari strumenti (cfr. art. 37 del Codice del consumo), ai professionisti/produttori di cui all’art. 3 del Codice (fra i quali rientrano anche le pubbliche amministrazioni erogatrici di servizi pubblici – art. 101) di far conoscere agli utenti/consumatori le condizioni contrattuali prima della stipula dei contratti relativi ai beni e servizi prodotti o venduti dal professionista/produttore, nonché l’eliminazione, da quei contratti, delle clausole c.d. vessatorie e, in generale, la proscrizione di tutti i comportamenti maliziosi o fraudolenti a danno degli utenti/consumatori;
ï€ dall’altro lato (e questo riguarda in particolare gli enti pubblici erogatori di servizi), imporre ai professionisti/produttori l’obbligo di erogare le prestazioni in modo tale che gli utenti/consumatori non debbano sopportare disagi nella fruizione di tali prestazioni.
In questa ultima ipotesi è annoverabile la presente controversia, poiché secondo la prospettazione dell’associazione ricorrente viene in rilievo una violazione, ad opera del comportamento del concessionario del trasporto pubblico locale, dell’obbligo di erogare le prestazioni secondo standard di qualità e di efficienza, penalizzando così gli interessi degli utenti/consumatori in quanto tali.
Non può disconoscersi, allora, la legittimazione di un’associazione ad insorgere avverso comportamenti in tesi lesivi dei diritti ed interessi che pertengono, nella loro generalità , ai consumatori e utenti di pubblici servizi.
Vale sul punto ricordare che la giurisprudenza amministrativa, interpretando tale normativa ed, in generale, la problematica relativa alla legittimazione attiva delle associazioni dei consumatori, ha costantemente precisato che l’associazione di consumatori, inserita nell’elenco in questione, può sì agire o intervenire in giudizio a tutela degli associati (consumatori ed utenti), a condizione, però, che ciò sia conforme ai fini statutari e che gli associati siano direttamente incisi o coinvolti nella lite cui detto sodalizio interviene e quando si tratti di conseguire vantaggi, sia pure di carattere strumentale, giuridicamente riferibili alla sfera della categoria (Cons. St. sez. V, 7 settembre 2007, n. 4692), e senza possibilità , quindi, di spiegare forme generiche di tutela (T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. III, 12 luglio 2004 n. 6805); cioè, tali associazioni possono agire in giudizio ove venga in evidenza la lesione di un interesse collettivo, tenuto conto che gli artt. 139 e 140, d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, conferiscono la legittimazione ad agire in giudizio alle associazioni degli utenti-consumatori solo per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori stessi (T.A.R. Puglia, sez. Lecce, sez. II 19 maggio 2007, n. 1921).
Non sono poche le difficoltà ad individuare l’interesse collettivo, alla cui tutela sono legittimate le associazioni di categoria.
Sotto questo profilo, il problema non può dirsi risolto neppure con l’entrata in vigore del codice del consumo, il quale prevede, all’art. 139, che “le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco di cui all’art. 137 sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti”, e, al successivo art. 140, che “i soggetti di cui all’articolo 139 sono legittimati ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti”.
Con questa previsione viene data soluzione ad una delle problematiche suscitate dall’emersione dell’interesse diffuso e/o collettivo, che – come noto – sfugge ad una precisa definizione idonea a circoscriverne il reale contenuto e soprattutto lo specifico referente, attesa la connotazione personalistica del nostro ordinamento processuale. Alla nuova situazione priva di referente personale viene, infatti, conferita dignità di situazione legittimante, che abilita le associazioni inserite negli appositi elenchi alla tutela di interessi collettivi.
Resta da definire il reale contenuto dell'”interesse collettivo”, la cui tutela si differenzia nettamente rispetto alla posizioni soggettive tutelate con le cd. “class actions ” di recente introduzione (articolo 140 bis del codice del consumo ed articoli 1 e 3 del d. lgs. n. 198 del 2009) giacché queste sono volte ad attuare una più incisiva tutela di interessi già individualmente azionabili (non a caso per tali ultime ipotesi è necessario che l’ente esponenziale sia munito, oltre che – su piano processuale – della procura, anche di uno specifico mandato – sul piano sostanziale – da parte dei singoli consumatori).
“L’interesse collettivo dei consumatori e degli utenti”, la cui tutela è normativamente affidata alle associazioni dei consumatori e degli utenti, non può, quindi, coincidere con l’interesse individuale dei soggetti di cui è composta la categoria degli utenti e dei consumatori, perché questo è perseguibile direttamente dal soggetto che ne è titolare esclusivo. Esso, sebbene riferibile ad una categoria di soggetti (nella specie “utenti e consumatori”), deve trascendere i singoli interessi, non potendo – come detto – rappresentare la sommatoria di interessi individuali, che sono individualmente tutelabili.
Uno degli indici (da verificare caso per caso) che denunciano la presenza di un “interesse collettivo” è sicuramente dato dal fatto che un tale interesse deve essere in grado di soddisfare, una volta realizzato, l’intera categoria a motivo della sua omogeneità ed indivisibilità .
Nel caso di specie la forte contrazione delle corse (sia in virtù della riduzione degli orari di esercizio, sia per effetto della diradazione dell’intervallo temporale fra una corsa e l’altra) costituisce un pregiudizio indistintamente riferibile a qualsiasi utente del servizio pubblico di trasporto locale.
