7 Aprile 2024 – II Domenica di Pasqua (B)Un cuor solo e un’anima sola!
7 Aprile 2024 – II Domenica di Pasqua (B)
Un cuor solo e un’anima sola!
1) La descrizione della prima comunità cristiana di
Gerusalemme è certo idealizzata, però resta una
proposta ed una provocazione alle nuove comunità
cristiane. Non è la cronaca di ciò che accadeva negli
anni 30-40 d.C., ma una pagina di catechesi.
Prendendo spunto da alcuni fatti realmente
accaduti (qualcuno davvero aveva donato le sue
ricchezze: At 4,36), l’autore Luca ci indica i
sentimenti fraterni che devono regolare una comunità. I cristiani di Gerusalemme apparivano come
cittadini di un altro mondo, tanto da riscuotere grande ammirazione (At 4,33). Ebrei e pagani si
interrogavano sul loro stile di vita, così diverso, e i discepoli rispondevano: “Viviamo così perché
Gesù è risorto!”. Ecco: una comunità fraterna era la prova più convincente. Racconta san Girolamo
che Giovanni, ormai vecchio e quasi cieco, invitato a prendere la parola durante l’assemblea,
ripeteva sempre lo stesso invito: “Figlioli, amatevi gli uni gli altri!”, e a chi gli chiedeva qualche
insegnamento nuovo, rispondeva: “È il comandamento del Signore: non ve n’è un altro e questo è
sufficiente!”.
Nessuno tra loro era povero!
2) Per una specie di deformazione culturale, quando parliamo di ‘verità’, siamo sempre portati a
ritenerla come un oggetto della mente, che si propone ad altri discorsivamente, per via logica. E la
scuola ci abitua da piccoli a questo sterile razionalismo! Anche la chiesa, in quanto struttura, può
ridursi a ideologia e a diritto canonico, a freddo dogmatismo e a fastosa liturgia. Ma, nella ‘fede’ non
c’è iato fra parola e azione, fra ortodossia e ortoprassia: Verbum Dei caro factum. In Dio la parola
ha valore ontologico: “Dio disse Luce e fu Luce”. Nell’uomo, invece, la parola resta flatus vocis. Gesù
non ha consegnato il suo messaggio ai sapienti e ai teologati. Ne avrebbero fatto una dottrina, una
filosofia, una cultura. L’annuncio di Gesù (verbum) è destinato a diventare carne (caro). Perciò egli
scelse dei pescatori, che non erano intellettuali. E proprio questo gruppo, disprezzato dalla cultura
ufficiale, ha avuto l’incarico di tradurre la verità in prassi, l’annuncio in esistenza. Come? “Nessuno
tra loro era povero” (At 4,32). La fede, se è vera, rimette in discussione l’economia.
Stare dalla parte dei poveri!
3) Non dobbiamo meravigliarci se si svuotano le chiese, si abbandonano i conventi, i preti si sentono
screditati ed i vescovi si vedono criticati. Già nel secolo XII san Bernardo aveva scritto al suo amico,
il papa Eugenio III (tra il 1145 ed il 1152): “Quando il papa, rivestito di seta, coperto di oro e di pietre
preziose, avanza su un cavallo bianco, scortato da soldati e servi, sembra più il successore di
Costantino che quello di san Pietro” (Y. Congar, Per una Chiesa serva e povera, 2014). In venti secoli,
credendo di fargli onore, abbiamo ammucchiato troppe cose intorno a Gesù, nella sua casa, sui suoi
altari, e persino sulla sua parola. Paolo VI ha parlato di manto regale messo addosso alla chiesa
lungo i secoli, e divenuto ormai anacronistico. Va preso sul serio il comando di Gesù: Gratis avete
ricevuto, gratis anche date (Mt 10,8). La nostra chiesa sa ancora troppo di Giustiniano! Vogliamo
entrare nelle baraccopoli o nella sala di comando? Vogliamo servire o essere serviti? Perché la chiesa
non sbagli, c’è una strada infallibile: stare dalla parte degli ultimi, non andare a braccetto con i
potenti!
Prima stazione della “Via della Gioia”
4) Dopo la risurrezione, Gesù, con pazienza e tenerezza, ha tentato di svegliare i suoi apostoli alla
gioia. La prima stazione, davanti alla quale fermarci, è quella di Tommaso l’incredulo, un autentico
uomo di oggi, uno che crede solo a quello che tocca: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi,
non crederò!” (Gv 20,25). C’è qualcosa di grande e di puerile insieme, in questa rabbia di Tommaso.
Tommaso si mise contro tutti. Il primo ‘protestante’ della storia è lui! Se fosse stato conformista,
sarebbe diventato un mediocre cattolico e mai avrebbe detto: “Mio Signore e mio Dio!”. Diventando
un protestante, si è preparato ad essere un fervente cattolico. Gli apostoli erano tanto infuriati per
la sua ostinazione che volentieri lo avrebbero preso a pugni per costringerlo a credere. È il metodo
della violenza che non pochi hanno praticato! Gesù, però, si è schierato dalla parte di Tommaso:
“Tommaso, ecco il mio corpo. Fa’ quello che vuoi!”. Non c’è stato peggior castigo per Tommaso che
ottenere quanto aveva chiesto! Adesso non aveva più voglia di verificare; avrebbe dato qualunque
cosa pur di non mettere le sue mani nelle piaghe di Gesù, per non sentire quel dolce rimprovero:
“Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno!” (Gv 20,29). Doveva invece toccare, per
pentimento; non come chi vuole accertarsi, ma come chi compie un pellegrinaggio. Folgorato, è
caduto in ginocchio: “Mio Signore e mio Dio!”. È il primo che chiama Gesù “Mio Dio”. Da questo
Tommaso dubitante, Gesù ha ricavato il più bell’atto di fede. Questo è il lavoro del Signore: fare di
tutte le nostre colpe delle felici colpe. Facciamo a Dio l’unico dono possibile quaggiù: credere a Lui
un po’ prima di vederlo visto, credere al cielo un po’ prima di entrarci!
L’inventore del “principio di verificabilità”
5) Il vangelo di oggi viene in aiuto all’uomo contemporaneo, che crede solo a quanto può verificare.
San Gregorio Magno ha scritto che con la sua incredulità Tommaso ci è stato più utile di tutti gli altri
apostoli, perché egli con i suoi dubbi ha costretto Gesù a darci una prova tangibile della sua
risurrezione. Tommaso voleva vedere, toccare, palpare. E Gesù glielo ha concesso. Il “Guaritore
ferito” offre le sue piaghe come sorgente di grazie, come prove di fede. È solo nell’accettazione della
nostra fragilità, della nostra vulnerabilità, delle nostre ferite, solo nella consegna a Gesù di questo
nostro dolore, la nostra vita può rivestirsi di luce nuova. Ecco il grande annuncio del vangelo: il
Guaritore trafitto è risorto, ha promesso di essere con noi sempre (Mt 28,20). Non ci ha dato solo
un esempio di come vincere dubbi e dolori, ma ci dà la sua grazia. A Paolo che lo pregava di togliergli
quella “spina nella carne”, il Risorto risponde: “Ti basta la mia grazia” (2Cor 12,9). Tutti siamo
Tommaso. Cosa ha visto e toccato Tommaso? Piaghe di dolore. Ed in questo pellegrinaggio nella
sofferenza, Tommaso ha scoperto la fede: “Signore mio e Dio mio!”. È splendido! Buona vita!
Le Sante Radici – השׁרשים הקדשים
Per contatti: francescogaleone@libero.it