1° maggio 2012

 di Paolo Pozzuoli

 Concerto 1° Maggio

Se è vero come è vero che maggio è il mese dei fiori e dei canti, il mese più bello dell’anno, tutto dedicato alla Madre celeste, il mese che ci dovrebbe arricchire spiritualmente, è altrettanto vero – laicamente parlando – che il 1° maggio è sempre il 1° maggio nonostante, nel corso degli anni, siano stati totalmente stravolti i motivi ed il significato che ne hanno caratterizzato l’istituzione della festa e quindi le manifestazioni che si sono succedute, diffuse e rappresentate in tutto il mondo, eppure proibite con l’avvento del regime fascista. Chiariamo subito che non è stato il 1° maggio a snaturare ed a disattendere una tradizione che spiccava per il profondo significato, legato alle lotte per l’affermazione di diritti, per il miglioramento delle condizioni sui luoghi di lavoro ed altre rivendicazioni un tempo impensabili ed improponibili. Siamo stati noi a cambiare come popolo ed a trasformarci in quanto persone. Eravamo additati come un popolo di santi, di poeti, di artisti, di eroi, di navigatori, di emigranti. Qualcosa è rimasto ma, con gli immancabili mutamenti, siamo diventati un popolo di festaioli. Proprio come registriamo e verifichiamo in certe feste patronali di nostra conoscenza dove il profilo festaiolo, ovvero esteriore, spettacolare, di facciata, ha prevalso e messo da parte l’originario aspetto religioso. Sentiamo il dovere di auspicare ed auspicarci una massiccia e più sentita partecipazione, un minor numero di eventi spettacolari, una fede sempre maggiore ovvero priva di fronzoli. Non giovano e non servono tanti orpelli. Veniamo distratti da ruberie e tangenti eppure tassati e tartassati a più non posso. ‘La vita è tutta un quiz’ cantava ironicamente nei decenni scorsi l’immenso artista che è Renzo Arbore. Oggi, la nostra vita si affaccia su di un palcoscenico dove si recitano show a soggetto. Assistiamo nauseati ad accertamenti fiscali che definire esibizionistici è un eufemismo: arrivano in massa – mancano solo la banda di musica ed i fuochi d’artificio – e certe volte l’ispezione si conclude recuperando pochi spiccioli. Proprio come abbiamo letto l’altro giorno: ‘un imprenditore di Como, accusato di aver nascosto al Fisco 5 milioni, ha patteggiato un anno e mezzo e concordato con la pubblica accusa un risarcimento pari  a 50mila euro, solo l’1% dell’evasione contestata’. Abbiamo la sensazione di aver fatto un passo indietro di più di due secoli. Quando cioè Giuseppe Giusti, mirabile poeta, ci parlava e descriveva, con sottile ironia, un popolo che soffriva macerandosi nel ricordo di quel che aveva perduto, costretto ad una condizione di vita difficile e pronto ad obbedire perché gli veniva garantito lo stipendio.

Oggi, nonostante circondati da una massa di giovani disoccupati, di padri di famiglia cassintegrati e peggio ancora esodati, di lavoratori sottoccupati e mal pagati e di pensionati i quali, non sapendo più a quale santo votarsi, hanno imboccato la strada che porta alle mense dei poveri dove a pranzo ed a cena possono contare su un  pasto caldo, preoccupati per un nuovo asse all’orizzonte, poco propiziatorio dal momento dal momento che ci fa tornare in mente l’infausto degli anni quaranta del secolo scorso, indignati per le ruberie e l’assoluta mancanza di senso civico e morale di tanti maggiorenti che cercano di coartarci al loro ‘stile’ di vita, pronti a piangerci addosso per le crisi – politica, economica, sociale, esistenziale – di cui non vediamo via di uscita, non avendo certezza del domani, senza preoccuparci di una eventuale mancanza di ‘farina’, prodromo di ‘forca’ nel senso di fine, godiamo abbandonandoci alla festa-evento, giunta quest’anno alla 22esima edizione: ‘il Concertone di Piazza S. Giovanni a Roma, organizzato dai sindacati. No! Non ci siamo! Almeno per due buoni motivi: primo perché ‘la festa del lavoro’ non è sinonimo di evasione, svago, divertimento; secondo perché non è questo il momento di  lasciarsi tentare e cedere alle distrazioni. Di meglio, ma forse è soltanto un sogno: il raduno oceanico, un minuto di silenzio, un brindisi collettivo con la semplice, modesta, popolare gazzosa.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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2 risposte

  1. Marzo 6, 2024

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  2. Marzo 7, 2024

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