Tanto premesso, può seriamente dubitarsi della riconducibilità di tale pregiudizio ad una posizione di diritto soggettivo perfetto.
Tutto l’impianto normativo di protezione del consumatore è volto ad assicurare un riequilibrio delle posizioni contrattuali, ordinariamente sbilanciate a favore del professionista/concessionario di servizi pubblici, per effetto del naturale dispiegarsi della dinamica del mercato. Anche nelle ipotesi in cui manchi un preciso fondamento sinallagmatico, le pretese del consumatore sorgono per effetto di un contatto qualificato e si connotano per la specifica e puntuale violazione di un obbligo (di natura informativa, strumentale o procedimentale) del professionista/concessionario.
Nel caso di specie, invece, si invoca la generica violazione delle carte di servizio, mentre, nella sostanza, il ricorrente mira ad ottenere una modifica nell’organizzazione del servizio pubblico (mediante riespansione del numero delle corse).
Premesso che l’adozione, nelle annualità pregresse, di un determinato programma di esercizio del trasporto circumvesuviano non è idonea a fondare alcun interesse, giuridicamente apprezzabile, al mantenimento dello status quo, lo scrutinio giurisdizionale della pretesa azionata necessita ineludibilmente di un parametro (normativo o regolatorio) di riferimento e raffronto che non emerge dagli atti del giudizio.
Ed invero le dedotte violazioni della legge regionale n. 3 del 2002 e della carta di mobilità 2011 adottata dalla circumvesuviana si risolvono in una aspecifica evocazione dei principi generalissimi in essi contenuti.
Peraltro, la menzionata legge regionale, nel disciplinare il processo di pianificazione dei servizi di mobilità per il trasporto pubblico locale, prevede come primo passaggio della programmazione che la Regione indichi nelle linee direttive l’ammontare complessivo delle risorse regionali attribuibili agli obblighi di servizio pubblico.
Più in dettaglio, l’art. 15 della l.r. n. 1/2009, al comma 3, stabilisce che “la Giunta regionale, fino all’approvazione del piano triennale dei servizi minimi di cui all’art. 17 della legge regionale n. 3/2002, entro trenta giorni dalla pubblicazione del bilancio annuale di previsione, individua l’entità delle risorse da destinare al finanziamento dei servizi minimi di competenza delle province e dei comuni capoluogoâ€. Lo stesso art. 15 ha poi modificato il comma 1 dell’art. 5 della l.r. n. 3/2002, stabilendo che i servizi minimi i cui costi sono a carico del bilancio della Regione siano individuati “entro i limiti degli stanziamenti annuali del bilancio regionaleâ€.
Ne consegue che, in base alla norma citata, il legislatore regionale ha inteso introdurre un elemento di priorità della dimensione economica-finanziaria nel procedimento di programmazione regionale dei servizi minimi di TPL.
La determinazione del livello di soddisfazione della domanda di mobilità dei cittadini si traduce, quindi, in una decisione di politica economica sulle risorse finanziarie da destinare ai vari settori di intervento pubblico (sanità , sicurezza, assistenza ecc.) in un quadro determinato di finanza pubblica, ossia con risorse limitate.
Ciò premesso, non risulta contestato che la definizione dei servizi minimi di trasporto locale sia rapportata alla reale ed effettiva consistenza delle risorse disponibili.
Vale in ogni caso evidenziare che, nell’attuale quadro vincolante del patto di stabilità interno che lega le autonomie territoriali allo sforzo dello Stato di rispetto dei parametri di sostenibilità economico-finanziaria imposti dall’Unione europea, non è di per sé illogico che la definizione del livello di soddisfacimento dei bisogni sociali preceda, condizioni e determini il volume delle risorse pubbliche da impiegare, in specie con riguardo al servizio di trasporto pubblico locale, sottoposto ad obblighi di servizio universale, normalmente erogati in un regime di tariffe amministrate non remunerative dei costi di produzione (così Tar Napoli, III, n. 5162 del 2011).
Per completezza va infine osservato che, in realtà , la definizione analitica gli standard qualitativi ed economici cui devono essere vincolati i concessionari di servizi pubblici è demandata ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e di concerto, per quanto di competenza, con gli altri Ministri interessati (art. 7, comma 1, d.lgs. n. 198 del 2009).
È noto che la norma transitoria appena citata non ha ancora trovato applicazione, con sostanziale svuotamento del contenuto fortemente innovativo della disciplina, la quale, per la prima volta, costituisce punto di emersione per la tutela di interessi (all’efficiente organizzazione del servizio pubblico) finora adespoti.
Ed invero la mancata emanazione dei d.P.C.M., unitamente alla previsione di una forte forma di limitazione della tutela (i rimedi devono essere contenuti nei limiti delle risorse economiche già erogate – art. 4 del d. lgs. n. 198 del 2009), denota una significativa preoccupazione di introdurre meccanismi processuali suscettibili di incidere pesantemente sui sempre più stringenti vincoli finanziari delle pubbliche amministrazioni.
Pertanto, allo stato, la domanda azionata non può trovare accoglimento.
I profili specifici della controversia e la novità delle questioni giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Michele Buonauro, Primo Referendario, Estensore
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L’ESTENSORE | Â | IL PRESIDENTE |
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 Peccato! Onore al Comitato Cittadino di Boscotrecase e Federconsumatori che almeno ci hanno provato a difendere i diritti di tutti coloro che si servono dei mezzi pubblici e usano la Circumvesuviana. |
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